Berlusconi è l’elefante nella stanza di Meloni

Francesco Bei La Repubblica 22 febbraio 2023
Berlusconi è l’elefante nella stanza di Meloni
Dopo le parole di Zelensky, il leader di Forza Italia con le sue amicizie russe è un problema per il governo della destra

 

Nella guerra in Ucraina il tempo delle ambiguità è finito. A un anno dall’inizio dell’invasione russa, il livello di coinvolgimento occidentale nel sostegno alla resistenza ucraina impone a tutti gli attori di schierarsi in maniera netta. Nel discorso al castello di Varsavia lo ha spiegato con chiarezza il presidente Biden, che si rivolgeva ai polacchi ma in realtà inviava il suo messaggio anche a quei leader europei, come Berlusconi e Orbán, che ancora esitano in mezzo al guado o, peggio, restano fermi sulla sponda russa del fiume. In gioco, ha detto Biden, non c’è solo la sopravvivenza della nazione ucraina, “ma l’ordine internazionale e i valori fondamentali di indipendenza, democrazia, libertà”. Se la sfida è questa – democrazia contro dittatura, libertà e stato di diritto contro tirannia – è del tutto evidente che le parole di Berlusconi contro Zelensky non potevano essere archiviate come un incidente o una gaffe, come hanno tentato di fare nei giorni scorsi i pompieri del centrodestra. Il problema è diventato talmente grande che ha finito per offuscare la missione a Kiev della presidente del Consiglio, un viaggio lungamente cercato, preparato con cura e portato a termine con impegno nonostante condizioni di salute precarie.

Ma il caso Berlusconi, alla fine, ha fagocitato tutto il resto, le lacrime e la commozione a Bucha e Irpin, le promesse di sostegno a 360 gradi, la sintonia politica, persino umana e personale con il presidente ucraino. Tale era l’ingombro lasciato al centro della stanza dal Cavaliere, che alla fine è stato impossibile per Zelensky aggirarlo. E al presidente ucraino non è rimasto che prenderlo a calci, sotto gli occhi imbarazzati ed esterrefatti di Meloni. Dire che Putin “non voleva la guerra” ma l’Ucraina “ha triplicato gli attacchi nel Donbass” costringendo la Russia a intervenire, è qualcosa che si può sentire solo nei talk-show più sciovinisti di Mosca. Propaganda inaccettabile qui in Italia, figurarsi in Ucraina. Era naturale che la bomba sarebbe esplosa, già il ticchettio si era sentito nelle parole con cui Zelensky aveva ironicamente liquidato il Cavaliere nell’intervista a Repubblica (“se il problema è la vodka, gliela regaliamo anche noi”). Il meteorite che Meloni temeva e osservava avvicinarsi già prima di salire sul treno per Kiev, alla fine ha impattato sul terreno politico-diplomatico proprio nelle ore della visita nella capitale ucraina, polverizzando, almeno sotto l’aspetto mediatico, qualsiasi altro risultato.

“Nessuno ha mai bombardato casa a Berlusconi con i missili come fanno con noi i suoi fraterni amici russi”. Questa frase, pronunciata da Zelensky a fianco di Meloni, fa cadere infatti d’un colpo tutta l’ipocrisia e gli infingimenti dietro i quali la destra ha provato a nascondere l’elefante che aveva e ha nella stanza. E che non può essere coperto ricordando, come pure ha provato a ripetere Antonio Tajani, che Forza Italia non si è mai dissociata nelle votazioni concrete sull’Ucraina. Un’apologia valida fino a un certo punto, se è vero che furono proprio Berlusconi e Salvini a togliere il sostegno e far cadere il governo di Draghi, il presidente del Consiglio che aveva schierato l’Italia senza se e senza ma in prima fila contro l’invasione russa.

Non è compito di Zelensky, né può essere affare di Biden, stabilire come risolvere l’affaire Berlusconi. È un compito che spetta a Meloni. Ieri sera, dalle parti di Fratelli d’Italia, qualcuno con spietatezza spiegava che “il problema” prima o poi si risolverà da solo. E già questo lascia capire il grado di amore che regna dentro la maggioranza. Ma, purtroppo per la premier, il monarca di Arcore è ancora vivo e vegeto e Forza Italia è la sua corte.

Mentre Salvini ha avuto l’accortezza di non pronunciare più mezza frase a favore di Putin, Berlusconi è recidivo e non riesce a trattenere nel suo foro interiore quello che davvero pensa della guerra. Troppo lunga e profonda la frequentazione con lo zar di Mosca per staccarsene come ha fatto il leader della Lega. E si torna dunque al punto politico. Meloni pensa infatti di poter utilizzare con Berlusconi il metodo Draghi: affidarsi solo ai ministri forzisti – Tajani in primis – provando a far finta che il Cavaliere non esista. Con Draghi il risultato fu che il governo cadde e le ministre di Forza Italia passarono in un altro partito (e Brunetta lasciò la politica). Perché la politica, alla fine, ha le sue regole e sono sempre le stesse. I problemi che non si risolvono in fretta sono destinati a ripresentarsi in futuro sempre più grandi.

 

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