Gianfranco Fini torna in tv a In mezz’ora in più: «Meloni? Io ho aperto una strada»

Online Corriere della Sera 30 ottobre 2022
Gianfranco Fini torna in tv a In mezz’ora in più: «Meloni? Io ho aperto una strada»
Fini, ex leader di AN, è tornato in televisione dopo anni: e ha parlato di Giorgia Meloni, spiegando di aver votato per lei e rivendicando di averle, in qualche modo, «aperto la strada». «Avevano ragione lei e La Russa, e torto io: il Pdl fu un errore imperdonabile»

 

 

Gianfranco Fini, ex leader di Alleanza Nazionale, è tornato in tv dopo anni, a In Mezz’Ora in più, il programma di Lucia Annunziata. «Non sono un ispiratore di Giorgia Meloni, non ha bisogno di ispiratori. Ma alla stampa estera», alcune settimane fa, «ho spiegato che la realtà italiana della destra era un po’ diversa da come era stata raccontata, e di aver votato per Meloni: e lo ribadisco».

Fini, ex presidente della Camera, ha detto di aver «aperto una rotta e indicato una strada», riferendosi a Meloni: «Tocca poi ai giovani percorrerla».

Fini ha detto di riconoscere una certa ipocrisia nella richiesta della sinistra a Meloni di «riconoscere l’antifascismo come un valore»: «La risposta», ha detto Fini, «non può che essere sì, l’abbiamo detto a Fiuggi e Meloni non si è mai dissociata. Ma attenzione: non è una furbata della destra dire che tutti i democratici sono antifascisti, ma non tutti gli antifascisti sono democratici. Se la sinistra chiede alla destra di essere lineare e di accettare l’antifascismo dovrebbe accettare in modo altrettanto lineare che tra gli antifascisti c’è chi ha anche posizioni antidemocratiche».

Fini ha spiegato che «avevano ragione Meloni e La Russa, quando fondando Fratelli d’Italia dettero vita alla casa della destra; io avevo torto. Il Pdl fu un errore imperdonabile, che non perdono a me stesso. Era nato il Pd, credevamo nel bipolarismo».

Quanto ai legami tra Meloni e l’eredità fascista, Fini spiega che già negli anni ‘90 «la vigilanza antifascista era finita». Nel «1995», dice Fini, «Massimo D’Alema diventò presidente della commissione bicamerale e si parlò dell’asse Fini-D’Alema, l’ultimo segretario post-comunista e l’ultimo post-fascista. Nel 1996 Violante viene eletto presidente della Camera, Alleanza Nazionale lo applaude in modo sincero quando dice che per fare della liberazione un momento unitario, condiviso, bisognava “guardare ai vinti di ieri”, e bisogna fare attenzione ai verbi, non dice capire. E nel ‘99, prima dell’elezione di Carlo Azeglio Ciampi alla presidenza della Repubblica non svelo un segreto, incontrai riservatamente il segretario dei Ds Walter Veltroni, ragionammo e trovammo che il nome di Ciampi era quello che poteva garantire tutti».
Quanto alle polemiche su La Russa, e alle sue dichiarazioni sul 25 aprile, Fini ha spiegato che «il titolo dato dalla Stampa all’articolo su La Russa è forzato. La Russa – l’ho sentito anche stamattina – ha detto non che non festeggerà il 25 aprile, ma che lo festeggerà, senza andare ai cortei. E perché? Perché rischia di trovarsi a fianco dei giovanotti di cui parlavamo poc’anzi, che mettono a testa in giù i manichini».

Fini affronta poi le polemiche sulla fiamma che ancora è presente nel simbolo di Fratelli d’Italia: «Non è il simbolo del MSI, ma è il simbolo di Alleanza Nazionale. E a me non fu chiesto di toglierla, quella fiamma: perché avevamo preso le distanze dal fascismo. La fiamma del simbolo del partito di Meloni non è quella del MSI. Lo ribadisco: l’antifascismo è un valore condiviso anche da destra, se lo si intende come difesa della libertà e della democrazia; aggiungo che anche il patriottismo deve essere un valore condiviso».

Il governo durerà? Secondo Fini, a costituire un potenziale problema è il fatto che Berlusconi è ora «un sovrano senza scettro», per il quale è stato un trauma essere stato battuto da una «donna che, da quando è ragazzina, mastica pane e politica, non viene dalla trincea del lavoro, dell’imprenditoria». Però Berlusconi «non è un irresponsabile», aggiunge Fini, «perché i ministri indicati da Forza Italia, a partire da Antonio Tajani, danno un’ampia garanzia di continuità nell’azione di governo e perche’ alcune fibrillazioni danneggiano soprattutto Forza Italia». Quanto a Salvini, è «certamente inquieto: chi non lo sarebbe, avendo perso tanti voti e vedendosi riconfermare la fiducia dal suo movimento politico? Sente la responsabilità, il voto è stato uno choc. E l’inquietudine lo porta ad alzare le bandiere identitarie».

Certo: «Meloni — mi viene più spontaneo dire la presidente — è evidente che avendo FdI più voti che la Lega e Fi è in una posizione di centralità, questo non è un governo di centrodestra ma di destra-centro. E questo mette in agitazione gli alleati. Meloni dovrà essere paziente e abile nel tentativo di tenere insieme».

Un consiglio al Pd? «Un po’ di verve, un po’ di anima, una bandiera che non sia la democrazia. Torni a infiammare i cuori».

Un consiglio a Meloni? «Lo do sui diritti civili. Sono una materia delicata, specie quando si decide su famiglia e orientamento sessuale. Sono argomenti divisivi, su cui si confrontano elementi di forte identità culturale, religiosa; l’atteggiamento laico delle istituzioni; il mutare delle sensibilità e l’evoluzione scientifica. Ogni volta che si è deciso, in Italia, si è arrivati a posizioni divisive. E — lo dico con una punta di polemica — la ministra delle pari opportunità Roccella è una dei parlamentari che promise di promuovere il referendum per abrogare le unioni civili… forse è meglio che a decidere, su questo punto, sia il Parlamento. E che restino le mascherine obbligatorie negli ospedali».

Ultima battuta: «Non ho intenzione di tornare in politica, né di avere tessere. Si può continuare a lavorare serenamente senza avere incarichi politici»

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