Quale Draghi sarà? Investimenti e debito buono

il manifesto Massimo Franchi 05.02.2021
Maria Cecilia Guerra: «Draghi non è Monti, la sua linea dipenderà da chi lo appoggia»
Intervista all’ex sottosegretaria al Mef. L’economista: «L’austerità non esiste più, bene che il premier incaricato apra al dialogo con i sindacati. Capisco che il suo profilo possa spaventare. Da donna di sinistra sono però sicura che porterà avanti politiche espansive. Sul nodo licenziamenti deve prevalere la linea del blocco»


Maria Cecilia Guerra, più da economista che da sottosegretaria di Leu al ministero dell’Economia, mettiamoci nei panni di un elettore di sinistra che vede l’arrivo Draghi con Bonomi che è il primo ad esultare e si ricorda dell’ultimo governo tecnico, che è stato Monti con le riforme Fornero su lavoro e pensioni. Come dovrebbe reagire?

Capisco. Però il paragone con Monti è improprio perché la situazione di oggi è molto diversa dalle macerie lasciate dal governo Berlusconi nel 2011 a cui si rispose con un allargamento di un governo di destra. Qua siamo davanti ad un governo nemmeno sfiduciato dalle camere che aveva affrontato bene la pandemia e stava affrontando il Recovery Plan e che è stato abbattuto per ragioni politiche dall’interno della stessa maggioranza.

Insisto: Mario Draghi fu quello che mandò la famosa lettera segreta della Bce a Berlusconi chiedendo lacrime e sangue. È stato banchiere a Goldman Sachs: insomma, non proprio un rappresentante del proletariato.

Siamo in un contesto economico totalmente diverso, in un’altra era geologica. La premessa essenziale è che la soluzione dei problemi affidati ad una sola persona non ha senso: Draghi ha tutte le competenze che gli si riconoscono ma potrà fare cose positive o meno rispetto alla maggioranza che lo appoggerà. Ciò che deve rassicurarci è che non sono all’orizzonte politiche di austerità. Anzi, per lungo tempo avremo politiche espansive e difensive del livello dell’attività economica e di occupazione. Un governo a guida Draghi le sosterrà sicuramente, come ha fatto da presidente della Bce. Da donna di sinistra non mi spaventa un governo a guida Draghi, mi preoccupa il perimetro della maggioranza.

Sono però molte le voci, per esempio l’economista Emiliano Brancaccio, a sostenere che Draghi non sia di certo un keynesiano e che farà tagli e appoggerà le ristrutturazioni aziendali.

Da economista credo che in questa fase anche gli economisti che hanno rappresentato l’ortodossia neoliberista negli anni scorsi sono abbastanza concordi nell’insistere sugli investimenti e che il tema dell’austerità e del controllo dei conti pubblici nessuno lo sostenga, nemmeno i governi di destra. Siamo in un contesto facilitato anche dal fatto che l’inflazione – che per un banchiere è importante controllare – non è neanche all’orizzonte. I temi che possono differenziare i governi sono ad esempio il tema dei licenziamenti, dell’uguaglianze, della lotta alle povertà. Su quest’ultimo Italia Viva nell’ultimo periodo aveva molto criticato, puntando a ridurre i fondi del Reddito di cittadinanza davanti all’aumento del numero di poveri.

In questo contesto sorprende l’apertura di credito verso Draghi dei sindacati che si spiega però con il riferimento al dialogo sociale che hanno subito portato a casa nel primo discorso del presidente incaricato.

È stato un riferimento anche inaspettato e che i sindacati hanno fatto bene ad evidenziare. Al momento è importante dal punto di vista metodologico, in passato abbiamo avuto governi che hanno puntato sulla disintermediazione.

Non c’è il rischio però che Draghi ascolti Bonomi e non i sindacati?

Chi ascolterei io è chiaro, ma credo che in questo momento vanno ascoltate anche le imprese. Considero molto importante concordare sul fatto che la ripresa debba poggiare non solo sul livello quantitativo dell’occupazione ma sull’aspetto qualitativo che va discusso non solo con Confidnustria ma con le piccole imprese – ReteImprese. Nella mia esperienza di governo ho constatato come la precarizzazione del lavoro colpisce in modo sconvolgente donne e giovani: il livello di precarietà e part time involontario in molti settori è totale. Si scontreranno due linee sul blocco dei licenziamenti: chi chiederà flessibilità perché le imprese possano ristrutturarsi mentre noi diciamo che i licenziamenti sono legati alla situazione contingente che va superata utilizzando la cassa Covid, quasi integralmente pagata dallo stato.

Molti «amici» di Draghi sostengono che il reddito di cittadinanza potrebbe anche mantenerlo ma sulle pensioni e Quota 100 interverrà di sicuro.

Intanto è vergognoso che Salvini dica che ha “paura di qualcuno che gli porti via Quota 100” visto che è stato lui a fissarla a tempo e che ha usato molte risorse per garantire un numero limitato di lavoratori. Serve invece flessibilità in uscita per evitare scaloni inaccettabili e serve tutelare giovani e precari. Le posizioni di Draghi è un po’ presto per conoscerla, ma di certo farà attenzione ai conti previdenziali. La riforma Fornero ha avuto un impatto redistributivo molto forte soprattutto su alcune generazioni, ancora una volta giovani e donne. L’Ape social è stato un primo rimedio. Il governo Conte 2 ha fatto ripartire le commissioni di studio per trovare una soluzione sostenibile.

Le risorse europee potranno essere veramente il volano per una riconversione green?

È assolutamente necessario e per questo avere fatto una crisi in questo momento fa perdere tempo – almeno un mese e mezzo – sul Recovery plan. Le sfide sono quelle lì, abbiamo un piano che può essere migliorato ma che fa scelte molto importanti facendo leva sugli investimenti con forte caratterizzazione su green e transizione tecnologica. Noi siamo un paese lento: difficoltà nel mettere in relazione mondo della formazione e imprese. In più idrogeno e economia circolare sono scelte complesse, sebbebe una velocizzazione dei tempi poteva essere fatta. Ora dobbiamo guadagnarci le risorse europee migliorando il piano.

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