Retromarcia sul condono e soltanto una mini-stretta per il reddito di cittadinanza

Alessandro Barbera La Stampa 18 novembre 2022
Retromarcia sul condono e soltanto una mini-stretta per il reddito di cittadinanza
Il colpo di spugna non sarà penale ma riguarderà gli illeciti amministrativi. Il pressing della Lega: ottiene il ritorno della società per lo Stretto di Messina

 

Nella legge di bilancio «non ci sarà in ogni caso nessun posto per condoni di carattere penale». Quarantotto ore dopo le anticipazioni de La Stampa sulla bozza della Finanziaria, una nota del ministero del Tesoro sgombra il tavolo della maggioranza da un tema che ha creato allarme a tutti i livelli istituzionali, dalle procure fino al Quirinale. Giancarlo Giorgetti ha preso la decisione nel pomeriggio, non appena rientrato da Bali e averne discusso con Giorgia Meloni.

«Le misure sono al momento in fase di valutazione politica», fa sapere il ministro leghista. Un modo per derubricare a ipotesi il testo dell’articolato discusso tre giorni fa durante una riunione tecnica a via XX settembre coordinata dal vice Maurizio Leo, il tributarista voluto dalla premier per occuparsi di fisco. Secondo fonti che chiedono l’anonimato, la coincindenza fra la decisione di Sergio Mattarella di respingere l’innalzamento del tetto al contante nel decreto aiuti e il comunicato del Tesoro non sarebbe casuale. Ma su questo dal Colle non filtra nulla.

Di certo c’è che Giorgetti ha deciso di stralciare la depenalizzazione dei reati fiscali più gravi, pur se vincolata al pagamento delle somme oggetto delle inchieste giudiziarie. La «tregua fiscale» – così ci tengono a definirla nella maggioranza – ci sarà, ma solo per la rottamazione delle cartelle esattoriali fino a cinquemila euro e gli illeciti fiscali di natura amministrativa. Dovrebbe essere confermata la norma per il rientro dei capitali dall’estero, che però non riguarderà i contanti. Resta da decidere il confine della sanatoria: l’ultima, che risale al 2014 (il governo era quello di Matteo Renzi) prevedeva la depenalizzazione dei reati di riciclaggio e autoricilaggio.

Per discutere di tutti i dettagli oggi ci sarà una riunione dei capigruppo della maggioranza. A meno di ulteriori ritardi, il consiglio dei ministri dovrebbe riunirsi lunedì. Da quel momento per evitare l’esercizio provvisorio il governo avrà a disposizione in Parlamento quaranta giorni scarsi.

La decisione sui reati fiscali è solo l’ultima di molte retromarce alle quali la maggioranza è stata costretta dalla difficoltà a comporre una manovra che può aumentare il deficit di pochi decimali rispetto a quanto deciso da Mario Draghi. Sul reddito di cittadinanza, le pensioni, la tassa piatta. Di reddito si discuterà ancora oggi: il partito di Giorgia Meloni, che in campagna elettorale aveva promesso la sua abolizione, dovrà accontentarsi di piccoli ritocchi. A insistere per modifiche è Forza Italia. Non ci sarà nemmeno la riduzione a una delle proposte di lavoro rifiutabili prima di perdere il sussidio. Il partito di Berlusconi chiede però di innalzare il periodo di sospensione previsto ogni 18 mesi, oggi limitato a trenta giorni: l’obiettivo è risparmiare fino a un miliardo di euro degli otto dedicati ogni anno al sussidio.

Il capitolo pensioni avrà lo stesso destino, nonostante le pressioni di Matteo Salvini. Per evitare il ritorno alla legge Fornero e all’uscita per tutti a 67 anni (scatterebbe il primo gennaio) potrebbe essere introdotta «quota 103», somma dei requisiti anagrafici e di età. Si tratterebbe di una stretta rispetto alle attuali regole, ferme a 102. Anche in questo caso il problema sono le risorse: la sola rivalutazione degli assegni ai pensionati del 7 per cento, imposta dall’inflazione a due cifre, costerà quanto un paio di leggi di bilancio, cinquanta miliardi in tre anni.

Resta da mettere l’ultima parola sulla tassa piatta per i lavoratori autonomi: in campagna elettorale Salvini aveva promesso l’innalzamento della soglia fino a centomila euro, nella migliore delle ipotesi il tetto salirà a 85mila, ventimila euro sopra l’attuale. Nella maggioranza si è valutata anche la cosiddetta «tassa incrementale» per chi dichiara cifre superiori all’anno precedente, ma è piuttosto costosa.

Sia come sia, tutte le modifiche hanno l’obiettivo di minimizzare il fenomeno dell’evasione. L’ultima relazione annuale della commissione indipendente scrive che il sistema in vigore invece di far emergere gettito ha aumentato il numero di contribuenti che – pur di accedere al regime di favore al 15 per cento – dichiarano meno. C’è un punto su cui invece su cui Salvini insiste e dovrebbe ottenere ragione: la ricostituzione della società Stretto di Messina, posta in liquidazione dieci anni fa.

 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.