Serenella Mattera La Repubblica 9 marzo 2023
“Italia in azione”, anzi no: il Terzo polo cerca nome
L’ipotesi di lavoro in vista del partito unico non piace ai renziani: “Serve più inclusività”
Italia in azione. Un nome in provetta c’è, per il Terzo polo che si fa partito. Una crasi di Italia viva e Azione, fusione paritaria alla radice. Con un bel simbolo ancora da disegnare. Ma, è inteso, senza più dentro la scritta “Calenda”. Un passaggio «inevitabile», ha annunciato lo stesso Carlo Calenda. Per il sollievo dei renziani, che il suo cognome dal logo volevano stralciarlo già alle regionali e se lo sono tenuti a malincuore, per una questione di firme da raccogliere.
Ora assicurano che cassarlo è solo forma, non sostanza, perché il senatore di Azione è il leader: nessuno vuol metterlo in discussione, nel congresso che a ottobre battezzerà la nuova creatura moderata. Oggi Matteo Renzi riunirà i dirigenti di Iv e ufficializzerà l’adesione al percorso. Calenda aspettava una risposta: un incontro la prossima settimana formalizzerà l’accordo.
E darà vita a due gruppi di lavoro, uno per il manifesto dei valori e uno per le regole d’ingaggio. C’è da intendersi sul percorso, sul simbolo e pure sul nome. Perché è forma, certo. Ma anche sostanza. Come conferma la freddezza attorno a quella prima ipotesi, Italia in azione, che dovrebbe comparire in cima al documento che avvierà il percorso comune, ma potrebbe essere alla fine cestinato.
I dubbi sorgono fin dalla sigla. Sarebbe IA, come l’intelligenza artificiale, lì a evocare, ha avvertito qualche esperto di comunicazione, un partito frankenstein, frutto di un algoritmo. Ma non è questo il punto. A lasciar perplessi i renziani è che la scelta sarebbe insieme neutra e limitante. Neutra, nel senso che non farebbe emergere la radice politica del nuovo progetto. E limitante, perché il tentativo è allargare al centro, non solo fondere le sigle Iv e Az. «Alla scrittura del manifesto politicoparteciperanno associazioni, partiti e personalità che condividono il nostro orizzonte», afferma Calenda.
Bisogna fare «un’operazione di cultura politica, cercare di essere inclusivi», va ripetendo Renzi. E dunque, per dare identità, dentro Azione c’è chi propone di usare la parola Repubblicani, che però – avvertono lesti da Iv – nel resto del mondo sono tutti a destra. E tra i renziani c’è chi, come l’ex ministra Elena Bonetti, non vuol tenere fuori l’aggettivo Popolari, per parlare al mondo cattolico. Ma poiché, come ha detto Calenda, i terzopolisti sono «liberaldemocratici», per la maggiore vanno le connotazioni Liberale e Democratica, che indicano con più precisione la collocazione nella famiglia europea di Renew Europe. Ma qui iniziano altri problemi.
Perché i Liberal Democratici (per il Rinnovamento) in Italia esistono già, fondati da Lamberto Dini. Ed esiste pure Democrazia liberale, guidatada Enzo Palumbo, classe 1939, che alle regionali nel Lazio ha sostenuto Rocca. E ovviamente esisteva Democrazia è libertà, la Margherita, che fu il partito di Francesco Rutelli e dello stesso Renzi, prima della fusione col Pd.
Un richiamo che non piace troppo a chi ad Azione è arrivato da destra, ha vissuto con sollievo la sfumata alleanza con i dem di Enrico Letta alle politiche e ora dal P d trazione Elly Schlein vuol tenersi il più possibile alla larga. E poi: perché a quel punto non dirsi Riformisti? E perché non richiamarsi proprio al Partito d’Azione?
Insomma, a mettere in fila gli aggettivi politici di riferimento di tutte le anime che compongono – e comporranno – il Terzo polo, si rischia un nome impronunciabile. Ecco perché Italia in azione per ora non si può accantonare. Resta lì, un’idea abbozzata, una soluzione in fondo facile. Mentre si prova a intendersi su un’idea migliore.