Menti disarmanti vedono un Macron a Milano e un Melenchon a Roma

Stefano Folli La Repubblica 5 novembre 2022
Destino Mélenchon per il Pd filo-Conte
Con tutte le sue ambiguità, la manifestazione di Roma “per la pace” è la prima iniziativa ambiziosa decisa dalla sinistra dopo la sconfitta del 25 settembre.

Sfortunatamente sembra destinata a creare più problemi di quanti ne risolva, almeno al Pd. O meglio, a quella parte del gruppo dirigente, con in testa il segretario dimissionario Enrico Letta, che ha avviato un lento percorso verso l’attesa “rifondazione”: un percorso il cui punto culminante, almeno per quanto se ne sa oggi, saranno le elezioni primarie di metà marzo 2023, volte a individuare il nuovo leader.

Nel frattempo succede di tutto sul palcoscenico italiano e il Pd non sembra avere molte idee da offrire a un elettorato smarrito.

La manifestazione di oggi sta a dimostrarlo in modo limpido. Il personaggio che si prepara a trarne il massimo vantaggio si chiama Giuseppe Conte, abile come non mai (una volta si sarebbe detto un Fregoli) nel vestire i panni che le circostanze gli suggeriscono. Per cui gli esponenti del Pd — non tutti ma un certo numero — rischiano di fare solo da contorno a uno show tagliato su misura per il capo dei Cinque Stelle.

Del resto gli ultimi sondaggi ci dicono che ormai il movimento ex “grillino” è alla pari con i democratici, una tendenza che si è consolidata dopo il 25 settembre. Conte è dinamico, dichiara senza risparmio, non dice molto ma lo dice con insistenza. Invece dal campo del Pd si sentono voci sempre più flebili. E non stupisce che l’ex premier, l’uomo che guidò due governi di segno opposto, rifiuti per ora di negoziare alcunché con un partito il cui vertice è così evanescente.

Non ne ha bisogno: sta ottenendo senza quasi colpo ferire tutti i riconoscimenti che gli servono per presentarsi come la guida del “fronte progressista”. Per la storia della sinistra italiana il passaggio delle consegne non potrebbe essere più paradossale, ma tant’è. Lo vedremo quando si dovrà decidere il candidato comune per la Regione Lazio: quasi nessuno dubita che sarà Conte a indicarlo.

Si capisce allora che oggi la piazza di Roma solo in apparenza si occuperà di Ucraina. E non tanto per lo stato d’animo filo-russo destinato inevitabilmente a emergere (basterà contare quante saranno le bandiere gialle-blu rispetto al mare di generici vessilli arcobaleno); quanto per la buona ragione che il vero obiettivo della manifestazione consiste nel marcare l’implicita egemonia dei 5S sul Pd prigioniero della propria infinita crisi d’identità.

C’è anche dell’altro. A Milano si svolge una seconda manifestazione il cui significato è del tutto diverso. Sempre “per la pace”, s’intende, ma in questo caso gli animatori sono Calenda e Renzi, il senso è anti-russo e decisamente filo-atlantico, mentre la novità è l’esordio di Letizia Moratti con i centristi.

In sostanza, al Nord prende forma un’operazione — vedremo quanto robusta — volta a creare un cuneo nell’opinione di centro-destra. Una mossa che l’attuale Pd vorrà contrastare senza esitazioni, salvo le correnti “riformiste” che ancora non si sono dichiarate, ma che guardano con qualche attenzione al binomio Calenda-Renzi.

A Roma invece è l’opposto: rincorsa ai Cinque Stelle sulla politica estera. Ed è singolare che questo avvenga dopo le nuove dichiarazioni di Sergio Mattarella, costante riferimento del Pd, a proposito di solidarietà con Kiev e lealtà alla Nato.

In passato fu Berlusconi l’unico capace di costruirsi un alleato al Nord (Bossi) e uno al Sud (Fini). Ma erano altri tempi e soprattutto era il fondatore di Forza Italia il punto di equilibrio dell’intesa: nonché colui che aveva in mano la borsa.

Oggi il Pd non sembra proprio in grado di gestire due linee diverse, entrambe suscettibili di travolgerlo e di frantumarlo tra una tendenza Macron, al Nord, e una spinta Mélenchon al Sud.

Un articolo significativo della Repubblica che conferma “il ribaltamento della realtà di cui i giornali e i media nostrani sono maestri. Hanno dimenticato di essere stati i protagonisti del flop della inesistente agenda Draghi che ha trascinato il Pd in una sconfitta che oggi gli viene rimproverata dagli stessi giornali che l’hanno inventata. E persistono. Raccontare il movimento della pace come la partita a due delle piazza del Pd contro quella dei Cinque Stelle è cecità politica o malafede. La politica rincorre un movimento, non ne è l’artefice, un movimento  che esprime l’ansia maggioritaria di un paese che è stanco e allarmato da questa guerra. E di cui l’informazione dell’establishment dà una spiegazione ideologica da quando è iniziata. La maggioranza del paese non è piegata su questa narrazione bellicista, la guerra di resistenza è finita da un pezzo, c’è un pericolo per tutta l’umanità, c’è un economia di guerra che fa affari, ci sono imperi che hanno altre logiche da quelle umanitarie.  Questa guerra ha piegato la politica e i media ma non le persone libere di pensare. E siete li’  a contare se saranno portate le bandiere dell’Ucraina. Per il bene degli ucraini in primo luogo questa guerra va fermata. Vi basta dirvi atlantisti ed europeisti non capendo che c’è una guerra interna che si è aperta tra i due termini. Non capendo, o non potendo capire.

(PC)

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.