Scozia, Nord Irlanda, Commonwealth. I rischi di un Regno dimezzato

Alessandra  Rizzo La Stampa 11 settembre 2022
Regno Unito e il futuro della monarchia: le nuove spinte indipendentiste minacciano l’unità
Molti Paesi vogliono tagliare i rapporti con l’ex impero. Carlo potrebbe trovarsi sovrano di un regno dimezzato

 

È stato l’erede al trono per molti, lunghissimi anni, ma ora che Carlo è diventato Re si trova davanti a un compito quanto mai difficile: preservare la popolarità di una monarchia improvvisamente priva dell’amata Regina, ed evitare di ritrovarsi sovrano di un regno dimezzato. All’interno, le spinte indipendentiste, soprattutto in Scozia e Irlanda del Nord, mettono a rischio la tenuta dell’unione; oltreoceano, altri stati del Commonwealth dopo Barbados stanno pensando di tagliare i legami con la Corona.

E Carlo deve affrontare queste sfide a 73 anni: è il re più anziano della storia britannica, e deve guadagnarsi l’affetto dei sudditi. La Regina Elisabetta era amatissima in ogni angolo del Regno Unito, e oltre, e il cambio della guardia a Buckingham Palace dopo 70 anni potrebbe offrire ai sudditi di Sua Maestà uno spunto di riflessione. Anche perché alla Casa Reale non mancano problemi e polemiche, tra un’eredità coloniale a dir poco problematica, le accuse di razzismo di Meghan e un Principe Andrea caduto in disgrazia dopo le accuse di abusi sessuali, da lui negate.

La tenuta del Regno Unito, in particolare dell’unione con la Scozia che dura da più di 300 anni, rappresenta per il nuovo re il rischio maggiore. Gli scozzesi hanno votato contro la secessione nel 2014 in un referendum che all’epoca venne definito come risolutivo per almeno una generazione. Ma la Brexit ha cambiato le carte in tavola, dando nuova linfa, e un nuovo appiglio, agli indipendentisti: la Scozia, progressista ed europeista, aveva votato contro il divorzio, e si considera ora trascinata fuori dalla Ue contro la sua volontà, per di più dagli odiati Tory.

Per ora il governo di Londra continua a negare il secondo referendum chiesto da Edimburgo, ma per quanto? E se nel 2014 l’allora premier Cameron poteva contare sul potere di Elisabetta, che con poche, discrete parole invitò i sudditi a «pensare attentamente» al futuro, quale ruolo, e quale peso, potrebbe avere Carlo? Secondo un recente sondaggio (realizzato prima della scomparsa della regina), più di un terzo degli scozzesi vede la fine della seconda era elisabettiana come un momento propizio per abolire la monarchia. Non un buon auspicio per il nuovo Re. «Probabilmente l’Unione è più in pericolo ora che la Regina se n’è andata», ha scritto il giornalista Andrew Neil. «Carlo può anche amare la Scozia tanto quanto la Regina, ma semplicemente non ha la sua stessa autorità».

Anche in Irlanda del Nord la Brexit ha creato nuove tensioni, sebbene i Troubles, il conflitto che per decenni ha insanguinato l’isola, siano fortunatamente lontani. Carlo ne è stato toccato profondamente e in prima persona: un suo prozio a cui era legatissimo, Lord Mountbatten, fu ucciso dall’Ira nel 1979. Come la Regina, ha fatto appelli e passi importanti verso la conciliazione. Ma i venti indipendentisti si fanno sentire. Mary Lou McDonald, leader dello Sinn Fein, partito nato come braccio politico dell’Ira, non fa mistero delle sue ambizioni: spera che il suo partito arrivi a governare da entrambi i lati del confine e che entro pochi anni si possa tenere un “border poll”, cioè un referendum sulla riunificazione dell’isola.

L’altro nodo cruciale è il Commonwealth, che potrebbe cessare di esistere nella sua forma attuale. Associazione piuttosto blanda di ex-colonie dell’Impero britannico, il Commonwealth conta oggi 54 Stati, di cui 14, escluso il Regno Unito, riconoscono il re come capo di stato. Ma il numero è destinato a diminuire. A novembre scorso, Barbados si è proclamato una repubblica, rimuovendo ufficialmente Elisabetta come capo di Stato, una cerimonia avvenuta alla presenza dell’allora principe Carlo. Nell’era del Black Lives Matter, il passato coloniale del Regno appare sempre più indifendibile. Elisabetta, finché le forze glielo hanno consentito, ha viaggiato in lungo e in largo per il Commonwealth, ma sostituirla non è facile.

Una visita dei pur popolarissimi William e Kate in Giamaica, Belize e Bahamas nel marzo scorso si è rivelata un disastro, tra proteste, gaffe ed eventi che sembravano usciti da quel passato coloniale che speravano di far dimenticare, inclusa una “photo-opportunity” in cui la coppia reale ha salutato centinaia di giovani confinati dietro una rete metallica. In Giamaica, il primo ministro ha detto in faccia a William che il Paese intende andare per la sua strada. Altri potrebbero cominciare a pensare la stessa cosa, inclusi stati di peso come l’Australia, dove la maggioranza dei cittadini dice di preferire una repubblica.

L’idea della monarchia perde colpi soprattutto tra i giovani. Secondo alcuni sondaggi Carlo è meno popolare non solo di Elisabetta, ma anche di William, che ora è diventato l’erede al trono. Ha da sempre, prima ancora della morte di Diana, un rapporto complicato con l’opinione pubblica. Ma negli ultimi anni, complice forse l’età, la sua immagine si è ammorbidita, e oggi può fare leva sull’ondata di emozione seguita alla scomparsa di sua madre. Nelle pochissime uscite pubbliche ha mostrato umanità e calore. Certamente farà di tutto per preservare il suo Regno

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