La narrazione entusiasta del conflitto e di un’intesa a tempo

Giuseppe Sarcina Corriere della Sera 22 dicembre 2022
Lo scontro con Putin, l’America unita su Kiev
Il presidente Usa invia i missili Patriot; il Congresso rilancia ancora, mettendo a disposizione un fondo di altri 45 miliardi di dollari che si aggiungono al pacchetto da 40 varato il 19 maggio scorso

 

Il primo messaggio che Volodymyr Zelensky ha portato alla Casa Bianca e al Congresso degli Stati Uniti riguarda tutto il mondo, soprattutto noi europei. Lo scontro con la Russia è sempre furibondo e il leader ucraino si aspetta che nei prossimi mesi la guerra divamperà ancora più crudele, ancora più totale. Il blitz washingtoniano di Zelensky è stata un evento molto importante: la prima uscita dal Paese dopo 300 giorni nel bunker o sui campi di battaglia. È stata piena di calore, anche emozionante. Ma, purtroppo, non ha alimentato la speranza che sia alle viste un negoziato. Non paiono esserci neanche le condizioni per una semplice tregua, per un provvisorio «cessate il fuoco». Il concetto di «pace giusta», sottoscritto dagli ucraini e appoggiato dagli americani e dagli europei, è incompatibile con i piani devastanti di Vladimir Putin. Il conflitto continuerà allora, nonostante l’Amministrazione Biden mantenga aperti quattro canali di comunicazione con Mosca: Consiglio di Sicurezza nazionale, Dipartimento di Stato, Pentagono e Cia. Lo sappiamo: sono state le armi degli americani che hanno consentito a Zelensky di organizzare la resistenza e, da qualche mese, di progettare la «reconquista» del territorio violato dai russi. Crimea compresa, a quanto pare.Il secondo segnale, quindi, proviene da Biden, è indirizzato a Putin e fa parte della categoria epocale del «Whatever it takes».

Al Cremlino non si facciano illusioni: gli Stati Uniti continueranno ad appoggiare Zelensky anche nel 2023. Il presidente Usa invia i missili Patriot; il Congresso rilancia ancora, mettendo a disposizione un fondo di altri 45 miliardi di dollari che si aggiungono al pacchetto da 40 varato il 19 maggio scorso.

Nelle ultime settimane a Washington si era diffusa l’idea (o il timore a seconda dei punti di vista) che i repubblicani, una volta conquistata la maggioranza della Camera, avrebbero tagliato gli aiuti destinati a Kiev. La nuova legislatura comincia il 3 gennaio prossimo, ma l’atteggiamento complessivo del Parlamento è rimasto lo stesso, almeno per quanto riguarda le armi: diamo agli ucraini tutto ciò di cui hanno bisogno, perché Putin non deve vincere questa guerra. Solo la quota dei repubblicani trumpiani e la sinistra democratica (Alexandra Ocasio Cortez e in parte Bernie Sanders) spingono per ridimensionare l’impegno bellico, ma non hanno i numeri per cambiare le scelte del Congresso.

In ogni caso sarà ancora Biden a regolare i flussi, come è accaduto fin dal 24 febbraio 2022, il giorno dell’attacco russo. Il presidente Usa ha sempre fatto la tara alle richieste di Zelensky con l’obiettivo di non uscire dal perimetro fissato dalla Carta delle Nazioni Unite: «sì» alla «guerra giusta» per difendere la sovranità e l’integrità territoriale. Finora Biden ha garantito la tenuta dell’esercito ucraino da tutti i punti di vista: quantità e qualità degli ordigni consegnati; informazioni di intelligence; addestramento tecnologico. Ieri, però, ha spiegato a Zelensky che l’industria militare americana fatica a soddisfare le commesse del Pentagono. I ritardi possono durare anche mesi per una serie di problemi legati al reperimento delle materie prime o alle forniture dei semilavorati. È un fenomeno che tocca un po’ tutti, come ci ha confermato Tom Bell, vice presidente per la vendite globale e per il marketing nel settore Difesa di Boeing, azienda impegnata, tra l’altro, nella fabbricazione di alcune componenti dei Patriot.

Vladimir Putin, quindi, ha torto su tutta la linea, tranne che su un punto: Zelensky ha le mani sul volante della macchina da guerra ucraina, ma è Biden che controlla freni e acceleratore. È il presidente americano a dettare i tempi o meglio il «respiro della battaglia», come ama ripetere il suo Segretario alla Difesa, il generale Lloyd Austin. Non è una teoria cospirativa, non è un auspicio: è un dato di fatto. Basta esaminare la contabilità del conflitto. Prendiamo i numeri elaborati da una fonte autorevole come l’Ifw, «Institute for the World Economy», centro studi con sede a Kiel, nel nord della Germania. Alla fine di novembre del 2022, gli Stati Uniti hanno stanziato 22,86 miliardi di euro per inviare armi all’Ucraina, contro i 3,1 dell’Unione europea, i 4,1 del Regno Unito, i 2,4 miliardi della Germania, i 470 milioni della Francia, i 310 milioni dell’Italia.

Vero: se si considerano anche gli aiuti umanitari, il sostegno finanziario ed economico, la Ue, prima della nuova infornata decisa dal Congresso Usa, aveva sorpassato l’America: 51,8 miliardi di euro, contro 47,8.

Il terzo significato, il più politico, della visita di Zelensky è proprio questo. Vanno bene le «conferenze internazionali» organizzate da Macron; bene i fondi per riparare la rete elettrica; bene i 30 milioni di lampadine «Led» promesse da Ursula von der Leyen. Ma le priorità assolute sono i missili Patriot, i sistemi di difesa antiaerea, le munizioni, l’artiglieria pesante, i carri armati. Per Zelensky è importante parlare con i francesi, i tedeschi o gli italiani, ma è assolutamente vitale tornare a chiedere «armi, armi, armi» a Biden, cioè all’uomo che nel corso del 2022 è diventato il «Commander in Chief», il comandante militare, dell’intero Occidente.

Era, dunque, logicamente inevitabile che il leader ucraino, alla sua prima uscita scegliesse l’America. Biden, chiaramente, ma anche la Speaker Nancy Pelosi, fautrice convinta dell’attivismo parlamentare. I capi di Stato e di governo europei sicuramente avranno di che riflettere sulle implicazioni di questo passaggio. Biden, seguendo la strategia avviata da Barack Obama e poi da Donald Trump, stava pianificando il disimpegno graduale dal Vecchio Continente. Ma dopo l’attacco russo, la leadership militare americana è tornata a essere il fattore decisivo della sicurezza europea. La foto di Biden con la mano sulla spalla di Zelensky, vestito da soldato, ne è l’immagine copertina.

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