La doppiezza Meloni Salvini Santanchè sui balneari oltre la decenza

Walter Galbiati La Repubblica 26 febbraio 2023
L’ipocrisia al governo
Forse hanno voluto far vedere ai propri elettori che ci hanno provato fino all’ultimo. Perché tentare di far passare nel Milleproroghe il testo sui balneari che viola una direttiva europea, una sentenza della corte di Giustizia e due sentenze del Consiglio di Stato è come direbbe Fabio Panetta, membro del board della Bce, «guidare a fari spenti nella notte».

Il veto del presidente Sergio Mattarella è immancabilmente arrivato.

Siamo all’ennesimo capitolo di come Giorgia Meloni, il suo ministro Daniela Santanché e Matteo Salvini debbano fare i conti con la differenza tra quanto urlavano in piazza prima di salire al governo e quanto siano tenuti a fare ora che sono loro stessi a dover garantire quell’apparato di leggi, di accordi e di regole economiche e di mercato sulle quali si basa l’Europa e il mondo occidentale tutto.

La vicenda dei balneari è da manuale. Tra mille proteste e difficoltà, lo scorso anno Mario Draghi era riuscito a far approvare la legge che tutela la concorrenza con lo spauracchio dei fondi del Pnrr. Cioè se non avessimo approvato quel testo, tra i cui firmatari accanto a Draghi figurava l’allora ministro per lo Sviluppo economico e oggi ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in quota Lega, non sarebbero arrivati i finanziamenti europei.
Tutti la votarono, tranne Fratelli d’Italia che per bocca di Giorgia Meloni gridava allo scandalo: «Draghi dovrebbe spiegarci le ragioni di questa imposizione. Stiamo parlando di espropriare 30mila aziende italiane e trasferire una nostra ricchezza per il turismo alle multinazionali straniere».

A lei, col passar dei mesi e l’avvicinarsi della caduta di Draghi che apriva le porte a un ripensamento, ha fatto immancabilmente eco il re del Papeete. Quando a settembre il precedente governo stava per mettere mano ai decreti per rendere operativa la riforma, Matteo Salvini ha alzato la voce. «Se inspiegabilmente Draghi vuole correre per approvare entro settembre e prima delle nuove elezioni i decreti che riguardano le 30 mila spiagge italiane, noi non lo permettiamo. Chi fatica su quelle spiagge da una vita va tutelato”.

E ad elezioni vinte, ecco la neo ministra del Turismo,nonché ex socia del Twiga di Briatore: «Dobbiamo fare le cose bene non aprire la strada alle multinazionali, non svendere questo patrimonio», aggiungendo che ci vuole tempo e che servono delle gare «che consentano a chi fa questo lavoro di continuare a farlo». Forse sarebbe bene assegnare prima le spiagge libere, perché lì ci sono «tossicodipendenti e rifiuti». A chiudere il cerchio è Maurizio Gasparri (Forza Italia) che presenta l’emendamento al Milleproroghe per rinviare le assegnazioni di due anni.

Nessuno di loro deve comunque aver mai letto il testo della legge sulla concorrenza di Draghi, non dico all’articolo 4, paragrafo 5.2 dove si scrive chiaramente che si deve tenere conto di chi da anni fatica su quelle spiagge («soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, hanno utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare»), ma nemmeno l’articolo 1 dove non si parla di promuovere le grandi multinazionali, ma «lo sviluppo della concorrenza, anche al fine di garantire l’accesso ai mercati di imprese di minori dimensioni».

E di certo nessuno del governo ha pensato di scrivere quel decreto, cui pensava Draghi e che avrebbe dovuto avviare il censimento delle concessioni e dettare i parametri per guidare i bandi comunali e far partire le gare che avrebbero permesso all’Italia di essere in regola con l’Europa. C’era tempo fino a domani, 27 febbraio. Il Milleproroghe non rinvia i bandi comunali, ma il censimento dell’attuale situazione di 5 mesi e proroga le concessioni fino a dicembre 2024.
Dopo la lettera di Mattarella, spetta ora a Giorgia Meloni capire come uscire da questo pasticcio e nel frattempo, a partire da martedì, i comuni potranno iniziare a preparare i nuovi bandi per le loro spiagge che entreranno in vigore a gennaio 2025, basandosi non sulla legge della concorrenza, ancora in soffitta, ma sul Codice della navigazione, approvato niente meno che dal regime fascista nel 1942.

 

 

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