Pensierini vaghi in attesa della crisi 5 stelle

La Repubblica di Stefano Folli 19 Febbraio 2019

 

Governo, dove porta il calvario del Movimento 5 Stelle

 

La maggioranza giallo-verde ha esaurito la sua funzione e rimane in piedi, paralizzata, solo per mancanza di alternative. Dopo il voto europeo lo scenario cambierà

La giunta per le autorizzazioni del Senato ha archiviato il caso Salvini con il voto compatto del M5S. Nessun colpo di scena, come è ovvio: tutto era già risolto prima di cominciare, una volta concluso lo pseudo-referendum di lunedì. Storia fin troppo noiosa nella sua prevedibile dinamica. Ora però si apre una fase politica il cui esito è tutt’altro che scontato: riguarda il destino del governo Conte, assodato che una delle tre gambe su cui esso si regge, quella dei Cinque Stelle, si sta indebolendo in misura drammatica.

Le altre due gambe sono rappresentate dalla Lega salviniana, che al contrario si è rafforzata non poco, e dal sostegno istituzionale fin qui garantito dal presidente della Repubblica attraverso le figure su cui il Quirinale ha maggiore influenza (il premier e i ministri di Esteri ed Economia). Quanto può reggere questo precario equilibrio? Probabilmente non molto. Di Maio è rimasto abbarbicato al carro del potere, ma il prezzo pagato si rivelerà ben presto troppo alto per lui. Di qui alle elezioni europee di maggio i Cinque Stelle sono attesi da una sorta di calvario. Il voto in Sardegna è solo il primo passaggio doloroso ma non il più importante, considerando che nell’isola il M5S non ha una tradizione significativa.

Più serio è lo scenario economico scandito dal crollo della produzione industriale e dalla recessione tecnica in corso. In aprile, quindi in piena campagna elettorale per le europee, il governo dovrà presentare al Parlamento il Documento di Economia e Finanza. È un testo di indirizzo, ma non si può sottovalutare: soprattutto sapendo che la prossima legge finanziaria, in autunno, dovrà spremere alcune decine di miliardi di euro. Come sia possibile che i Cinque Stelle, con la loro bandiera del reddito di cittadinanza per il quale peraltro le risorse sono in dubbio, possano fronteggiare simili responsabilità, è un mistero per tutti. Tanto più che il sottosegretario leghista Giorgetti, personaggio influente e attento agli umori del mondo produttivo, parla già di una manovra correttiva.

In sintesi, il duopolio 5S-Lega è avviato a infrangersi contro il muro della realtà. E l’uomo per il quale oggi Di Maio e i suoi amici si sono immolati, finirà per abbandonarli al loro destino quando le circostanze lo consentiranno. È possibile che allora una porzione del movimento confluisca nella Lega, visto che già adesso il partito di Salvini raccoglie il consenso di elettori delusi dal “grillismo” di governo. Ma ciò non risolve il problema di fondo, in sé destabilizzante: l’esistenza di una grande massa di elettori ex 5S che restano sospesi a mezz’aria. Una parte, come si è detto, potrebbe raggiungere “l’uomo forte” Salvini; una porzione molto piccola essere attratta da un Pd non più guidato o anche solo ispirato da Renzi; ma il grosso andrebbe a gonfiare le percentuali dell’astensione. In attesa di eventi.

In tutti i casi la maggioranza giallo-verde non avrebbe modo di sopravvivere. Anzi, tale maggioranza già adesso ha esaurito la sua funzione e rimane in piedi, paralizzata, solo per mancanza di alternative. Dopo il voto europeo, in base ai nuovi rapporti di forza, lo scenario cambierà. Le elezioni politiche non saranno più un tabù, anche se tale passaggio comporterà un probabile governo di centro-destra a Roma. Sullo sfondo di un’Europa in cui i vecchi equilibri non verranno stravolti, ma dovranno tener conto dei conservatori e dei “sovranisti”. Persino il neocandidato Berlusconi ne è convinto, forse per non perdere contatto con Salvini, il vincitore di oggi e forse soprattutto di domani.

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