La Cina secondo Xi: la sicurezza nazionale più importante della crescita economica

Simone Pieranni il Manifesto 18 ottobre 2022
La Cina secondo Xi: sicura, patriottica e meno diseguale
 Il discorso inaugurale del presidente al XX Congresso del Partito comunista: tutto puntato sulla nuova parola d’ordine, sicurezza anche a scapito della crescita. Con un dubbio che resta: è stato più sobrio perché considera ormai di non dover più conquistare consensi all’interno del Pcc o perché è arrivato a un compromesso con le fazioni più distanti?

È cominciato il Congresso del Partito comunista: come da tradizione è stato aperto dal discorso del segretario generale. Xi Jinping ha parlato per poco meno di due ore, accorciando un testo che avrebbe richiesto forse un’ora in più a voce.

Si dice che abbia scelto una versione più breve perché ha pur sempre 69 anni, o forse per agevolare i leader anziani presenti all’apertura dei lavori, tra cui Song Ping, 105 anni. Assente Jiang Zemin, per questioni di salute, si è rivisto anche Hu Jintao, il predecessore di Xi Jinping.

NEL SUO DISCORSO Xi Jinping ha scelto un profilo piuttosto sobrio senza grandi novità, ripetendo alcune delle sue principali chiavi di lettura del periodo e delle sue ricette politiche ed economiche. Come ha sempre fatto, ha dato grande peso all’unità del Partito, sovrastato da una forza ideologica che mancava da tempo e che secondo alcuni analisti dipende dall’esperienza vissuta dal giovane Xi durante la Rivoluzione culturale, con il padre epurato.

Xi Zhongsun, poi riabilitato e passato alla storia nazionale come «riformatore», avrebbe sempre sottolineato al figlio l’importanza dell’unità ideologica del Partito. Se aggiungiamo quella che secondo tutti è la vera ossessione di Xi, ovvero il crollo dell’Unione sovietica, ecco che la sottolineatura costante circa la necessità di avere un Partito unito, forte e in grado di gestire anche i momenti difficili – specie quelli internazionali – assume una sua linearità.

La grande novità, pur essendo stata ampiamente anticipata dai documenti preparatori, è stata la forte rilevanza data da Xi nel suo discorso alla «sicurezza». «Dobbiamo considerare la sicurezza delle persone come il nostro obiettivo finale, la sicurezza politica come il nostro compito fondamentale, la sicurezza economica come la nostra base, la sicurezza militare, tecnologica, culturale come pilastri importanti e la sicurezza internazionale come supporto».

La sicurezza nazionale diventa più importante della crescita economica. Interessante anche il riferimento alla «prosperità comune» che era diventato nei mesi scorsi uno slogan molto utilizzato dal Partito per finire poi apparentemente abbandonato a causa di una situazione economica che non pare consentire grandi voli pindarici.

ERA STATO ADDIRITTURA il premier uscente Li Keqiang a parlare di difficoltà economiche: per alcuni media stranieri le parole di Li avrebbero anche criticato implicitamente la volontà redistributiva di Xi, considerata inadatta ai tempi in corso.

Xi Jinping invece ha affrontato il nodo della redistribuzione, ribadendo la necessità di porre un limite alle diseguaglianze aumentando i redditi delle fasce meno abbienti. Al di là dell’impeto «redistributivo» questa scelta avrebbe anche una radice determinata dalla situazione economica interna: tra chiusure e crisi internazionali il mercato interno si è inceppato più volte e questo intoppo costituisce un limite per la cosiddetta «doppia circolazione» (altro marchio di fabbrica di Xi che è tornato nel discorso di apertura), ovvero la necessità di rimanere un paese a vocazione esportatrice ma capace di sviluppare un solido mercato interno.

Aumentare i redditi significa favorire il mercato interno. Ma potrebbe non bastare se le politiche Zero Covid continueranno e su questo Xi Jinping è stato piuttosto chiaro, rivendicando la vittoria nella «guerra» contro l’epidemia: un segnale che non lascia sperare in prossime riaperture da parte del paese.

Quello di Xi è stato un discorso patriottico mirato a fomentare i funzionari affinché proseguano nella narrazione corretta della storia cinese e della Cina di oggi, e dei suoi auspici in sede internazionale, cioè creare meccanismi win-win.

A QUESTO PROPOSITO va notato che sui media italiani è stata data molta enfasi alla questione Taiwan, riportando le parole di Xi secondo le quali l’opzione militare rimane valida. Ma non si tratta di una novità, le stesse cose – Xi e in generale Pechino – le dicono da anni. Semmai Xi è stato moderato al riguardo non incendiando una situazione che è già di per sé tesa, ricordando come l’obiettivo primario resti l’unificazione pacifica e lanciando messaggi al partito di Taiwan considerato più vicino a Pechino, cioè il Guomindang.

In generale quello di Xi è stato un discorso che lascia sospeso un interrogativo: è stato più sobrio perché considera ormai di non dover più conquistare consensi all’interno del Partito, o perché invece è arrivato a un compromesso con qualche fazione del Pcc dubbiosa sui capisaldi della sua politica? Una risposta potrebbe arrivare sabato, con la composizione del Comitato permanente, sul quale per altro c’è totale incertezza, perfino sul numero dei suoi membri. Un congresso considerato scontato, nel quale però resistono numerosi interrogativi.

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