Reddito tagliato a 660 mila/900 mila persone tra sei mesi

Luca Monticelli La Stampa 19 novembre 2022
Giro di vite sul reddito di cittadinanza, in arrivo la prima maxi-revisione con l’ipotesi stop per gli occupabili
Secondo l’Inps sono 372 mila, ma per la Lega si arriva 900 mila: «Oltre un miliardo di risparmi»


Dal primo giugno del 2023 gli “occupabili” non riceveranno più il reddito di cittadinanza. È la proposta choc spuntata ieri sera al vertice tra la premier Giorgia Meloni e i capigruppo di maggioranza. Nonostante negli ultimi giorni circolasse l’ipotesi che il governo avrebbe mantenuto l’impianto del reddito di cittadinanza per intervenire solo con una mini stretta, alla fine sembra essere passata la linea dura. «L’abolizione del sussidio fra sei mesi era il progetto iniziale di Meloni», confida una fonte. Le risorse risparmiate potrebbero superare il miliardo ed essere reinvestite in legge di bilancio per coprire il taglio del cuneo fiscale o per Quota 103.

La sospensione

Sul tavolo resta anche la proposta del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che immaginava una pausa più lunga al termine dei primi 18 mesi, quando il beneficiario che è ancora disoccupato ottiene il rinnovo del sussidio. Oggi, infatti, il reddito di cittadinanza funziona così: passato un anno e mezzo l’assegno viene interrotto per un mese e poi il contributo riprende se il percettore mantiene i requisiti. Questa sospensione è programmata ogni 18 mesi e non c’è un limite al numero dei rinnovi. La Lega aveva proposto di aumentare la sospensione da uno a sei mesi e organizzare in questo lasso di tempo un corso di formazione per accompagnare più velocemente il disoccupato nel mercato del lavoro. L’idea del Carroccio era di mantenere l’assegno pieno per 18 mesi, e dopo la pausa formativa di 6 mesi applicare un decalage per l’anno successivo.

I costi

Il reddito di cittadinanza costa quasi 9 miliardi l’anno, coinvolge 2, 4 milioni di persone (oltre un milione di nuclei familiari) e l’importo medio erogato al mese è di 551 euro. Da aprile 2019 a settembre di quest’anno lo Stato ha speso 26 miliardi. Il problema è capire quante sono le persone realmente occupabili a cui bloccare gli aiuti. Secondo Matteo Salvini si tratta di 900 mila soggetti, mentre l’Anpal ne ha individuati 660 mila, di questi, ben 480 mila non firmano un contratto da almeno tre anni, e come livello di istruzione possiedono la terza media. L’Inps invece conta solo 372 mila disoccupati «realmente occupabili e ready to work».

I maggiori controlli

L’altro intervento che sicuramente verrà inserito in manovra servirà per dare più potere ai Comuni nell’ambito dei controlli sul territorio, così da contrastare i “furbetti”, che ad esempio prendono l’assegno e poi vanno in giro con auto di grossa cilindrata o lavorano in nero nei ristoranti. Meloni annuncia anche verifiche sugli immigrati che non risiedono più in Italia ma continuano a prendere il reddito.

I dubbi degli esperti

«Lo scopo del governo non è ancora chiaro», spiega a La Stampa Maurizio Del Conte, professore di diritto del lavoro della Bocconi ed ex presidente dell’Anpal. «Per tagliare veramente i costi, o si riduce l’assegno o si riduce la platea. Se invece l’obiettivo è migliorare l’inserimento lavorativo, allora bisogna rafforzare il sistema di politiche attive». Secondo l’economista occorre «fare chiarezza» su quante sono le persone «che hanno la possibilità di essere inviate a un percorso lavorativo».

Il nodo politiche attive

Sui cosiddetti occupabili, però, si è creato «un malinteso», sottolinea Del Conte che aggiunge: «Sono soggetti pronti per essere occupati ma non lo sono immediatamente, vanno inseriti in un percorso di politiche attive e nel giro di due anni possono diventare spendibili sul mercato». Non c’è altra via: solo così «si comincerà a vedere una curva decrescente della platea complessiva dei poveri in Italia e quindi anche di quelli che percepiscono il reddito di cittadinanza». —

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