Berlusconi nel salotto d’Italia parla di Putin e crea un caso a 3 giorni dal voto

 

Stefano Folli La Repubblica 24 settembre 2022
 
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A “Porta a porta” il leader di FI giustifica lo zar

 

La politica estera resta l’architrave del prossimo governo. Non potrebbe essere altrimenti con la guerra al confine orientale dell’Europa e addirittura la minaccia russa di usare l’arma atomica contro l’Ucraina, vale a dire contro l’Occidente. Chi volesse sottovalutare l’avvertimento di Putin commetterebbe un errore imperdonabile. Tre giorni fa all’Onu il presidente del Consiglio Draghi ha descritto con parole chiare la crisi internazionale in atto e ha ribadito che il posto dell’Italia è all’interno di quell’alleanza politica e militare delle democrazie che conosciamo da oltre settant’anni come Alleanza Atlantica.

Questa non è solo l’eredità di Draghi al governo destinato a prendere forma tra breve, ma è il lascito dei lunghi decenni che hanno visto l’Italia rinascere e prosperare sotto un ombrello riconosciuto negli anni Settanta, come è noto, anche dal segretario del Pci, Enrico Berlinguer.

Giusto allora parlare di Unione Europea, di cui l’Italia è tra i fondatori. Legittimo riflettere sugli impegni da rispettare, non meno che sulle frasi abbastanza inappropriate della presidente Von der Leyen alla vigilia delle elezioni. Ma senza dimenticare che nel frangente drammatico che stiamo vivendo è il rapporto euro-atlantico la chiave di volta su cui si decide non solo la sorte dei governi, ma in primo luogo quale ruolo l’Italia vuole interpretare nel mondo liberale.

Ecco perché ha suscitato sconcerto — a dir poco — l’esibizione di Silvio Berlusconi a Porta a Porta. Quali siano i limiti dell’uomo non c’è bisogno di ricordarli ai lettori di questo giornale, ma nel complesso gli si era sempre riconosciuta lealtà e coerenza in politica estera. Persino la più che discutibile amicizia con Putin pareva rivolta ad attrarre il russo verso l’Europa, magari per intavolare rapporti d’affari: non sembrava un cedimento a Mosca e alla sua logica di potenza.

All’improvviso l’altra sera Berlusconi ha parlato di Ucraina come se leggesse una velina del Kgb. L’attonito Bruno Vespa, e con lui gli spettatori-elettori, hanno ascoltato la più improbabile e vergognosa difesa dell’imperialismo putiniano, condita addirittura di consigli su come dislocare i carri armati intorno a Kiev: quasi che si discutesse della formazione del Monza.

È una gaffe, sia pure imperdonabile? Un momento di scarsa lucidità? Oppure c’è qualcosa di peggio? Sta di fatto che sul punto cruciale — la guerra, l’attacco di Putin all’Occidente, la coesione atlantica — l’anziano paladino del centrodestra si è schierato dalla parte dei russi. E lo ha fatto in termini persino più espliciti delle ambiguità a cui ci ha abituati Salvini, considerato l’uomo di Mosca in Italia (al punto che a Washington sono nettamente contrari al suo ingresso nel nuovo governo).

In sostanza, due soci del patto di centrodestra hanno assunto posizioni in aperta contraddizione con le esigenze dell’intesa atlantica. Se si guarda al rapporto con la Nato, solo Giorgia Meloni a destra tiene una linea che rispetta la tradizione della prima e seconda Repubblica. Lei è criticabile per la sua diffidenza verso Bruxelles, tuttavia mostra di aver capito qual è la posta in gioco nel Mediterraneo e nell’Europa dell’Est.

Sono i suoi partner il problema. Come lo sarà, con ogni probabilità, comporre il mosaico dell’eventuale governo. Difficile supporre che gli Esteri, l’Interno, la Difesa, e aggiungiamo l’Economia, possano essere assegnati a figure che non diano tutte le garanzie del caso. Certo la leader di FdI è consapevole della responsabilità, come lo è il presidente della Repubblica. Ma prima bisogna contare i voti e verificare i rapporti di forza. È paradossale, ma se deve vincere la destra c’è da augurarsi che la Meloni riduca ai minimi termini i suoi soci. Forse Berlusconi lo ha intuito e la sua non è stata una gaffe, bensì un modo per mettere un grosso bastone nelle ruote di una rivale che lui mal sopporta.

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