Raquel Welch, l’icona che stregò il mondo con un bikini di pelle

Alberto Crespi La Repubblica 16 febbraio 2023
Morta Raquel Welch, l’icona che stregò il mondo con un bikini di pelle
Si chiamava Jo Raquel Tejada. Era nata a Chicago nel 1940, da un padre boliviano che aveva un nome degno dell’anagrafe di Totò (Armando Carlos Tejada Urquizo) e faceva l’ingegnere aeronautico; e da una madre, Josephine Sarah Hall, di origine inglese, discendente di un passeggero del Mayflower. Forse per questo era così bella. Il meticciato, si sa, è vincente.

Nel 1958 sposò tale James Welch, che le lasciò in eredità il cognome: il primo di quattro mariti, da considerare tra gli uomini più fortunati del XX secolo. Studiò danza, vinse una quantità imprecisata di concorsi di bellezza, cominciò con particine in film e telefilm non indimenticabili (tra cui Il cantante del luna park, a fianco di Elvis Presley).

E poi, nel 1966, un bikini le cambiò la vita. Non era un bikini bianco come quello che qualche anno prima aveva indossato Ursula Andress in Agente 007 Licenza di uccidere, ma entrò con la stessa prepotenza nell’Immaginario del Novecento. Era un bikini in pelle, di quelli che si usavano nell’Età della Pietra: il film, passato alla storia del costume (è il caso di dirlo) solo grazie a lei, era Un milione di anni fa, diretto da Don Chaffey. Il poster nel quale Raquel Welch campeggiava è rimasto indimenticabile, e fece di lei una diva nel giro di 24 ore, altro che milioni di anni.

In un periodo in cui ancora impazzava la Hollywood sul Tevere, Raquel Welch lavorò anche in Italia: in Spara forte, più forte… non capisco!, al fianco di Mastroianni, e in Le fate, diretto da Mauro Bolognini. Il primo dei due film è diretto da Eduardo De Filippo, e possiamo tranquillamente affermare che il grande drammaturgo napoletano è il più grande regista con cui Raquel ha lavorato! Se la gioca con Stanley Donen, che la diresse in Il mio amico il diavolo.

In realtà i registi che le hanno dato i ruoli migliori sono due Richard, Fleischer e Lester, gloriosi artigiani della vecchia Hollywood. Fleischer la diresse in Viaggio allucinante (film di fantascienza in cui alcuni personaggi “miniaturizzati” percorrono l’interno di un corpo umano), e la scena in cui i globuli bianchi la attaccano, mettendo a rischio la sua incolumità, è sepolta nei ricordi di intere generazioni. Lester la volle come Costanza nel dittico dumasiano I tre moschettieri/Milady, in una splendida rilettura anglosassone del romanzo più francese che esista. Probabilmente sono i film più belli che Raquel ha interpretato, assieme a Party selvaggio di James Ivory e al famoso, controverso Il caso Myra Breckinridge di Michael Sarne.

È stata una brava attrice? Domanda oziosa. È stata un mito, per tutti gli uomini che la andavano a vedere e sicuramente per molte donne che avevano in lei un modello. Ed è stata una delle prime dive dichiaratamente ispaniche di Hollywood, dopo Rita Hayworth (il cui vero cognome era Cansino) e prima di Jennifer Lopez. Ed è stata capace, da anziana, di prendersi amabilmente in giro nello spassoso Una pallottola spuntata 33? – L’insulto finale. Chi l’ha amata sullo schermo, e siamo stati tanti, ma proprio tanti, oggi è in lutto.

 

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