Le allusioni del Fatto sulle parole di Letta

 Wanda Marra il Fatto Quotidiano 17 febbraio 2023
 
Letta carezza Giorgia: il sospetto della Nato
 
Dietro l’elogio al NYT. E l’aspirante leader Bonaccini potrebbe aprire al premierato

Ufficialmente i rapporti tra Enrico Letta, praticamente già ex segretario del Pd, e Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, al momento sono interrotti. Ma dopo l’intervista al New York Times nella quale lui sosteneva che lei “è meglio di quanto ci aspettassimo”, torna inesorabilmente il film dell’i n t era annata 2021-2022.

Una presentazione del libro di Bruno Vespa, un dibattito ad Atreju, u n’apparizione congiunta alla Luiss per il libro di Giovanni Orsina, i due parevano a loro modo i n s e p a ra b i l i . Uniti quantomeno da una comune iattura: gli alleati poco affidabili. Rispetto ai parenti serpenti è sempre meglio un nemico amatissimo.

Tanto è vero che durante la campagna elettorale ce l’avevano messa tutta per fare un duello tv, loro due da soli, da Bruno Vespa. Li bloccò l’Agcom. Risultato? L’unico confronto (con dubbi risultati in termini di efficacia e vis polemica) fu sul Corriere.it .

Qualche mese dopo è cambiato quasi tutto. Letta ha perso rovinosamente elezioni in cui ha continuamente evocato il pericolo fascista (e il feeling con Giorgia, allora?), Meloni governa con la collaborazione più o meno riottosa di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Eppure, il segretario dimissionario ci ha tenuto a consegnare al Ny t un giudizio relativamente positivo sul premier.

PERCHÉ? Le antenne nel Pd si sono immediatamente raddrizzate. Letta ha sempre negato di aspirare al posto di segretario della Nato per il post Stoltenberg. Probabilmente dopo la sconfitta alle Politiche, non ne avrebbe neanche la possibilità: ma comunque avrebbe bisogno dell ’appoggio di Meloni.

Ancora più lontano sembra il Quirinale: ma l’ex premier potrebbe ancora cercare di ascriversi alle riserve della Repubblica. E anche qui, avrebbe bisogno della premier. Meloni, dal canto suo, ha comunque già potuto contare sul Pd lettiano per l’appoggio sull’invio alle armi all’Ucraina. Nel nome dell ’atlantismo (appunto).

Ma ora che Letta esce di scena? Stefano Bonaccini, favorito per la guida del Nazareno – pur non risparmiando critiche al governo (ieri ha annunciato la volontà di impugnare davanti alla Corte costituzionale i tagli alla scuola pubblica) –ha condiviso il giudizio sulle buone capacità di Meloni.

Tutta la prima fila del Pd lettiano (dalle capogruppo in giù) è con lui. E in realtà c’è un tema sul quale Nazareno e leader di FdI potrebbero doversi trovare a collaborare: le riforme costituzionali.

Se Meloni vuol davvero farle ha bisogno anche dell’opposizione. E se nell’entourage di Bonaccini sono categorici sul no al presidenzialismo, appaiono meno netti sul no al premierato. “Il prossimo Parlamento sarà un’assemblea costituente.

La riforma va affrontata in aula, serve un’in – tesa su cosa fare e su dove andare, cosa oggi impossibile con questo Parlamento frammentato”, aveva assicurato Letta a Meloni lo scorso maggio, proprio presentando il libro di Orsina alla Luiss. Ora non è in grado di dare garanzie. Ma chi sa che la strada non resti la stessa.

Se è Bonaccini quello destinato a raccogliere questa eredità, prima deve vincere il congresso, poi domare le correnti del Pd, poi trovare il modo di guidare i gruppi parlamentari dall’esterno.

Ma questa è un’altra storia. Intanto, si raccolgono indizi.

 

 

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