Juventus, le intercettazioni: «Come Calciopoli, ma …»

Simona Lorenzetti e Massimiliano Nerozzi Corriere della Sera 1 dicembre 2022
Juventus, le intercettazioni: «Questa è come Calciopoli, ma ce la siamo creati da soli…»
I dialoghi intercettati che hanno portato alle dimissioni del Cda, da Agnelli a Nedved ad Arrivabene: «Tanto la Consob la supercazzoliamo…» «Un solo paragone: Calciopoli. Lì c’era tutto il mondo che ci tirava contro, questa ce la siamo creata noi».

«Tanto la Consob la supercazzoliamo», diceva a un collega il direttore finanziario della Juve Stefano Cerrato, parlando dello scambio con il Marsiglia Tongya/Aké e valso una plusvalenza di 8 milioni. L’intercettazione è del 15 ottobre 2021 e l’ispezione dell’organo di vigilanza, avviata tre mesi prima, era ormai alle battute finali. Ma era stato l’innesco per la richiesta di intercettazioni firmata dall’aggiunto Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Ciro Santoriello. Tema della verifica sono le presunte plusvalenze sui giocatori. E in quei mesi si scatena un giro di telefonate nei quali i dirigenti parlano a ruota libera di quanto sta accadendo e studiano manovre difensive per uscire indenni da quella verifica. Ignari che, dal 14 luglio, in ascolto c’è la guardia di finanza.

È dalle telefonate intercettate che emergerebbe come la Juve speri di arginare la Consob, o meglio di «supercazzolare» gli ispettori. L’espressione, da Amici Miei, è appunto di Cerrato. Dopo aver parlato dell’affare Arthur-Pjanic con il suo predecessore Stefano Bertola (capo dell’area business), solleva la cornetta per fare la stessa cosa con Roberto Grossi, revisore di Ernst&Young per dirgli di aver preparato la relazione: «Penso, che però, sarebbe opportuno dargli (alla Consob, ndr) un riferimento più o meno di principio contabile o di qualche cosa, cioè posso io supercazzolarli in modo più raffinato? Invece di dire solo questo?».

Si tratta di memorie che, secondo i magistrati, sarebbero state scritte proprio con l’aiuto del revisore: una presunta stesura a quattro mani che sarebbe confermata da un’altra intercettazione, del 26 ottobre. Il momento è delicato, perché gli ispettori stanno sollevando contestazioni sul principio contabile della permuta. La memoria — stando ai documenti sequestrati — sarebbe stata inviata al revisore via mail «per condividerla». E il giorno dopo, Grossi consiglia Cerrato di non usare il termine «aleatorietà», che «è troppo forte», ma di prediligere «soggettività». E aggiunge: «Non dite che non usate Transfermarkt, dite che qualche volta lo usate». Tutti dialoghi catturati dai finanzieri, che un mese più tardi si presenteranno negli uffici della Juve con un mandato di perquisizione firmato dai pm.

Morale: intercettare i dirigenti bianconeri durante l’ispezione della Consob si rivelerà estremamente prezioso per gli inquirenti che ora contestano ai vertici del club — Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene e ad altri manager — false comunicazioni sociali per tre bilanci (dal 2018 al 2020), ostacolo alla vigilanza, aggiotaggio e false fatturazioni. Sotto accusa ci sono le presunte «plusvalenze artificiali» e le «manovre stipendi» sul differimento delle mensilità dovute ai calciatori nei mesi di pandemia.

E proprio le plusvalenze sono al centro di una lunga conversazione tra il ds Federico Cherubini e Bertola. La sera del 22 luglio i due prenotano un tavolo al ristorante «Cornoler», a due passi dal centro e dalla vecchia sede della Juve. Poco prima dell’appuntamento i militari del nucleo di polizia economico finanziaria riescono a piazzare le microspie. Sarà l’unica intercettazione ambientale dell’inchiesta, ma una delle più produttive, dal punto di vista investigativo, con oltre tre ore di conversazione captate.

Ovviamente, si parla di pallone e affari, di plusvalenze e del capo dell’area tecnica Fabio Paratici, che da pochi giorni aveva lasciato il club. «Io l’ho detto a Fabio (Paratici, ndr): è una modalità lecita ma hai spinto troppo», dice Cherubini. «E lui mi rispondeva: “Non ci importa nulla, perché negli scambi se metti 4 o metti 10 è uguale, nessuno ti può dire nulla”». Il ds insiste: «Fabio ha avuto carta libera». La discussione è tale che Bertola confida: «La situazione è davvero delicata. Io in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Lì c’era tutto il mondo che ci tirava contro, questa invece ce la siamo creata noi».

Parole inequivoche per gli investigatori, ma che secondo un’interpretazione difensiva potrebbero avere un’altra chiave di lettura: un parallelo tra le difficoltà della società nel periodo post Calciopoli — con i calciatori in fuga e la squadra in B — e l’attuale, con il caos Superlega e i bilanci in crisi per il Covid. Bertola non è mai andato a parlare con i magistrati. Per ora, per lui e gli altri indagati, parlano le intercettazioni. Come quella di un altro manager che sottolinea la necessità di dare risposte alla Consob perché non si può dire agli ispettori che «il bilancio è un atto di fede».

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