Marco Bresolin La Stampa 10 febbraio 2023
L’Ue apre alla fornitura di jet: “Ma serve il via libera Nato”
Il leader ucraino: «A Parigi decisioni importanti, non posso rivelarle». Si accelera sui carri armati, mentre sull’adesione manca l’unanimità
«La questione dei missili a lungo raggio e degli aerei da combattimento è stata risolta». Sono le 13.45 quando Andriy Yermak prende in mano il telefono e scrive un messaggio su Telegram. Yermak è il capo dell’ufficio di Volodymyr Zelensky e il suo messaggio arriva al termine della seduta del Consiglio europeo con il presidente ucraino, durante la quale tutti i partecipanti erano stati invitati a spegnere i loro telefoni. Passano pochi minuti e Yermak modifica il suo messaggio, inserendo un elemento di cautela: «Sembra che la questione dei missili a lungo raggio e degli aerei da combattimento possa essere risolta».
Dietro a questo episodio c’è tutta l’ambiguità che ha accompagnato la visita di Zelensky a Bruxelles sulla questione della fornitura di aerei da combattimento. Da parte dei leader Ue non c’è stata una chiusura netta, come nelle scorse settimane. E questo è già indubbiamente un passo avanti. Ma non c’è stata nemmeno una chiara promessa come dalla parte del governo britannico. «La mia visita a Londra ha portato frutti concreti – ha messo subito in chiaro Zelensky nel palazzo del vertice Ue – e non posso permettermi di tornare in patria senza risultati.
Dovete capire che quando aiutati gli ucraini, aiutate voi stessi». «È vero, dobbiamo fare di più», ha spronato i colleghi Mateusz Morawiecki, che con gli altri leader dei Paesi baltici si è detto favorevole all’invio di jet. Ma a una condizione: «Dobbiamo agire nel quadro della Nato. E il primo passo devono farlo i Paesi che hanno più jet o che hanno jet più moderni». Vale a dire Francia e Germania.
Il premier polacco è stato uno dei sei capi di Stato e di governo a prendere la parola al tavolo dopo il discorso di Zelensky, insieme con lo svedese Ulf Kristersson, il lituano Gitanas Nauseda, lo spagnolo Pedro Sanchez, lo slovacco Eduard Heger e l’olandese Mark Rutte. Anche quest’ultimo ha invitato i colleghi alla cautela «perché nessuno di noi vuole uno scontro tra la Russia e la Nato». Sui jet, riassume una fonte Ue informata sulle discussioni, «i leader hanno tenuto un’ambiguità costruttiva». Il presidente ucraino li ha ascoltati ed è parso moderatamente soddisfatto: «Ci sono segnali positivi per quanto riguarda le armi. Mi sembra che ci siamo capiti e voglio davvero che questi segnali si trasformino in voci concrete».
La questione è stata poi affrontata in quattro mini-riunioni con altrettanti gruppi di 6-7 Paesi. Ma la vera strategia era stata definita mercoledì sera a Parigi con Emmanuel Macron e Olaf Scholz. «C’è stata una riunione molto importante e positiva – ha spiegato Zelensky – in cui abbiamo preso decisioni concrete che non posso annunciare pubblicamente». Secondo fonti diplomatiche europee, si è deciso che al momento bisogna accelerare e incrementare il più possibile la consegna dei carri armati e al tempo stesso fare passi avanti sui missili a lungo raggio, lasciando sullo sfondo l’ipotesi dei jet. Per la quale, però, non ci sarebbero ancora impegni concreti.
Zelensky ha poi insistito sull’altra sua grande richiesta: vuole che i negoziati di adesione inizino entro la fine dell’anno. L’Ucraina ha ottenuto nel giugno scorso lo status di candidato, ma ora vuole che il dossier faccia dei passi avanti concreti. «Ci serve per motivare il nostro esercito – ha spiegato il leader ucraino – per dirgli per cosa stiamo combattendo. I negoziati devono iniziare quest’anno e quando dico quest’anno intendo 2023, venti-ventitré. Capito Charles?». Michel, imbarazzato, si è difeso dicendo di sentire «tutta la responsabilità».
Ma c’è un ma: «È una decisione che richiede l’unanimità». E al momento non tutti i leader sono d’accordo, come ha rimarcato l’olandese Mark Rutte. Sono favorevoli i baltici, come Gitanas Nauseda, che ha chiesto alla Commissione di dare il suo parere favorevole già entro ottobre. Oppure l’Irlanda di Leo Varadkar, secondo il quale «è possibile avviare i negoziati anche se parte del territorio ucraino è occupato da un altro Paese, basta guardare a Cipro». L’unanimità, però, ancora non c’è. «E allora non dovremmo fare promesse che non siamo in grado di mantenere» ha allargato le braccia il lussemburghese Xavier Bettel.