Ergastolo ostativo e riforma Cartabia, il governo fa i conti con le sue 3 anime e con l’agenda reale

Francesco Olivo La Stampa 30 Ottobre 2022
Governo Meloni, la grana Giustizia: ergastolo ostativo e riforma Cartabia i nodi da sciogliere
Domani nel Consiglio dei Ministri verrà inoltre anticipata la fine dell’obbligo vaccinale per i medici che hanno rifiutato il vaccino


 

Giorgia Meloni alla cerimonia di fronte alla tomba del Milite Ignoto presso l’Altare della Patria in occasione del 101esimo anniversario della partenza del treno che ha trasportato la salma del soldato a Roma per la sepoltura
L’era Meloni comincia con una gran fretta. Ci sono le emergenze, quella delle bollette su tutte, ma anche molte scadenze, a cominciare dalla giustizia. Il primo decreto del nuovo governo punta a blindare il carcere ostativo, il divieto ai benefici carcerari per i detenuti della criminalità organizzata non pentiti, rivendicato dalla premier anche nel suo discorso d’insediamento alla Camera. Con un altro provvedimento poi si rimanda di almeno due mesi l’entrata in vigore della riforma Cartabia, accogliendo le richieste della magistratura. Domani inoltre verrà anticipata la fine dell’obbligo vaccinale per i medici che hanno rifiutato il vaccino.

Giorgia Meloni si prepara a presiedere il suo primo Consiglio dei ministri, domani a mezzogiorno. Ieri ha depositato una corona di fiori al monumento del milite ignoto di piazza Venezia e poi si è chiusa a Palazzo Chigi. Nella sede del governo l’hanno raggiunta il ministro degli Esteri Antonio Tajani, quello dell’Interno Matteo Piantedosi e telefonicamente quello della Cultura Gennaro Sangiuliano.

L’intervento sulla giustizia è dettato dall’urgenza: sul cosiddetto carcere ostativo pende una sentenza della Corte costituzionale, che aveva dato tempo un anno e mezzo al Parlamento per cambiare una legge giudicata non in linea con i principi della Carta. La scadenza è l’8 novembre, così Giorgia Meloni ha deciso di riproporre una legge, approvata dalla Camera, che nei mesi scorsi Fratelli d’Italia aveva criticato. A Montecitorio, dopo un lungo negoziato, si era giunti a un compromesso, approvando una norma che, pur recependo le obiezioni della Consulta, manteneva gli ostacoli ai benefici per i carcerati che non collaborano con la giustizia. La legge poi si è fermata al Senato, a causa della crisi di governo. Il provvedimento era stato votato dalla vecchia maggioranza (Lega compresa), ma non da Fratelli d’Italia, che si era astenuta: «Per la destra dal carcere esci se non sei più mafioso, se invece rimani mafioso e non collabori in carcere ci rimani e ci muori», dichiarava allora Andrea Delmastro, responsabile giustizia del partito. Nonostante quelle critiche, domani il testo sarà ripreso interamente dal decreto, ma nel partito si punta a delle modifiche in senso più restrittivo nelle prossime settimane, magari attraverso un maxiemendamento. Matteo Salvini è entusiasta: «Bene, anche sulla giustizia finalmente si cambia». Ma Forza Italia proverà a cambiare il provvedimento per renderlo più garantista. Il problema principale di Meloni, però, sembra essere con il suo ministro della Giustizia, che a più riprese in passato ha dichiarato la sua contrarietà di principio al carcere ostativo, giudicato «un’eresia» contro la Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Proprio per marcare un ministro che a una settimana dal giuramento appare già isolato, Meloni sta pensando di nominare sottosegretario il fedelissimo Delmastro. La decisione non è ancora presa e potrebbe arrivare nel cdm di domani. Il provvedimento, spiegano fonti di Palazzo Chigi, «è essenziale nel contrasto alla criminalità organizzata». «Una corsa contro il tempo – ragionano fonti di governo – per garantire sicurezza sociale e impedire che ai detenuti mafiosi possano aprirsi le porte del carcere pur in costanza del vincolo associativo».

Il Pd mette in risalto una contraddizione, la presunta svolta di Meloni sulla certezza della pena, consisterebbe in realtà in una retromarcia: «Sull’ergastolo ostativo si applichi la sentenza della Corte Costituzionale e si riprenda il testo approvato dalla Camera», dice Anna Rossomando, responsabile giustizia del Pd.

L’altro fronte è il rinvio della riforma Cartabia, che sarebbe entrata in vigore martedì prossimo e che non vedrà la luce prima del primo gennaio. La proroga è tecnica e non politica, spiega una fonte di FdI. In sostanza il governo ha raccolto l’appello di gran parte delle procure italiane, che avevano lanciato l’allarme nei giorni scorsi: «Gli uffici giudiziari non sono pronti». Ma il sospetto delle opposizioni è che dietro a questa proroga si celi la volontà di sabotare la riforma: «Il rinvio rischia di buttare a mare due anni di lavoro e di mettere a rischio i fondi Pnrr», dice il capogruppo alla Camera, Debora Serracchiani. Si mobilitano anche gli avvocati: l’Unione delle Camere penali ha convocato d’urgenza per oggi la sua giunta.

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