Parlava alle piante, ora il rischio è che parli ai sudditi

Bill Emmot La Stampa  10 Settembre 2022
 
Duro contro Putin e Cina: l’agenda politica di un re insolitamente progressista

A differenza di Elisabetta II, l’erede non ha mai nascosto le sue idee: il pericolo è che il suo desiderio di esprimersi lo renda impopolare

 

Il monarca e il principe erede al trono sono due ruoli completamente differenti, e il re Carlo III ne è perfettamente consapevole. L’intera vita di sua madre è per lui un esempio di come il monarca debba rimanere distante dalle controversie politiche e tenere nascoste le proprie opinioni. Il suo problema però è che il mezzo secolo in qualità di erede al trono ha lasciato numerose testimonianze di quelle che sono le sue idee. Paradossalmente, questo potrebbe spingere il nuovo sovrano a esprimersi in modi che la regina Elisabetta non si sarebbe mai sognata di tentare.

Non è detto che ciò possa renderlo impopolare: molte delle idee espresse pubblicamente da Carlo, per esempio, sull’ambiente o i progetti urbanistici, hanno toccato corde cui l’opinione pubblica è sensibile. Il pericolo è che il suo desiderio di esprimersi possa però renderlo impopolare presso i politici. Da principe del Galles aveva scelto di non farci caso. Da re, non potrà più ignorarli.

Il re Carlo è una sorpresa: pur provenendo dalla istituzione più conservatrice della nazione, e avendo trascorso la sua vita in ambienti sociali conservatori e vecchio stampo, le cause alle quali aveva deciso di dedicarsi già da giovane principe sono piuttosto progressiste. Non potendo, in quanto erede al trono, avere una normale carriera professionale, ha deciso di fare la differenza attraverso la beneficenza. Nel 1976, a 28 anni, ha fondato il Prince’s Trust, una charity che aiuta giovani disagiati a ricevere un’istruzione, un tirocinio o addirittura a iniziare un’attività in proprio. Molti erano scettici, ma il principe Carlo aveva capito una cosa importante: non era forse in grado di comprendere la vita dei giovani comuni, ma possedeva un potenziale incredibile per raccogliere finanziamenti. Il Prince’s Trust divenne un ente benefico molto potente: nel 2020, ha dichiarato che in 44 anni di attività ha aiutato più di un milione di giovani. Il suo successo ha spinto il principe Carlo a fondare tante altre charity, dedite per esempio alla sostenibilità sociale o ambientale.

Questa attività di recente aveva messo in imbarazzo l’allora principe Carlo riguardo ai fondi raccolti dai reali e dai miliardari dell’Arabia Saudita, del Qatar e di altri Paesi arabi. L’anno scorso, uno dei suoi assistenti più stretti è stato costretto a dimettersi dopo le accuse che avrebbe promesso la cittadinanza britannica e il titolo di cavaliere a un ricco donatore saudita. Il principe Carlo non è stato accusato direttamente, e questi scandali possono essere visti come un sintomo del successo e del prestigio delle sue attività di beneficenza, ma a molti era apparso strano che proprio mentre la regina Elisabetta si stesse chiaramente avvicinando alla fine del suo regno, suo figlio e le organizzazioni da lui fondate invece di assumere maggior cautela stavano diventando più propense al rischio.

Le prove più importanti delle idee espresse dal re Carlo risalgono però a periodi precedenti. Nel corso degli Anni’ 90 e 2000, aveva scritto di suo pugno decine di lettere ai ministri del governo, su vari aspetti della politica. Già nel 1984 il principe Carlo intervenne in maniera molto aggressiva nell’architettura, descrivendo in un discorso pubblico la proposta di una nuova ala della National Gallery in Trafalgar Square come un «mostruoso foruncolo sul viso di un amico molto amato, e molto elegante». Una dichiarazione che fece scalpore, ma Carlo rimase molto interventista nel campo dell’urbanistica, influenzando e incoraggiando lo sviluppo di quello che considerava una cittadina-modello nel Sud-Ovest dell’Inghilterra, Poundbury. Qui Carlo esibì il suo lato conservatore, e mentre i commentatori a lui affini raccontavano Poundbury come fonte di ispirazione, quelli più progressisti la paragonavano a Disneyland.

L’argomento sul quale Carlo ha espresso più opinioni di vasto interesse è però stato l’ambiente. Molti hanno preso in giro il suo vezzo di parlare ai suoi alberi e alle piante, e l’attivismo nel campo degli alimenti biologici. Di recente è stato affiancato dal principe William nel chiedere sempre più esplicitamente un maggiore impegno per rallentare il cambiamento climatico.

Le sue opinioni sugli affari internazionali sono state rivelate prevalentemente attraverso commenti e battute fatte in privato. Dopo il passaggio di Hong Kong alla Cina nel 1997 descrisse la dirigenza cinese come «vecchie statue di cera», e nel 2014 paragonò il presidente russo Vladimir Putin a Hitler, un’intuizione premonitrice. Quest’anno, ha criticato il governo britannico per aver deportato immigrati clandestini in Ruanda.

Dopo mezzo secolo di questo profilo pubblico, il re Carlo III sa che, pur dovendo evitare controversie pubbliche dirette, non può fingere – a differenza di sua madre – di non avere opinioni proprie. Le battute che farà in privato continueranno a finire sui media, cosa che non era accaduta con la regina. E questo aumenta la probabilità che il re Carlo III possa decidere che, non riuscendo a fuggire dal suo passato, non resta che farne virtù, commentando pubblicamente – in modo cauto e selettivo – argomenti che ritiene possano beneficiare da un suo intervento. Potrebbe essere rischioso. Ma potrebbe anche essere interessante.

 

Traduzione di Anna Zafesova

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