Meloni supera l’esame Europa, ma non quello della solidità della coalizione

Stefano Folli La Repubblica 22 dicembre 2022
Se il potere logora il destra-centro
Il modo confuso e compresso nei tempi attraverso cui si arriva ad approvare la legge di bilancio non è una novità. Quasi ogni anno, con rare eccezioni, si ripete la scena a cui assistiamo in queste ore.

L’immagine del governo risulta intaccata — è un eufemismo — e il Parlamento viene offeso. Quella delle due Camere che affronta per prima l’esame del testo dispone di un paio di giorni, in genere anche meno, a ridosso di Natale; l’altra, a un centimetro da Capodanno, ha un ruolo meramente ancillare, dal momento che una correzione, anche minima, comporta un ritorno alla prima assemblea. E l’esercizio provvisorio è dietro l’angolo.
Cosa cambia allora quest’anno, e in peggio? Il fatto che era lecito attendersi un cambio di passo dal governo di destra-centro, titolare di una maggioranza solida e appena conquistata nelle urne dopo un lungo periodo di esecutivi deboli o comunque definiti “tecnici”. Il governo Meloni aveva l’occasione di far vedere che l’aria era cambiata, in sintonia con la retorica di cui la destra ha sovente abusato.
E ovviamente la legge di bilancio, la vecchia finanziaria, era perfetta per dimostrare quali fossero le carte che il nuovo equilibrio politico metteva sul tavolo. S’intende che le scelte dell’alleanza FdI-Lega-FI sarebbero state diverse da quelle di un esecutivo di centro-sinistra: ma qui si sarebbe entrati sul terreno della polemica politica. Peraltro, prima di questo legittimo e scontato esito, la destra aveva l’opportunità di imporre un metodo nuovo grazie alla sua forza parlamentare. Dunque più di uno, anche dai banchi dell’opposizione, si attendeva scelte chiare, a dimostrazione della coesione interna della coalizione, e massimo rispetto verso un Parlamento che non aveva bisogno di essere esautorato una volta ancora. In breve, questo scenario avrebbe rinforzato il profilo del destra-centro e certo non poteva essere gradito dalle parti delle sinistre.
Vediamo invece in queste ore come l’occasione è stata sprecata. Ed è singolare, se si pensa che la legge era stata nel complesso approvata dall’Unione. Con alcuni rilievi, vero, e qualche bocciatura su questioni di bandiera (ad esempio il famoso uso del contante). Ma nel complesso l’Europa non aveva messo in difficoltà Roma più di tanto. È passata la linea secondo cui il governo di destra ha diritto ad avere la sua chance ,mentre l’isolamento provocherebbe conseguenze rischiose e forse innescherebbe l’effetto contagio temuto da qualche cancelleria. In altre parole, la cornice non era ideale, data la scarsezza delle risorse economiche, ma nemmeno negativa. E una maggioranza solidale aveva gli strumenti per superare l’ostacolo del bilancio.
Viceversa il destra-centro ha cominciato a regolare i suoi conti. Due partiti in crisi di voti e di idee, Forza Italia e Lega, hanno tentato di imporre una serie di emendamenti — tra cui lo scudo penale per gli evasori — che Giorgia Meloni ha accolto nella speranza che poi si rivelassero impraticabili nella realtà. Così pare sia avvenuto, ma a quale prezzo? Sono ormai visibili le crepe e le incomprensioni che corrodono il destra-centro. E l’immagine dell’esecutivo per la prima volta risulta indebolita. Come è logico, né Berlusconi né Salvini hanno la forza e nemmeno l’intenzione di mettere in crisi la compagine. Non saprebbero dove andare. Ma intanto inaugurano la solita tattica del logoramento.
Troppo deboli per imboccare un’altra strada, ancora abbastanza solidi per rifiutare di allinearsi senza un fiato alla leadership meloniana. La legge di bilancio poteva costituire una discriminante positiva per la maggioranza, invece si rivela uno spartiacque negativo. A gennaio la presidente del Consiglio dovrà dare slancio al suo governo, se non vorrà farsi davvero logorare. Con l’economia ancora incerta, i temi da cui ripartire saranno soprattutto due: la riforma fiscale e quella della giustizia.

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