Il PPE fa asse con Meloni per far fuori Berlusconi

Francesco Verderami Corriere della Sera 18 febbraio 2023
Salta il summit Ppe a Napoli, la sponda di Weber a Meloni per mettere Berlusconi ai margini
Tra Roma e Bruxelles saltano i confini della politica. L’offerta di dimissioni all’ex premier, il gesto di Tajani per dissipare i dubbi


Il tweet di Weber descrive il processo di integrazione tra la politica nazionale e quella europea: perché l’attacco a Berlusconi su Kiev incide sugli equilibri di Strasburgo e di Roma.

La guerra ha abbattuto le vecchie frontiere che tenevano ancora formalmente separate le questioni comunitarie da quelle domestiche. E siccome «non è la prima volta che Silvio dice certe cose su Zelensky», il presidente del Ppe ha deciso di risolvere la partita con il Cavaliere. In un solo colpo ha difeso la compattezza dei Popolari in Europa e ha separato la posizione di Berlusconi da quella di Tajani in Italia.

Le parole con cui ha annunciato l’annullamento della convention di Napoli hanno messo in difficoltà il titolare della Farnesina al cospetto del suo leader. E anche sul timing dell’operazione la presidente dell’Europarlamento Metsola ha espresso delle perplessità: «Non poteva aspettare qualche giorno, visto che c’è la conferenza di Monaco sulla sicurezza?».

Raccontano però che Weber non potesse attendere, perché ha la guerra in casa: da tempo una parte dei popolari tedeschi e le delegazioni dei Paesi nordici premono per l’esclusione di Berlusconi dal Ppe, per la sua posizione «filo-putiniana» sul conflitto in Ucraina. E c’era il rischio che le «giornate di studio» a Napoli in vista del voto europeo si trasformassero in un ring.

Così è uscito allo scoperto, nell’evidente tentativo di scaricare l’ex premier: perché considera «indifendibili» le dichiarazioni di Berlusconi sul «signor Zelensky» e perché vuole rimuovere gli ostacoli che intralciano il suo progetto di stringere un’intesa nel 2024 con i Conservatori. Cioè con Meloni.

Ed ecco che la matassa s’ingaburglia, che non si scorge più la differenza tra le questioni europee e quelle nazionali. Infatti gli esponenti di Forza Italia accusano Weber di «ingerenze interne» al loro partito. Dove è visibile il malcontento verso l’inquilina di Palazzo Chigi e verso Tajani, accusato di «intelligenza con il nemico»: ovvero la premier.

La preoccupazione nel gruppo dirigente azzurro è che — a Roma come a Strasburgo — si stia lavorando per mettere FI definitivamente ai mar gini. Non a caso la capogruppo Ronzulli arriva a sfiduciare Weber, «inadatto a guidare il Ppe». Quanto alla mossa del ministro degli Esteri, era scontata: «Forza Italia è Berlusconi». Prima di incontrare oggi Weber, nel colloquio con il Cavaliere ha messo a disposizione i suoi incarichi per dissipare i soliti sospetti.

Ma il punto è un altro. È il Cavaliere che si è cacciato in un angolo. «Con quelle parole… E pensare che nel progetto di alleanza Ppe-Ecr, lui poteva essere il punto di raccordo. Volevo dire che lui può essere il punto di raccordo», si è subito corretto uno dei più autorevoli esponenti di FdI. Tanto basta per capire lo stato dell’arte. Lo sforzo degli azzurri di recuperare le posizioni, si basa sul concetto che Forza Italia ha sempre votato a sostegno di Kiev. Una linea condivisa da Berlusconi, che ancora ieri però — sollecitato dalla compagna Fascina — ripeteva al telefono: «Ma questo Zelensky è…». «Presidente, non adesso per carità», imploravano i suoi interlocutori.

Il passaggio è delicato, tanto a Roma quanto a Bruxelles. Dove Meloni — rispetto agli altri partner europei — può oggi vantare il governo più forte, la maggioranza più larga e una prospettiva di governo più lunga.

E l’approccio del Ppe sulle alleanze è sempre stato pragmatico: Kohl non ci pensò due volte ad accogliere Berlusconi, nonostante il veto degli storici amici del Ppi. La storia potrebbe ripetersi. Se ci sia davvero la volontà di riproporre lo stesso schema con la leader di FdI, «è un disegno che non è emerso nei colloqui di Weber con Meloni», spiega una fonte accreditata.

Piuttosto la premier è riconosciuta come «punto di equilibrio» nelle relazioni tra Popolari e Conservatori, e come «punto di dialogo» tra il Ppe e le forze più estreme di Ecr. È stata Meloni, infatti, a sbloccare l’accordo sulla minimum tax al vertice europeo, convincendo il governo polacco a togliere il veto. Ed è su Meloni che Weber mira a dissuadere quanti nel Ppe vorrebbero puntare ancora su una grosse koalition a Strasburgo con Socialisti e Liberali nel 2024. Buona parte però vede meglio l’«italiana». Che prenderebbe il posto dell’«italiano». Così la politica nazionale e quella europea si sovrappongono. È bastato un tweet per renderlo evidente.

 

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