C’è anche una Londra che non piange la Regina

Gianni Riotta La Repubblica 11 settembre 2022
Brixton senza lacrime per la “regina bianca” il lutto non placa le ferite della Storia
Nel quartiere dove nel 1981 scoppiò una rivolta anti-razzista si discute di colonialismo. L’ex calciatore Sinclair: “I neri non la piangano”. In Kenya brucia il ricordo dell’impero


La Victoria Line della metropolitana non si ferma, sabato mattina, alla stazione di Green Park, troppi passeggeri in coda per render omaggio, a Buckingham Palace, alla regina Elisabetta II. E allora meglio restare a bordo fino al capolinea, Brixton. Qui, nel 1981, scoppiò una rivolta antirazzista che bruciò il quartiere, popolato dai cittadini delle West Indies, i Caraibi, i primi 1027 arrivati nel 1948, a bordo del “piroscafo Windrush”, seguiti fino al 1961 da altri 172.000 emigranti, finché il governo non restrinse gli accessi al Regno Unito.

Nessun segno di cordoglio sulla grande piazza Windrush, dedicata appunto alla leva di poveri e borghesi che rimpiazzarono, nelle fabbriche, ferrovie, ospedali, i vuoti della Guerra Mondiale. Due ragazzi parlottano, allungando ai passanti un volantino, con un nome in stampatello, “CHRIS KABA, 24 anni, disarmato, nero, in attesa del primo figlio, ucciso lunedì dalla polizia”.
Kaba, guidava la sua Audi, quando è stato speronato dagli agenti e freddato con un colpo di pistola. Un’inchiesta è in corso, ma i militanti di “Stand Up To Racism” lanciano picchetti e proteste: “La regina? Noi pensiamo a Chris” mormorano. Stesso tono in un capannello sotto il cippo di marmo “Ai caduti di origine Africana e Centroamericana delle Forze Armate Britanniche 1914-1918 1939-1945” eroi dimenticati: “Buckingham Palace? Noi saremo in marcia il primo di ottobre altroché, chiediamo lo stop alle bollette, troppo care, milioni di famiglie non ce la fanno più, organizziamo lo sciopero dei pagamenti, ci segua via www.dontpay.uk”.

L’altra Gran Bretagna sembra non credere alle lacrime per la regina, come i sudditi commossi sull’altra sponda del Tamigi. Al “Black Cultural Archives” una mostra riproduce stanze, abiti, vita quotidiana della Windrush Generation, la famosa Stufa Aladino con cui ci si scaldava dal gelo, i cappellini per la Messa domenicale, identici a quelli color confetto di Elisabetta, l’ananas di plastica per i cubetti di ghiaccio.

Un’anziana signora, sottobraccio al figlio in tuta sportiva nera, ricorda, “casa mia era così, stessi fornelli, stessa ghiacciaia. Sono arrivata bambina con la grande emigrazione, gli inglesi avevano bisogno di noi, migliaia dei nostri avevano combattuto in guerra, l’Impero era Patria. Ci han trattato male, salari bassi, discriminazione. La regina? Pregherò per lei ma…”. “Abbiamo altro in testa noi -la interrompe il ragazzo- Visiti questi archivi, i primi africani sono arrivati con i Romani lo sa? Nel 200 Dopo Cristo un reggimento nero difendeva il Vallo di Adriano, poi siam tornati schiavi”.

L’indifferenza di Brixton si distilla online in astio, denunciando “l’eredità imperialista di Elisabetta”. L’ex calciatore della Nazionale inglese Trevor Sinclair twitta “I neri non devono piangere la regina” perché non avrebbe contrastato il razzismo, finendo travolto dagli insulti, fino a dover cancellare il testo e rischiare il licenziamento dal programma SportTalk.

Al mercato di Coldharbour Lane, tra banchi di pesce fresco e tagli di capelli con lo scalpo rasoiato da Gents of Brixton Barber, il sabato di lutto nazionale non azzittisce il fragore delle steel band Caraibiche, ritmo reggae di Bob Marley, e un durissimo tweet di Uju Anya, docente di linguistica a Carnegie Mellon, fa ancor più chiasso: “Sento che la monarca a capo di un impero genocida di ladri e stupratori è finalmente morta. Che possa soffrire pene infernali”. La piattaforma Twitter, per lo più distratta, stavolta cancella l’insulto, non prima che lo stesso Jeff Bezos, patron di Amazon, lo abbia deprecato.

Maya Jasanoff, storica di Harvard, dalle colonne del New York Times, con altro stile, invita a, “rendere omaggio alla Regina, non al suo Impero” colpevole del razzismo in Sud Africa e della sanguinosa repressione in Malesia, Kenya, Cipro, Aden, Yemen, con Larry Madowo, reporter della Cnn, ad incalzare, “in Africa la reazione alla morte della regina è diversa, perché in milioni ricordano la violenza dell’Impero”.

Julius Malema, leader del partito sudafricano EEF, rompe l’etichetta accusando Elisabetta di “Atrocità durante il suo regno, senza mai essersi scusata”, mentre in Kenya l’avvocato Alice Mugo cita le torture comminate dagli inglesi ai militanti Mau Mau dal 1952 al 1960, inclusa sua nonna, e una delle ultime guerrigliere viventi critica online la regina.

Le due Londra son divise da lacrime, silenzio, Tamigi, Storia. La scrittrice Elizabeth Nolan Brown, della rivista Reason, propone “Lasciamo la gente celebrare, lasciamo la gente mettersi a lutto, restiamo aperti nelle emozioni. Intorno alla morte della regina c’è spazio per elogi calorosi e per un franco bilancio politico”, ma per avvicinare Coldharbour Lane a Buckingham Palace ci vorrebbe un esame di coscienza nazionale, che tra Brexit, crisi economica pochissimi sudditi di Re Carlo III sembrano intraprendere.

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