80 citta in corteo “No al governo del merito”

Corrado Zunino La Repubblica 19 novembre 2022
L’urlo degli studenti in corteo “No al governo del merito”
Centomila ragazzi manifestano in ottanta città, da Roma a Melfi “Pretendiamo di parlare col ministro in persona”. Ma
Valditara non li riceve

 
Sono vivi e scalcianti. E occupano di prima mattina ottanta città italiane, dalla capitale a Melfi. All’avversario storico — la scuola delle nozioni — aggiungono ora un nemico nuovo, e pure eletto: il governo del merito e della reazione. «Sì, Giuseppe Valditara è il miglior reazionario che un esecutivo di estrema destra potesse mettere alla guida del ministero dell’Istruzione», dice Luca Ianniello, responsabile nazionale della Rete degli studenti medi, in pratica l’organizzatore del ritorno dei discenti italiani in piazza nel primo autunno senza mascherina.

L’universitario Ianniello, che da tre stagioni studia Storia alla Sapienza di Roma, dice che il ministro in carica si è fatto le ossa costruendo la Legge Tremonti-Gelmini, un atto che nel 2008 tolse otto miliardi alla povera scuola, e che è venuto a finire il lavoro in prima persona: «Sì, questo governo ci spaventa, sull’istruzione non starà con le mani in mano». Costruirà gli istituti di serie A e serie B, assicura, «e rivelerà che le belle parole sul merito, la linea di partenza uguale, le pari opportunità, in realtà sono servite solo a costruire un’istruzione per chi pensa, i ragazzi dei licei, e un’altra per chi dovrà lavorare, i ragazzi dei tecnici e dei professionali.

Sono un po’ meno di centomila in marcia e qui a Roma sono partiti dal quartiere dei milionari, l’Aventino. Qualcuno con il colbacco dell’Armata rossa. Poi, sempre a Roma, si sono divisi: in testa è andato il gruppo che ha organizzato “il corteo del diciotto”, dietro, e con un largo vuoto a separare i due spezzoni, i collettivi di quindici istituti duri e militanti: «Non siamo servi del Pd».

Alla fine del corteo più lento del mondo, con chi era davanti a cercare di ricompattarlo e chi era dietro a sfarinarlo consapevolmente, il gesto di sfida davanti al ministero dell’Istruzione: Valditara non riceve la delegazione degli studenti e la delegazione non sale a incontrare il solito vice capo di gabinetto. «È sempre positivo che gli studenti esprimano idee e avanzino proposte, è uno degli elementi fondamentali delle società libere», dirà Valditara, «sarò lieto di approfondire il dialogo con i rappresentanti democraticamente eletti degli studenti». La Rete della conoscenza replicherà: «Noi pretendiamo di parlare con il ministro in persona. È inaccettabile che ci venga proposta una figura tecnica quando noi scendiamo in piazza con una proposta politica chiara».

A Napoli il corteo degli studenti si è fermato sotto l’Università Federico II denunciando il dipendente dell’ateneo accusato di violenza sessuale nei confronti di sei studentesse, quindi ha srotolato uno striscione contro il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e le sue politiche sull’immigrazione. A Bologna gli studenti si sono imbavagliati: «Ci hanno tolto la parola». A Torino hanno tirato uova sui poliziotti. «Questo governo ha esordito con un decreto anti- rave che è, in realtà, un decreto contro la socialità di sinistra», dice adesso Valeria, appena uscita dal Liceo Albertelli. «Ero a Scienze politiche quando ci sono state le cariche della polizia e vedo gesti sempre conseguenti.

Nella scuola saranno classisti, lo vuole la gente che lo ha votato». Dice Valeria che i cinque anni dell’Albertelli non l’hanno formata come cittadina, che partecipa ai Fridays dalla prima marcia ambientalista e che di professori illuminati ce ne sono pochi: «Ne ho avuto uno, in terza, di Storia, ma oggi la scuola è fatta di nozioni, che in gran parte si scordano, e valutazione». Pietro, quinto e ultimo anno al Liceo Morgagni: «Dobbiamo uscire dalla lezione frontale ma non approdare a una scuola che serve solo a prepararti al lavoro». E Giulio, già rappresentante del Liceo Machiavelli: «Questa scuola sta fallendo, siamo vicini al punto di rottura. Sono venuto in piazza non per saltare un venerdì di lezioni, ma per non saltarne mai più».

 

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