Donne e scienza, siamo indietro

Linda Laura Sabbadini La Stampa 20 gennaio 2023
Donne e scienza, siamo indietro
Sono ancora poche le donne che studiano le materie Stem, le materie scientifiche, informatica e tecnologie, ingegneria civile e industriale, architettura. Rappresentano il 20,9% delle immatricolate, il 16,2% delle iscritte e il 18, 4% delle laureate.

 

Negli uomini il peso è molto maggiore e arriva intorno al 40%. Pesa la scarsa presenza di donne nei corsi in primo luogo di informatica e tecnologia (14%), seguito da quello di ingegneria industriale (24%). Si eleva la presenza in architettura e soprattutto nelle altre materie scientifiche, matematica, biologia con il 60% di presenza femminile.

Il gap di genere nell’accesso alle materie Stem non rappresenta un problema solo per le donne italiane. Tutti i Paesi ce l’hanno. Ma noi siamo in una fase più arretrata degli altri. Perché la percentuale si riferisce a un numero di laureate molto più basso degli altri Paesi. I nostri giovani si laureano molto meno dei loro coetanei europei. E ciò avviene anche per le donne. Anche perché si è diffuso lo stereotipo che il titolo di studio non serve per trovare un lavoro. E invece durante tutte le crisi che si sono susseguite i laureati hanno pagato un minor prezzo rispetto agli altri in termini di occupazione. E questo vale ancora di più per le donne, soprattutto nel Mezzogiorno. Non che non siano state colpite, ma meno delle diplomate e delle altre. Per questo il problema delle Stem è più grave nel nostro Paese, perché le laureate Stem sono il 20% circa di un numero più piccolo di laureate.

Capite questo che significa? Che il mondo della scienza, che ha bisogno di una grande multidimensionalità di approcci, soffre della loro minore presenza nel nostro Paese. Se ne parlerà oggi nel convegno organizzato da Radio3 per i 20 anni di Radio3 scienza. Con la presenza di tante scienziate che racconteranno le loro splendide storie. Perché, intendiamoci, di donne eccellenti nella scienza ne abbiamo tante in Italia. Ma ne servono tante, tante di più.

Ma allora, interroghiamoci sul perché così poche donne si avvicinano alle materie Stem. C’è un elemento che pesa molto. Fin da piccole le donne sono ingabbiate dentro stereotipi di genere che le penalizzano. Stereotipi che le incanalano in ruoli rigidi e che prefigurano il loro futuro. Viene loro insegnato che gli scienziati sono maschi, e così i capi. Gli insegnanti sono femmine e così le commesse. Che la matematica non fa per loro. E così l’ingegneria e la tecnologia.

Lo stereotipo è un contenuto semplicistico, generico, che si basa su un ragionamento non corrispondente alla realtà, per questo sbagliato, che viene interiorizzato rigidamente. Gli stereotipi possono essere considerati il nucleo cognitivo del pregiudizio e il primo passo verso la discriminazione. Per questo sono estremamente pericolosi. Ma non potremo mai eliminarli. Sono processi cognitivi inconsapevoli.

Allora per combatterli è fondamentale dotarsi di una strategia per sviluppare nelle persone la consapevolezza dell’esistenza degli stereotipi. Quelli di genere vengono interiorizzati a partire dall’infanzia, attraverso l’educazione dei genitori, della scuola, complici i libri di testo e dei mass media. Si trasformano in autoprescrizioni di modelli e comportamenti ai quali aderire. E se tu non ti adegui paghi socialmente, ne rimani sanzionato.

Ne ha scritto benissimo Elena Gianini Belotti, grande pedagogista recentemente scomparsa, nel suo splendido libro uscito nel 1973, “Dalla parte delle bambine”.

E allora creiamo le condizioni perché la parte inconsapevole degli stereotipi di genere e non solo, sia eliminata. In tutti i corsi di laurea, anche di informatica e ingegneria, si studino gli stereotipi, non solo a psicologia. Perché tutti dobbiamo essere coscienti che inconsapevolmente possiamo trasmetterli. Mettiamo in atto una vera e propria strategia. E vedrete quante più donne ameranno la scienza e la tecnologia. Le barriere crolleranno. E la scienza se ne avvantaggerà.

 

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