Davide Frattini Corriere della Sera 13 marzo 2023
Che cosa sta succedendo in Israele? Perché e chi protesta contro la «riforma» di Netanyahu
I giudici e il riassetto voluto dal nuovo governo di destra. Oltre 200 mila in piazza nelle città del Paese
Sette giorni dopo l’insediamento alla fine dell’anno scorso il governo di estrema destra ha presentato quella che considera una «riforma» necessaria del sistema. La faccia davanti alle telecamere e le idee che ci stanno dietro le ha messe Yariv Levin, nominato ministro della Giustizia da Benjamin Netanyahu proprio per implementare il progetto che punta a ridimensionare il ruolo della Corte Suprema, dei giudici e dei magistrati. Di fatto sottoponendoli alla maggioranza del momento, a questa maggioranza in questo momento. Per l’opposizione il blitz punta a trasformare il Paese in un regime autocratico, il primo ministro ribadisce di voler rafforzare la democrazia.
Quale è il sistema attuale?
Israele non ha una costituzione, negli anni sono state approvate dal parlamento tredici «leggi di base» che si ispirano alle indicazioni della Dichiarazione di Indipendenza: si concentrano soprattutto sui rapporti tra i poteri dello Stato, sulla protezione dei diritti civili e delle minoranze. La Corte Suprema ha il potere di bloccare e rinviare alla Knesset una norma che contraddica queste leggi o sulla base della «clausola di ragionevolezza» applicata a decisioni amministrative: i giudici l’hanno applicata un mese fa nel caso di Aryeh Deri, leader del partito Shas, nominato ministro da Netanyahu nonostante avesse patteggiato una condanna per evasione fiscale in cambio della promessa di ritirarsi dalla vita pubblica.
Perché il governo spinge per questa «riforma»?
La destra — e in parte l’opposizione — è convinta che in questi anni la Corte Suprema abbia abusato dei suoi poteri, intervenendo troppo e in troppe questioni. Il ruolo dell’Alta Corte infastidisce soprattutto i leader dei coloni che vedono nei giudici un ostacolo ai piani di annessione della Cisgiordania, i territori arabi catturati nella guerra del 1967 e che dovrebbero costituire un futuro Stato palestinese. Gli analisti spiegano che l’iperattivismo dei giudici è stato un fenomeno tra gli anni Novanta e Duemila e che da allora sono stati molto più cauti (e con posizioni conservatrici).
Quali sono gli elementi principali del disegno di legge?
Il governo vuole introdurre la possibilità di sovrascrivere una decisione della Corte con un voto del parlamento a maggioranza minima (61 su 120 deputati), in questo modo qualunque intervento dei giudici diventerebbe inefficace. Netanyahu ripete che il processo contro di lui per corruzione è un golpe per rimuoverlo, così vuole anche stabilire che le nomine e le promozioni dei giudici vengano decise dall’esecutivo. In passato – fanno notare i commentatori – è stato tra i più decisi difensori dell’indipendenza della magistratura.
La convivenza tra laici e religiosi
I partiti ultraortodossi puntano a ridimensionare la Corte Suprema perché si è opposta in nome dell’uguaglianza tra i cittadini all’esenzione degli studenti delle yeshiva, le scuole rabbiniche, dal servizio militare obbligatorio per i giovani. Una delle prime mosse del governo è stata anche il tentativo di abbattere la legge anti-discriminazione: un tassista, un proprietario di albergo, un medico potrebbero decidere di rifiutare l’assistenza o l’ospitalità per ragioni di sensibilità religiosa, mettendo in pericolo i diritti di donne, cittadini arabi, omosessuali.
Chi partecipa alle proteste?
Le manifestazioni vanno avanti da dieci settimane e sono diventate le più grandi nella Storia del Paese. Ormai in strada scendono anche conservatori moderati che hanno votato il Likud di Netanyahu, religiosi. Assieme alla comunità Lgbtq+ (preoccupata dalle frange oltranziste e dichiaratamente omofobe nella coalizione), alle donne, ai movimenti favorevoli a un accordo con i palestinesi. L’avanguardia è guidata dai riservisti dell’aviazione e delle forze speciali: sono considerati l’élite e minacciano di rifiutare la chiamata in servizio. La spaccatura coinvolge quindi le forze armante e i generali sono preoccupati che i Paesi o le organizzazioni nemiche possano approfittare di questo indebolimento. Le violenze in Cisgiordania sono quotidiane – i palestinesi uccisi quasi 80 dall’inizio dell’anno – e gli attacchi contro gli israeliani hanno causato 14 vittime.
Le paure per l’economia
Netanyahu ha ottenuto un master dalla Sloan School dell’Mit a Boston e si considera il creatore della start up nation o almeno delle condizioni finanziarie che l’hanno favorita. Anche gli avversari gli riconoscono il merito di aver costruito in questi quindici anni totali al vertice un’economia che continua a correre anche quando il mondo rallenta. Questo lascito traballa a causa del piano giustizia: i banchieri, i fondatori seriali di aziende hi tech, gli investitori internazionali temono che uno sbilanciamento tra i poteri, le crepe nella certezza del diritto, spingano alla fuga dei capitali.
Quali sono i possibili sbocchi alla crisi?
Il presidente Herzog ha già annunciato un paio di volte in diretta nazionale di aver approntato un compromesso e promette che la soluzione sia vicina. L’opposizione guidata da Yair Lapid e Benny Gantz (entrambi molto lontani dall’essere gli «anarchici insurrezionalisti» bollati dalla destra) chiede però che qualunque negoziato inizi solo dopo che il governo avrà fermato il processo per votare le norme. Invece gli uomini di Netanyahu stanno accelerando in commissione e in parlamento: sperano di far approvare i punti principali entro la fine del mese, prima delle festività ebraiche per la Pasqua.