Meloni riunisce i fedelissimi. È battaglia sui ministri di Forza Italia

Tommaso Ciriaco La Repubblica 14 gennaio 2023
Meloni riunisce i fedelissimi. È battaglia sui ministri di Forza Italia
La premier mette il bavaglio ai suoi parlamentari e convoca gli uomini di punta di FdI dopo il dietrofront sulle accise. Prevista la presenza del presidente del Senato. Berlusconi critica i forzisti nel governo: “Incidono poco”, ma la leader li loda

Dettagli di un assedio, parte prima: lunedì pomeriggio Giorgia Meloni riunirà lo stato maggiore di FdI. Non sarà un conclave, piuttosto un gabinetto d’emergenza aperto a pochissimi dirigenti. La premier è preoccupata, anzi furiosa per una settimana disastrosa spesa inseguendo accise e scioperi, decreti che cambiano, alleati che si rivoltano, social che la sconfessano. Pretende compattezza, teme una flessione di consenso. E si muove. Gli inviti al vertice raccontano di un clima pesantissimo: ci saranno Francesco Lollobrigida, Guido Crosetto, il sottosegretario alla Presidenza Giovanbattista Fazzolari, i due capigruppo di Camera e Senato, il ministro per i Rapporti con il parlamento Luca Ciriani e il presidente del Senato Ignazio La Russa. Forse qualche altro selezionatissimo ospite. Con loro, Meloni intende studiare come rilanciare l’esecutivo e trasformare la narrazione – a suo dire ostile – su cui è inciampato il governo. Ma soprattutto, vuole individuare la strada migliore per sedare le voci dissonanti che minano la credibilità della maggioranza. La rabbia si concentra sui falchi azzurri, il sospetto è che la faida fratricida sia stata orchestrata da un regista con la residenza ad Arcore.

Non è ciò che appare a spaventare, ma quello che resta sotto il pelo dell’acqua. Non è un mistero che Meloni senta poco Silvio Berlusconi, figurarsi se confida in lui. Prima della nascita dell’esecutivo si sono consumati rapporti, bruciati legami. Per non parlare della fiducia che Palazzo Chigi e la cerchia dei fedelissimi meloniani ripone in Licia Ronzulli e Giuseppe Mangialavori (tenuti fuori dal governo per un veto della premier), ma anche su Giorgio Mulé e sul resto della pattuglia di forzisti vicini all’anziano leader. Per tutte queste ragioni, la premier è convinta che sia inutile scendere a compromessi o tentennare. La strategia non prevede dunque il riconoscimento dell’ala critica, semmai il consolidamento del rapporto con chi invece si mostra leale. Ecco perché nelle ultime ore la presidente del Consiglio e Berlusconi hanno intensificato la battaglia su un punto: il controllo dei ministri azzurri.

È la promessa di una frattura futura, l’ago della bilancia da cui dipenderà nei prossimi mesi la navigazione dell’esecutivo. Per questo, Meloni loda sempre più spesso la “lealtà” dei cinque berlusconiani al governo. E invita i suoi a tenere il punto, con ragionamenti che suonano così: “Il consiglio dei ministri è compatto, i ministri di FI lavorano benissimo. Finché è così, andiamo avanti tranquilli. E senza compromessi”. Eppure, è questo lo scricchiolio che può diventare boato.

Da Arcore non arrivano buone notizie. Che il Cavaliere si lamenti di Meloni non è una novità, “non mi chiama mai, non vuole farsi consigliare, pensa di poter fare da sola”. Il problema è che adesso inizia a sospettare anche dell’atteggiamento della squadra azzurra. Sulla benzina, ad esempio, li ha osservati. E ha iniziato a dubitarne almeno un po’, tanto da averlo confidato addirittura a uno di loro: “Capisco che fai il massimo, che la situazione non è semplice, ma mi sembra che non riusciate a incidere”. L’embrione di una resa dei conti che, prima o dopo, arriverà. E non è finita qua.

Dettagli di un assedio, parte seconda: ieri mattina Meloni si presenta a Montecitorio, prende posto nel suo ufficio. A cento metri c’è Palazzo Chigi, ma la premier appena può preferisce trincerarsi nel suo studio. Si sente a suo agio, è circondata da persone fidate, preferisce così. Riceve alcune visite, tra cui quella del candidato governatore del Lazio Francesco Rocca. È una sua scommessa, anche se i sondaggi non sono alti come dovrebbero. Mentre Meloni è alla Camera – e nelle ore in cui valuta anche di allargare la sua squadra di comunicazione – inizia a circolare un messaggino. L’ha inviato il gruppo FdI di Montecitorio a tutti i parlamentari. Chiede ai deputati di FdI che utilizzano personale diverso dell’ufficio stampa del gruppo di inoltrare in via preventiva i comunicati per la stampa, in modo da essere vagliati e poi inviati alle agenzie dai responsabili comunicazione ufficiali. “Ciò sia per favorire lo sviluppo di una comunicazione coerente, sia per evitare la diffusione di prese di posizione relative a temi sui quali si è deciso di non intervenire”. Di fatto, nasce una centrale che valuta – ed eventualmente blocca – quanto i deputati intendono dichiarare pubblicamente.

 

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