Le tensioni con la Francia e l’affidabilità del nostro Paese

Romano Prodi Il Messaggero 12 febbraio 2023
Le tensioni con la Francia e l’affidabilità del nostro Paese
Non è stata una bella settimana: per le prospettive di pace, per i rapporti economici fra Stati Uniti ed Europa, per la solidarietà fra i paesi europei e nemmeno per i rapporti fra l’Italia e i suoi necessari partner.

Sulle prospettive di pace si poteva purtroppo pretendere poco perché tutti sono ormai dedicati a parlare solo delle possibili offensive di primavera: l’unico punto fermo è il rafforzamento militare.

Questo era l’obiettivo del viaggio di Zelensky in Europa che ha avuto, come risultato, una compatta solidarietà nei confronti dell’Ucraina, ma anche una risposta estremamente prudente riguardo alla fornitura degli aerei insistentemente richiesti.

Complicato e foriero di ulteriori complicazioni future è stato il viaggio a Washington dei ministri delle finanze francese e tedesco.

In primo luogo perché hanno dovuto prendere definitivamente atto che la politica degli aiuti pubblici del governo statunitense alle imprese che operano nel territorio americano, è una decisione definitiva.

I due ministri sono tornati a casa con la semplice volontà di fare altrettanto in Francia e Germania.

Il che non ha conseguenze minori. Prima di tutto costituisce un ulteriore passo verso la messa in crisi della globalizzazione. Non la sua necessaria correzione sotto gli auspici del WTO (l’Organizzazione del Commercio Mondiale), ma un cammino fondato sulle decisioni autonome dei singoli paesi e, quindi, un conseguente aumento del protezionismo e delle tensioni.

Tensioni che si sono immediatamente trasferite all’interno dei paesi europei, in quanto Francia e Germania, nel loro colloquio diretto con il governo americano, si sono sostituite alla Commissione Europea in un campo di sua esclusiva competenza e, soprattutto, perché i governi di questi due paesi già forniscono alle loro imprese nazionali i tre quarti degli aiuti di Stato di tutti i paesi europei.

Oltre ad avere a disposizione le risorse per poterlo fare anche in futuro.

L’Italia, e con essa molti altri membri dell’Unione, non ha i mezzi per fare altrettanto.

Il nostro paese, alla luce delle decisioni del Consiglio, si dovrà accontentare di allungare i tempi entro i quali possiamo spendere le risorse del PNRR, ma non è certo la stessa cosa.

Questo inoltre, almeno al momento, è solo un progetto, così come è ancora un progetto la pur importante decisione di compiere un passo in avanti nel delicato campo dell’emigrazione. Ritornando al rapporto diretto ed esclusivo di Francia e Germania con gli Stati Uniti, dobbiamo inoltre considerare che esso ha allargato la distanza economica fra Europa e America.

Questo in un momento storico in cui il maggiore risultato della politica estera di Biden è stato proprio quello di tenere strettamente unite le due sponde dell’Atlantico nella politica estera, partendo dalla difesa dell’Ucraina.

Ci vorrà quindi grande abilità e grande lungimiranza per conservare la necessaria solidarietà politica fra Europa e Stati Uniti nel momento in cui vengono prese decisioni che provocano una crescente divergenza nei loro interessi economici.

Non dimentichiamo infine che le improvvisate decisioni di rapporti fra singoli paesi europei e Stati Uniti comportano fatalmente un aumento delle divergenze anche all’interno dell’Unione. Questo ci obbliga ovviamente a riflettere sulle tensioni fra Francia e Italia e, di conseguenza, ad allargare lo sguardo sul ruolo che il nostro paese può e deve ricoprire nell’ambito dell’Unione Europea.

Partiamo da una semplice constatazione. Il fatto che l’UE sia un motore a due cilindri, quello francese e quello tedesco, è incontrovertibile. Esso è stato alla base dell’avventura europea e si è consolidato nel tempo con la leadership tedesca nell’economia e il primato francese nella politica estera e della difesa.

Questo quadro realistico ha portato frettolosamente a concludere che l’Italia non conti nulla. Un’approfondita analisi (e la mia lunga personale esperienza) mi portano invece a concludere che il ruolo italiano, salvo forse il periodo della grande crisi finanziaria del 2008, è sempre stato determinante nelle più importanti decisioni dell’Unione Europea e prezioso per la difesa dei nostri interessi.

E’ chiaro che non riusciremo mai a trasformare l’Unione in un motore a tre cilindri, ma abbiamo però la possibilità di giocare un ruolo determinante nelle più importanti decisioni, a condizione di tessere con continuità, costanza e affidabilità i necessari rapporti e i necessari accordi con gli altri paesi membri, a partire da Francia e Germania.

E’ giusto e doveroso che ci poniamo l’obiettivo di diventare il riferimento principale della politica energetica del Mediterraneo ed è altrettanto giusto che ci proponiamo di bilanciare gli interessi dei paesi del Sud di fronte alla nuova geografia europea, ma si tratta di obiettivi che possono essere raggiunti solo tenendo realisticamente conto degli interessi e dei rapporti di forza esistenti e delle necessarie alleanze che ne debbono conseguire.

La tensione con la Francia ha diviso la nostra pubblica opinione fra coloro che si sono scagliati contro l’arroganza dei nostri cugini transalpini e coloro che hanno messo sotto accusa l’inabilità italiana. La via più produttiva, invece, sarebbe stata quella di approfondire i rapporti di collaborazione esistenti, cercando anche, in linea con la nostra passata tradizione, di estendere alla Germania il trattato esistente fra Italia e Francia.

Questi risultati possono tuttavia essere raggiunti solo mettendo sul tavolo una totale affidabilità del nostro paese nel perseguire un’idea di Europa fedele alle sue radici e ai suoi principi di cooperazione, rifiutando ogni nostalgia per i passati e presenti nazionalismi. Solo costruendo fiducia potremo giocare il nostro ruolo nel futuro dell’Europa.

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