L’ ala destra della Curia che fa da sponda al governo

Iacopo Scaramuzzi La Repubblica 11 gennaio 2023
Ruini, Sarah, Burke, Viganò: l’ala destra della Curia che fa da sponda al governo
Per la premier, un’occasione preziosa. La “pecorella smarrita” ha ritrovato il suo pastore

 

 

L’esordio non era dei più promettenti. Nella sua autobiografia Giorgia Meloni tesse l’elogio di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, per poi chiosare: “Io ho seguito ogni pontefice, ma non con lo stesso trasporto. Sarà anche l’età, e la consapevolezza che si porta dietro, ma benché sia cattolica e non mi sia mai permessa di criticare un pontefice, ammetto che non sempre ho compreso papa Francesco. A volte mi sono sentita una pecorella smarrita, e spero un giorno di avere il privilegio di poter parlare con lui”. L’occasione è avvenuta ieri, ed è stata cordiale.

“Io sono Giorgia” è un libro di un anno mezzo fa: in politica, un’era geologica. Sulla carta, la distanza tra la leader di Fratelli d’Italia il Pontefice riformista poteva essere ampia. Dalla concezione “identitaria” della fede ai rapporti con l’islam, dalla Cina alle migrazioni, i temi di attrito non mancavano. In passato, tra le personalità che Meloni più ha elogiato, ricambiata, c’è il cardinale Camillo Ruini, uomo a dir poco freddo nei confronti del Papa argentino. Nel 2017 la leader di FdI sfilò ad una marcia per la vita, per le strade di Roma, insieme a Lorenzo Fontana, oggi presidente della Camera, al cardinale Raymond Leo Burke, trumpiano sfegatato, e a monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio apostolico negli Stati Uniti giunto a chiedere le dimissioni di Francesco.

All’avvicinarsi delle elezioni, tra le prime porte a cui la futura premier andò a bussare in Vaticano vi fu quella del cardinale Robert Sarah, uno degli esponenti della fronda conservatrice al Papa. Ma quello, appunto, era prima. Poi è stato necessario tessere rapporti di alto livello oltretevere. Ad aiutare la neopremier sono stati Alfredo Mantovano, fino a ottobre scorso presidente della sezione italiana della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, nei giorni scorsi a fianco di Meloni a rendere omaggio alla salma di Benedetto XVI, “grande magistrato e grande cattolico”, lo ha presentato ieri la premier al Papa. E poi Raffaele Fitto, il più democristiano dei ministri meloniani, Eugenia Roccella, oggi responsabile della Famiglia ieri portavoce del Family day di Ruini, Isabella Rauti, un’ampia rete di relazioni. Tutte personalità con rapporti solidi con alcune componenti del mondo cattolico, non con l’inner circle bergogliano.
Giorgia Meloni ha avuto la capacità di costruire i rapporti che mancavano. È andata a trovare il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, il “ministro degli Esteri” della Santa Sede, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, il cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi. Un interlocutore di ieri e di domani è monsignor Rino Fisichella, responsabile del Giubileo del 2025. In Vaticano hanno chiuso facilmente un occhio sulle sgrammaticature istituzionali dei mesi precedenti. Ai piani alti del Palazzo apostolico, dove qualcuno la chiama “Giorgia”, sono abituati a collaborare con chi siede a Palazzo Chigi, tanto più con una premier che sta affrontando con senso di responsabilità un passaggio sociale ed economico dai tratti drammatici. E permeabile alle istanze vaticane, dalla preoccupazione per i poveri a quella per le famiglie.

Sui migranti in questi mesi dai maggiorenti della Chiesa non sono mancate bordate sui respingimenti e i porti chiusi, accompagnate però da appelli ad una maggiore responsabilità dell’Unione europea. Un’apertura di credito nei confronti di Meloni promossa in primis da Papa Francesco. Il quale non vuole lasciare all’ala reazionaria della Curia l’interlocuzione con la premier, ed ha sviluppato nei suoi confronti un’impressione sinceramente positiva per almeno tre motivi. Meloni rivendica la sua provenienza popolare, nelle corde di un Pontefice dalla gioventù peronista. È donna, e Bergoglio ha sempre avuto rapporti cordiali con le politiche donne, da Cristina Kirchner a Angela Merkel, da Christine Lagarde a Zuzana Caputova. Ed è giovane, e Francesco ha incoraggiato sin dall’inizio del pontificato i giovani che si impegnano in politica, a prescindere dallo schieramento: in passato il premier austriaco Sebastian Kurz (destra) o il greco Alexis Tsipras (sinistra), oggi Giorgia Meloni. Per la premier, un’occasione preziosa. La “pecorella smarrita” ha ritrovato il suo pastore.

 

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