Pd, braccio di ferro in Assemblea per limitare il potere dei big

Carlo Bertini La Stampa 20 novembre 2022
Pd, guerra alle correnti: braccio di ferro in Assemblea per limitare il potere dei big
Oggi discesa in campo ufficiale di Stefano Bonaccini

 

Alla fine, batti e ribatti, il nodo è venuto al pettine: il giorno del via al congresso Costituente, alla vigilia della discesa in campo ufficiale di Stefano Bonaccini, nel chiuso dell’assemblea Nazionale che lancia le primarie il 19 febbraio, si consuma il primo vero scontro nel Pd sull’esistenza in vita delle correnti. Il primo round si chiude con una tregua che rinvia la resa dei conti più avanti: ma la botta lascia sul campo ferite e rancori. Molte delle aree che detengono il potere del partito (quelle di Franceschini, Guerini, Cuperlo, Orfini) fanno scendere in campo un esponente per fare a pezzi la mozione di Marianna Madia e Lia Quartapelle che chiede di abolire le correnti, superando le liste bloccate per eleggere i membri dell’Assemblea, il parlamento dem.

Quartapelle si rivolge a Franceschini, capo di Areadem, punto di riferimento dei cattolici democratici, che ieri aveva difeso le correnti come «una forza» del Pd: «Caro Dario, in tutti i grandi partiti della socialdemocrazia esiste una destra, una sinistra, correnti femministe e ambientaliste, un’articolazione di pensiero, ma non di potere. Quali sono le idee che le correnti stanno portando? Si appoggia chi conviene di più appoggiare, una realtà che sta facendo molto male al partito». Un j’accuse contro «sistemi che non permettono la partecipazione spontanea dal basso e tutti i segretari del Pd hanno avuto questo problema: o lo affrontiamo o il partito rischia grosso».

Enrico Letta sarebbe d’accordo, «ma non è il momento di battaglie personali – dice ai suoi – anche perché nessuno è esente da affiliazioni correntizie». Non fa mettere ai voti la mozione per timore (o certezza) di una bocciatura sonora che si trasformerebbe in un boomerang contundente per il partito. Però si impegna a far sì che «giovedì in Direzione venga nominata una commissione di garanzia per il congresso senza criteri correntizi, composta da personalità autonome ed equilibrio di genere»; idem per la commissione Costituente «che individui le tematiche chiave attorno cui costruire il percorso congressuale». Ma sul punto più spinoso dell’elezione dei mille delegati della prossima assemblea nazionale per filiere correntizie, ovvero sull’abolizione delle liste bloccate collegate ai vari candidati alla segreteria, farà l’arbitro: «Io sono favorevole, ma la discussione è rinviata alla prossima seduta sulle regole congressuali».

Il segretario vuole dare una scossa positiva, convoca per il 17 dicembre una manifestazione di piazza, forse a Roma, «per il nuovo Pd».

Gianni Cuperlo però liquida così la faccenda: «Risparmiamoci appelli a sciogliere le correnti da pulpiti edificati su altre correnti», dice tagliente, alludendo alle varie aree da cui sono passate nella loro carriera politica le due presentatrici della mozione. Seguono Alessandro Alfieri (Base Riformista), Francesco Verducci (Sinistra di Orfini), Alberto Losacco (Areadem). Molti concordano ma non accettano il modo con cui si solleva la questione, il sistema si chiude a riccio.

Peppe Provenzano, uno dei leader della sinistra, difende le aree politiche «ma non le filiere personali che portano a meccanismi degenerativi. C’è nel Pd chi dall’alto delle sue cinque legislature ha sostenuto tutto e il suo contrario…».

Ma il tema si lega anche al flop del tesseramento, riferito da un segretario provinciale di Rovigo: «E’ un grande fallimento, la nostra classe dirigente è la stessa da 15 anni e sono stufi di tutto ciò».

Chi è fuori dalle filiere, plaude al varo del congresso aperto agli esterni: «Dalla comunità democratica arriva un segnale inclusivo. Ora partecipiamo, con idee e proposte sulle tante sfide», è il saluto di Elly Schlein, che sarà la seconda donna, insieme a Paola De Micheli, a candidarsi. Stefano Bonaccini scioglierà la riserva oggi («è il momento di impegnarsi»), altri come Dario Nardella e Matteo Ricci sono in pista. I tempi stringono: l’Assemblea nazionale del Pd ieri ha suonato il gong: con un margine stretto (553 voti su mille delegati), ha dato il via al percorso: entro il 19 febbraio (elezioni regionali in Lombardia permettendo, altrimenti una settimana dopo) saranno allestiti i gazebo. Da qui al 22 gennaio si terrà la fase Costituente per aprire il partito all’esterno e far entrare nuovi aderenti, con cui discutere di nodi politici, organizzazione del partito e valori. «Un Congresso costituente aperto alla società e a chiunque voglia contribuire alla rigenerazione del partito democratico», dice Letta.

Dal 27 gennaio al 12 febbraio gareggiano i vari candidati alla segreteria, con il voto nei circoli: i due che avranno più suffragi, si misureranno il 19 con il voto di militanti e simpatizzanti. Sì perché ieri è stata varata pure «la norma salva-Schlein», appunto: che consente di votare e di essere votato come leader a chi si iscrive anche all’ultimo minuto entro gennaio.

 

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