Berlusconi è fuori, ma Forza Italia ora di chi è?

Stefano Folli La Repubblica 20 ottobre 2022
Berlusconi, incompatibile con il governo
Non si tratta più di un litigio per le poltrone. Stavolta è in gioco una coalizione, e dunque un esecutivo, che non può più permettersi una figura come il leader di Forza Italia tra le sue file con ruoli di responsabilità

 

Sulle esternazioni fuori controllo di Berlusconi si era detto tutto. Ma ieri (mercoledì 19 ottobre), dopo aver ascoltato un secondo sproloquio più imbarazzante del primo, tutti hanno compreso che il limite era stato superato. Soprattutto lo ha compreso Giorgia Meloni: su quelle basi e dentro uno schema che sembrava dettato dal Cremlino, il governo non poteva nascere e Mattarella si sarebbe ovviamente rifiutato di avallare la smentita esplicita, persino grottesca, dei capisaldi della nostra politica estera.

Così la premier in pectore ha offerto una dimostrazione di leadership: con frasi secche e definitive ha ribadito la fedeltà alla Ue e alla Nato. Inoltre ha garantito che l’Italia non sarà “l’anello debole dell’Occidente”.

A lei ha fatto seguito Antonio Tajani, il potenziale ministro degli Esteri la cui candidatura era stata azzerata dal suo leader. Si è connesso al Ppe, il suo vero referente, e ha preso le distanze, sia pure senza citare Berlusconi, dalle sciocchezze appena diffuse in Italia e non solo.

In questo modo entrambi, Meloni e Tajani, hanno voluto salvare la prospettiva dell’esecutivo. Ma con un aspetto da sottolineare: non si tratta più di un litigio per le poltrone. Stavolta è in gioco una coalizione, e dunque un governo, che non può più permettersi una figura come Berlusconi tra le sue file con ruoli di responsabilità.

È stata dichiarata in modo formale l’incompatibilità. Se le cose hanno un senso, il fondatore di Forza Italia viene commissariato. Se così non fosse, se egli continuasse a esercitare un potere effettivo al vertice di Forza Italia, il governo si troverebbe vulnerato nel punto fondamentale della lealtà all’Alleanza Atlantica e all’Unione.

Inoltre non si capirebbe a quale titolo Antonio Tajani diventa titolare degli Esteri. Non bastano le belle parole sull’Ucraina. Chi comanda in Forza Italia? Lui, Tajani, e l’ala ragionevole, vicina ai Popolari europei e alla Nato? Oppure il gruppetto minoritario disposto a seguire l’anziano ex presidente del Consiglio fin nel “ridotto della Valtellina”, inneggiando a Putin?

Questo nodo non è stato ancora sciolto, ma le parole di Giorgia Meloni indicano che indietro non si torna. A costo “di non fare il governo”, il chiarimento deve avvenire adesso, in queste ore a cavallo delle consultazioni. E non basteranno le frasi di circostanza. C’è uno strappo, non da ricucire ma da portare alle estreme conseguenze.

Berlusconi oggi pare dedito non alla sopravvivenza di Forza Italia, bensì alla sua distruzione: non si sa quanto inconsapevole. Forse ha perso il controllo degli eventi ed è egli stesso travolto, sul punto di essere abbandonato dai suoi parlamentari. È il dramma del potere perduto che va in scena da secoli, negli scenari più diversi. Ma chi vuole che il governo di destra abbia il margine per avviare un cammino, almeno quello, deve porsi il problema di Forza Italia e di chi la guida.

Le ambiguità non sono ammesse per ragioni interne e internazionali. Poi i prossimi mesi diranno dove andranno a dislocarsi i naufraghi del berlusconismo. Quel che è certo, una stagione ha fatto il suo tempo. E il primo a dirsene consapevole dovrebbe essere il quasi ministro degli Esteri, ormai proiettato suo malgrado nel post-berlusconismo.

Se l’anziano fondatore del centrodestra, personaggio controverso come nessuno ma capace di stare sul palcoscenico per lunghi anni, intende svolgere un ruolo rappresentativo, pago di essere tornato in Parlamento, allora l’instabilità potrà essere tenuta a bada.

Nel caso in cui, viceversa, Berlusconi fosse ancora in grado di pilotare la sua nave, pur semi affondata, e di utilizzarla come un’arma da scagliare all’occorrenza contro un governo da lui odiato, allora prepariamoci al peggio.

La determinazione di Giorgia Meloni, giusto alla vigilia di recarsi da Mattarella, indica che le carte sono sul tavolo. E che il bluff non è più consentito.

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