Gli sporchi affari degli ultrà

Monica Serra La Stampa 1 novembre 2022
Gli sporchi affari degli ultrà
Le frange che dominano le curve di S.Siro gestiscono biglietti, parcheggi e bar spesso insieme alle cosche

 

Durante il match tra Inter e Sampdoria (disputato sabato sera) un settore dei tifosi nerazzurri è stato svuotato. Come hanno raccontato i testimoni, l’azione è stata ordinata da alcuni capi ultrà appena è arrivata la notizia della morte di Boiocchi
Affari criminali e interessi economici. Soldi, tanti soldi che ruotano attorno a parcheggi, bar, biglietti. All’organizzazione di eventi sportivi, e concerti a San Siro. Con la forza e con le minacce, sembrerebbe anche ai danni dei dirigenti delle società sportive. E con la collaborazione delle cosche di ’ndrangheta, come quella degli Iamonte di Melito di Porto Salvo nel Reggino, e di storici esponenti della criminalità milanese. È il quadro che emerge dalle ultime analisi degli investigatori e anche dalle voci che si rincorrono nel mondo ultrà. In fondo c’è un motivo se il capo del tifo interista Vittorio Boiocchi, freddato a colpi di pistola, vantava di guadagnare «80 mila euro al mese» con lo Stadio.
A ricordare a tutti il potere della Curva popolata spesso da soggetti che hanno bazzicato le patrie galere – ma anche almeno in passato da politici dell’estrema destra milanese, come l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza – e i metodi, violenti, con cui questo potere si manifesta è bastata una foto. Quella del settore centrale della Nord sgomberato alla notizia della morte del capo. «Lo zio» – come gli stessi ultrà lo definiscono in una nota di cordoglio – Boiocchi, ucciso sotto casa poco prima del match con la Sampdoria. La decisione di svuotare la Nord, presa dal direttivo, parrebbe non proprio unanimemente, sarebbe stata «eseguita», a suon di urla e spintoni. Sarebbe, perché le denunce social di questi giorni non sono state per ora formalizzate.

Ma quello scatto cristallizza l’immagine di una forza criminale che hanno i gruppi ultrà. E che non si manifesta soltanto in risse e scontri, come quelli del 2018 in cui perse la vita Daniele Dede Belardinelli. Tante volte si traduce negli affari e nei soldi, che i gruppi di tifo organizzato parrebbe bipartisan, di Inter e Milan, con minacce e ritorsioni, spartendosi oneri e onori con le cosche, riuscirebbero a fare dentro e intorno allo Stadio. Business che Boiocchi, quando si è ripreso la Curva dopo 26 anni di carcere a colpi di minacce armate e pestaggi, voleva moltiplicare. Finendo, forse, per farsi troppo spazio e nemici in un mondo su cui altri avevano già o volevano mettere le mani.

L’intercettazione ormai famosa – «Sto perdendo un sacco di soldi con il blocco delle partite e dei concerti» – ne è una prova. Era stata raccolta nell’ambito di un’inchiesta della Digos su cui non è ancora stato messo un punto. E che racconta come anche alcuni dirigenti delle società sportive, inizialmente indagati e poi archiviati, sarebbero stati vittime di pesanti minacce e ritorsioni. Negli ambienti ultrà si dice che dopo la sua autoproclamazione, Boiocchi – forte di rapporti consolidati con clan, come i Fidanzati e i Di Marco – nel corso di una riunione, avrebbe stabilito nuove gerarchie e settori di interesse. Tra questi, innanzitutto il business dei parcheggi, su cui si sarebbero concentrati anche gli interessi di alcune famiglie calabresi come quella degli Iamonte. La gestione sarebbe stata affidata ad alcuni ultrà storici, come Franco Caravita e Andrea Beretta, proprio ieri sentito dalla Squadra mobile e dal pm Paolo Storari che stanno indagando sull’omicidio Boiocchi. E divisa anche con i nemici di facciata, gli storici capi ultrà rossoneri, come Luca Lucci (quello della stretta di mano con Matteo Salvini)e Giancarlo Lombardi, e con un noto ultrà dei Viking della Juventus. La squadra messa in piedi da Boiocchi avrebbe ottenuto, con i suoi metodi che erano quelli criminali degli anni 90, la concessione di una parte dei parcheggi gestiti direttamente da ultrà e calabresi, in un’ottica di «spartizione» degli affari e «protezione» dai problemi.

Ma gli interessi di Boiocchi si sarebbero spinti anche su altro. Come i paninari all’esterno del Meazza: «A due di loro abbiamo fatto avere il posto – diceva –. Ci danno una somma a partita». E su una quota di tessere e biglietti delle partite – c’è chi sostiene circa duemila – che il pool di Boiocchi sarebbe riuscito a ottenere a suon di minacce. Una montagna di soldi, su cui ora si indaga anche per risolvere il giallo dell’omicidio.

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