Spese militari e ruolo della Nato, l’appello di Bindi, Chiti …..

 

il manifesto 5/4/2022
Bindi, Chiti e altri dem: «No a più spese militari»
L’APPELLO. La critica a Draghi e Pd: aumentare i fondi è eticamente inaccettabile e un errore politico

«L’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, chiesto dalla Nato, votato quasi all’unanimità dal Parlamento, confermato dal governo Draghi anche se confusamente spalmato in anni, è non soltanto eticamente inaccettabile, ma politicamente sbagliato».

Questo l’incipit dell’appello a governo e parlamento promosso, tra gli altri, da alcuni storici esponenti del Pd: da Rosy Bindi a Vannino Chiti, Enrico Rossi, Walter Tocci, Claudio Martini, Marco Filippeschi, e Paolo Corsini.

L’appello suona anche come una critica al Pd che ha votato in modo acritico sulle spese per la difesa. «Niente è ancora irreversibile», scrivono i promotori. «La realizzazione di un esercito europeo richiederà tagli e razionalizzazioni in alcuni settori, incrementi in altri: non un generico aumento e spreco di risorse».

«L’aumento delle spese militari – sottolineano- non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa ucraina».

E ancora: «Queste decisioni non possono essere prese sotto la pressione emotiva e senza il coinvolgimento dei cittadini in un reale confronto pubblico». L’appello si conclude con la necessità di «ripensare funzione e ruolo della Nato» e con l’invito ad accogliere le parole del Papa contro le guerre.


Repubblica online 04 APRILE 2022
Chiti, Bindi, Rossi e Martini: “Il Parlamento fermi l’aumento delle spese militari”

 

L’appello firmato da tre ex presidenti della Toscana e dalla ex ministra si rivolge anche al governo. Lanciata una raccolta di firme.

 

Tra i promotori anche l’imam di Firenze e Ugo Caffaz, Vannino Chiti, Claudio Martini, Enrico Rossi e Rosy Bindi. Tre ex presidenti di Regione e un’ex ministra toscana promuovono un appello rivolto al Parlamento e al governo contro l’aumento delle spesi militari e per sollecitare l’approvazione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari e lanciano una raccolta di firme. Il testo definisce “inaccettabile” la decisione di aumentare le spese fino al 2 per cento del Pil e “politicamente sbagliato”.

“L’obiettivo”, scrivono Bindi, Chiti e Martini, “è realizzare forze militari europee, non incrementare spese nazionali, come in Italia o in Germania (in questo caso per la prima volta dal 1945). L’Unione Europea deve assumere la responsabilità sulla difesa, la sicurezza e la politica estera. Come fu accertato da un’indagine conoscitiva del Senato la realizzazione di un esercito europeo richiederà tagli e razionalizzazioni in alcuni settori, incrementi in altri: non un generico aumento e spreco di risorse”.

Tra i promotori anche l’imam di Firenze Izzedin Elzir, Ugo Caffaz, Silvana Amati, Daniela Belliti, Ilaria Bugetti, Andrea Cecconi, Paolo Corsini, Marco Filippeschi, Antonino Mantineo, Lucio Romano, Severino Saccardi, padre Felice Scalia, Simone Siliani, Walter Tocci, don Armando Zappolini, Stefano Zecchi.
“L’aumento delle spese militari”, si legge nell’appello, “non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia né con il nostro dovere di sostenerla: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la scelta di una crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa dell’Ucraina. Decisioni relative alle spese militari non possono essere prese sotto la pressione di emozioni del momento (come sta facendo l’Amministrazione Biden con un aumento del 4% della spesa militare nel budget per l’anno fiscale 2023, giustificato “per rispondere con forza all’aggressione di Putin contro l’Ucraina”) e soprattutto senza il coinvolgimento dei cittadini in un reale confronto pubblico. Gli Stati democratici hanno il dovere di garantire anche la nostra sicurezza collettiva, ma nel nostro tempo essa non si realizza attraverso una corsa nazionale al riarmo e occorre che non sia in contrasto rispetto alla necessità di assicurare beni pubblici primari, quali il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’ambiente, al superamento di povertà e disuguaglianze. Come ha detto Papa Francesco “E’ l’ora di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’umanità, prima che sia la guerra a cancellare l’umanità” Parole da accogliere per costruire una cultura della pace, inseparabile dai valori della giustizia, della libertà e della democrazia”.

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