Berlusconi capisce la debolezza mediatica di Zelensky nel Paese. Meloni disperata

Niccolò Carratelli, Francesco Olivo La Stampa 13 febbraio 2023
Berlusconi e le parole su Zelensky, Meloni chiama Tajani: “Fate chiarezza”. La premier ora teme l’asse con Salvini
Scatta il piano di emergenza, una nota del governo e una di Forza Italia ribadiscono che l’Italia sostiene la resistenza ucraina. Dopo l’abbraccio della premier a Zelensky la critica a Palazzo Chigi è diretta, rischio di spaccatura nella maggioranza


Non di nuovo, non così. Di dichiarazioni un po’ sopra le righe di Silvio Berlusconi fuori dal seggio le cronache sono piene. E anche di frasi ambigue sull’Ucraina. Ma ieri si è passato il segno e a palazzo Chigi se ne accorgono subito.

Così, dopo qualche minuto di vero panico, scatta il piano di emergenza. Una nota del governo, una di Antonio Tajani e un’altra di Forza Italia per ribadire quello che Giorgia Meloni sperava di non dover più spiegare: l’Italia sostiene la resistenza ucraina e non giustifica l’aggressione russa. La situazione è seria: per il governo si apre un nuovo fronte, nel più delicato dei dossier.

Parte un giro di telefonate. Tajani, che è al tempo stesso ministro degli Esteri e vicepresidente di Forza Italia, parla al telefono con Meloni, i due concordano che è meglio mandare immediatamente un segnale, non solo alle agenzie di stampa, ma soprattutto alle cancellerie occidentali, che su questo tema non tollerano sbandate.

Il lavoro diplomatico di Tajani si spinge fino ad Arcore, tanto che Berlusconi telefona ai suoi ministri per un chiarimento, obiettivamente non semplice. Le conversazioni producono una serie di dichiarazioni a difesa del Cavaliere dei forzisti di governo. Ma le parole del Cavaliere al seggio sono chiarissime e non basta un richiamo al passato mitico del vertice di Pratica di Mare per attenuarne la portata.

«Questa volta è peggio delle altre», si lascia sfuggire una fonte di Fratelli d’Italia. E il momento è particolarmente delicato. La lettura filorussa dell’escalation bellica, la contrarietà all’invio di armi a Kiev, l’attacco personale nei confronti del presidente ucraino. Tutto questo pesa di più, oggi, perché il governo ha appena varato il nuovo decreto per mandare armi all’Ucraina e perché sono fresche le foto scattate a Bruxelles, con Meloni che abbraccia Zelensky e si intrattiene a parlare con lui. Inoltre, la premier ha promesso di andare in visita a Kiev entro il 24 febbraio, mentre Berlusconi sottolinea che lui «da presidente del Consiglio, non sarebbe mai andato da Zelensky».

Una critica diretta, una presa di distanze talmente netta da riaprire la ferita che sembrava sanata, dopo la diffidenza e l’irritazione mostrate platealmente dal vecchio patriarca del centrodestra nei confronti della “signora Meloni” fin dall’inizio della legislatura. Dopo settimane di contatti e telefonate, e un lavoro di mediazione portato avanti da Tajani in prima persona, una parvenza di pace era andata in scena martedì scorso al Teatro dal Verme di Milano al comizio finale delle regionali lombarde: grandi complimenti reciproci, con Meloni che aveva addirittura definito Berlusconi «il più grande ministro degli Esteri che questa nazione abbia mai avuto». Parole che ieri sera suonavano particolarmente beffarde.
C’è un punto però che irrita in particolar modo Meloni: Berlusconi mette in pericolo la credibilità del Paese, anche per calcolo elettorale: «Lui è molto attento ai sondaggi, ha visto che la maggioranza degli italiani è preoccupata dalla guerra e contraria all’invio di nuove armi», sottolineano i collaboratori della premier. Lo stesso discorso, del resto, potrebbe essere fatto per Matteo Salvini, tra i primi a sollevare perplessità sul possibile videomessaggio del presidente ucraino al festival di Sanremo e che ieri ha taciuto. I meloniani ora temono che in nome del “pacifismo” si possa saldare l’asse tra i leader di Forza Italia e Lega.

Fonti di Palazzo Chigi si limitano a ribadire che «il sostegno all’Ucraina da parte del governo italiano è saldo e convinto, come chiaramente previsto nel programma e come confermato in tutti i voti parlamentari della maggioranza che sostiene l’esecutivo». Questo è il punto a cui aggrapparsi: al di là delle dichiarazioni estemporanee e delle opinioni dei singoli protagonisti, quello che conta è la compattezza della coalizione nel portare avanti la linea indicata da Meloni e concordata a livello atlantico. «Berlusconi ha sempre esternato le sue riserve e proposte, mica si può pensare di imbavagliarlo – allarga le braccia un dirigente di Forza Italia – ma la nostra affidabilità su questo terreno è testimoniata dal lavoro del ministro degli Esteri Tajani». Meloni badi al sodo e lasci correre, è il messaggio. Fino alla prossima volta che chiederanno a Berlusconi un parere sulla guerra in Ucraina.

 

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