Il dubbio è la portata del nuovo successo astensionista

Andrea Fabozzi il Manifesto 12 febbraio 2023
Lazio e Lombardia, le regole dell’astensione
Indagini demoscopiche, ma anche il quadro politico e le analisi dei trend e delle cause strutturali non lasciano dubbi: voteranno in pochi. Si prevede che quasi un elettore su due resti a casa al Centro, al Nord può andare un po’ meglio. Valbruzzi, Università di Napoli: «Ci sarà una mobilitazione asimmetrica, sarà più punito il centro sinistra che è diviso»


È molto improbabile che il previsto vincitore delle elezioni regionali di oggi e domani possa deludere. Tutte le previsioni infatti convergono: gli astensionisti saranno il primo partito sia nel Lazio che in Lombardia. Un elettore su due, o poco meno, non andrà a votare nel Lazio, dove le stime di affluenza arrivano al massimo al 53%. Forse un po’ meglio potrebbe andare in Lombardia dove l’affluenza potrebbe raggiungere il 60%, ma è un “ottimismo” che non tutti gli istituti condividono. Ricorda Marco Valbruzzi, politologo dell’Università Federico II di Napoli, che «il calo dell’affluenza è una tendenza di lungo periodo per le regioni italiane, nell’ultimo cinquantennio hanno visto perdere per strada almeno un terzo dei votanti, concentrato soprattutto nell’ultimo quindicennio».

L’anno record per l’astensionismo alle regionali resta il 2010, quando nel Lazio gli elettori si fermarono sotto la soglia dei tre milioni superando di poco il 60% degli aventi diritto (che erano 4,7 milioni, oggi 4,8) e in Lombardia non raggiunsero la soglia dei cinque milioni (su 7,6 milioni di aventi diritto che nel frattempo sono diventati 8 milioni), con un’affluenza appena un po’ migliore in termini percentuali: 64,6%.

Ad aggravare la situazione, nel 2010, nel Lazio pesò la mancata presentazione delle liste del Popolo delle libertà a Roma, un pasticcio che tenne a casa molti elettori del centrodestra. Gli iscritti alle liste elettorali di Roma rappresentano infatti oltre la metà degli iscritti della regione, mentre non è così in Lombardia dove gli elettori della città di Milano pesano per meno del 15% sul totale regionale. Fatte dunque queste differenze, per avere un dato più recente è utile ricordare che alle comunali dell’autunno 2021, meno di un anno e mezzo fa, né a Roma né a Milano l’affluenza ha raggiunto il 50%.

Negli ultimi dieci anni, nella situazione di generale e prolungato calo della partecipazione di cui dicevamo, le elezioni regionali sia in Lazio che Lombardia hanno fatto registrare risultati sempre peggiori rispetto alle elezioni politiche. Si è votato contemporaneamente in entrambe le regioni tanto per il parlamento quanto per i presidenti e i consigli regionali sia nel 2013 che nel 2018. In Lombardia nel 2013 alle politiche votò il 79,6% degli aventi diritto e alle regionali il 76,4%; nel 2018 il 76,8% alle politiche e il 73,1% alle regionali.

Risultati ancora peggiori in regione (ampiamente sotto il 70% di affluenza) alle elezioni europee del 2014 e del 2019. Quanto al Lazio, nel 2013 alle elezioni politiche votò il 77,5% degli aventi diritto, mentre alle regionali il 72%; nel 2018 alle politiche il 72,7% e alle regionali il 66,5% (anche qui molto peggio era andata alle europee del 2014 e 2019 con risultati in regione appena sopra il 50%).

Considerato questo scarto negativo tra affluenza alle politiche e affluenza alle regionali – da tre a sei punti percentuali in meno, anche quando le elezioni si sono tenute in contemporanea – le previsioni sul voto di oggi e domani si fanno cupe, visto che alle politiche meno di cinque mesi fa ha votato appena il 70% degli elettori in Lombardia e solo il 64% nel Lazio.

Ma c’è un motivo strutturale per la quale le regionali (così come le amministrative) registrano sempre una partecipazione inferiore rispetto alle politiche, è quello che gli analisti definiscono «astensionismo apparente». Nelle liste elettorali delle regionali sono compresi anche gli italiani residenti all’estero, che non ricevono come alle politiche le schede a domicilio e dunque per votare dovrebbero tornare in patria.

Secondo il Libro bianco sull’astensionismo, redatto meno di un anno fa da una commissione insediata all’epoca del governo Draghi, questo fenomeno ha depresso l’affluenza alle regionali del 2020 di almeno 5,5 punti percentuali. Nelle due regioni che votano oggi e domani potrebbe pesare anche di più, perché dalla più aggiornata rilevazione del corpo elettorale fatta dal ministero dell’interno (giugno 2022) risulta che il 5,9% degli iscritti a votare della Lombardia sono residenti all’estero, percentuale che sale al 9% per il Lazio.

Sono tutte elettrici ed elettori che in buona parte si può dare per persi in partenza. A questo «astensionismo apparente», gli autori del Libro bianco suggeriscono di aggiungere un «astensionismo involontario» che dipende da due dinamiche sociali.

L’invecchiamento della popolazione, si pensa infatti che gli ultra 75enni più difficilmente del resto della popolazione, anche a causa di impedimenti di salute, si rechino al seggio, e la mobilità sul territorio per lavoro o studio. Anche in questo caso l’Istat fornisce dati utili per le due regioni che ci interessano: in entrambe la popolazione anziana raggiunge percentuali tra le più alte, oltre l’11%, mentre i fuorisede (individuati come quelli che sono lontani oltre quattro ore di viaggio dal luogo di residenza) sarebbero il 3,5% nel Lazio e il 2,2% in Lombardia. Infine a tutte queste considerazioni di tipo tecnico, il Libro bianco suggerisce di aggiungere una «sovra copertura» delle liste elettorali, che per inefficienze dei comuni a cui spetta di tenerle aggiornate risulterebbero eccedenti, soprattutto nel Lazio (1,5%), un po’ meno in Lombardia (0,84%).

A pesare di più rispetto a queste cause tecniche dell’astensionismo saranno ovviamente le ragioni politiche. Che non peseranno allo stesso modo. «C’è un clima generale di smobilitazione negli elettorati delle due regioni, con un maggiore impatto sul “campo largo” del centro-sinistra che si presenta frammentato e a geografia variabile», dice Marco Valbruzzi.

Secondo il quale «a differenza di altre competizioni regionali, in questa tornata l’astensione potrebbe avere una connotazione fortemente asimmetrica, punendo le diverse e sparse forze di centro-sinistra. Secondo varie indagini demoscopiche, in Lombardia sarebbero soprattutto “terzo polo” e 5 Stelle a subire le perdite maggiori verso l’astensione, mentre nel Lazio è la coalizione di centro-sinistra a sostegno di D’Amato a soffrire di più». Anche il fatto che il risultato sia dato per acquisito in entrambe le regioni e in entrambe a favore della destra non spinge la mobilitazione.

«L’assenza di reale competizione tra i due principali schieramenti – conclude Valbruzzi – ha condizionato il clima pre elettorale. Il voto sarà interpretato come un primo test di popolarità e un giudizio sull’operato del governo. Giudizio che si preannuncia positivo anche a causa dell’assenza di un’opposizione adeguatamente organizzata». Del resto non sono ancora passati 150 giorni dal voto delle politiche e la destra può ancora contare sui regali che gli avversari continuano a farle.

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