Ucraina, il generale Usa Mark Milley: «Nessuno può vincere la guerra»

Giuseppe Sarcina Corriere della Sera 17 febbraio 2023
Ucraina, il generale Usa Mark Milley: «Nessuno può vincere la guerra»
Il Parlamento europeo chiede armi e aerei da combattimento per Kiev

Il Parlamento europeo, praticamente all’unanimità, l’asse anglo-polacco e naturalmente Volodymyr Zelensky aumentano la pressione sugli alleati. Chiedono più armi, in particolare «jet da combattimento, elicotteri, sistemi missilistici e maggiori munizioni», come si legge nella risoluzione approvata ieri da tutte le forze politiche rappresentate nell’emiciclo di Strasburgo, con poche dissociazioni: 444 i voti a favore, 26 i contrari, 37 gli astenuti. Nelle stesse ore, a Londra, il premier britannico Rishi Sunak riceveva il presidente polacco Andrzej Duda. I due leader hanno fatto sapere che sosterranno l’Ucraina «fino alla vittoria».

Ma dall’altra parte dell’Atlantico arriva, ancora una volta, il richiamo alla prudenza, al pragmatismo. Il capo di Stato maggiore delle Forze armate Usa, Mark Milley, in un’intervista al Financial Times, ha ripetuto la previsione già avanzata il 20 gennaio scorso a Ramstein, in Germania, a conclusione del vertice dei 54 Paesi che forniscono armi a Kiev. Ecco il succo: i russi non sono in grado di sopraffare gli ucraini; ma è molto difficile che entro il 2023 l’esercito di Zelensky riesca a riconquistare il territorio invaso dall’armata putiniana dal 24 febbraio 2022 in poi.

La nuova uscita di Milley va abbinata alle riflessioni che Antony Blinken starebbe facendo con i suoi collaboratori, secondo il sito Politico. Il segretario di Stato è preoccupato per i proclami che arrivano da Kiev. Zelensky punta a riprendere anche la Crimea, la penisola strategica che Putin ha prima occupato e poi annesso alla Federazione Russa nel 2014, con un referendum mai riconosciuto dalla comunità internazionale. Per Blinken questo sarebbe un piano rischioso, al limite dell’azzardo perché «la Crimea è una linea rossa per Putin». Il sottointeso è sempre lo stesso, ormai ricorrente da 12 mesi: se messo alle strette, il numero uno del Cremlino potrebbe fare ricorso alle bombe atomiche con un raggio ridotto, ma dall’impatto devastante.

Poche ore dopo Zelensky è stato molto netto in un’intervista con la Bbc. Primo: «L’offensiva dei russi è già iniziata in diverse direzioni». Secondo: «Nessuna trattativa con Putin; non mi fido di lui». Terzo, e questa potrebbe essere una risposta indiretta a Blinken: «Non cederemo alcun territorio in un eventuale accordo di pace».

Il presidente ucraino resta al centro della scena internazionale in questi giorni che ci avvicinano al 24 febbraio, l’anniversario dell’aggressione russa. Nella serata di ieri è intervenuto all’apertura della «Berlinale», il festival cinematografico nella capitale tedesca. Secondo il programma toccava a Sean Penn introdurre il collegamento. L’attore e regista americano presenterà nella rassegna il film «Superpower», girato anche in Ucraina.

La prossima settimana, invece, il governo di Kiev presenterà una mozione all’assemblea generale dell’Onu. Nel testo verranno ripresi i concetti fondamentali del «piano di pace» elaborato lo scorso dicembre dallo stesso Zelensky. In particolare verrà chiesto «il ritiro immediato e senza condizioni delle forze militari russe». Sarà l’occasione per verificare su scala planetaria quanto sia isolato il Cremlino. L’ultima mozione di condanna, messa ai voti il 12 ottobre 2022, ottenne 143 «sì», 5 «no» e 35 astensioni. Nelle ultime settimane gli americani avevano accolto l’iniziativa di Zelensky con molte perplessità. Il timore era, ed è, che molti dei 193 Stati rappresentati alle Nazioni Unite si possano defilare, magari semplicemente astenendosi per segnalare una sempre più diffusa insofferenza per le conseguenze della guerra. Attenzione puntata, in particolare, su India, Brasile, Sud Africa, Indonesia, Vietnam e altri.

Anche la Nato sembra attraversata da qualche inquietudine. Il Segretario generale Jens Stoltenberg ieri è andato ad Ankara per lavorare ai fianchi il governo turco, affinché ratifichi al più presto l’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza atlantica. Il ministro turco Mevlut Cavusoglu, però, ha preso ancora tempo, dicendo che le due candidature potrebbero seguire un percorso diverso. Più rapido quello di Helsinki, più accidentato quello di Stoccolma. Il presidente Recep Tayyip Erdogan accusa soprattutto la Svezia di dare ospitalità a quelle che definisce «organizzazioni terroristiche».

 

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