Bonaccini si sentiva il successore di Renzi dal 2018. Ora teme la fine del Pd

Maria Teresa Meli Corriere della Sera 27 febbraio 2023
La delusione di Bonaccini: «Ora tutti daremo una mano a Elly»
Il governatore dell’Emilia-Romagna sconfitto da Schlein: «Lei ha saputo dare il segno del rinnovamento, non bisogna cedere a sirene che ci portano altrove». L’amarezza tra i suoi. Guerini a un compagno di partito: «Abbiamo ammazzato il Pd»

E poi è solo l’amarezza. E il rammarico. Stefano Bonaccini capisce l’antifona all’ora di pranzo. «Mi butto sul divano»: il presidente dell’Emilia-Romagna finisce di mangiare e si dedica al relax in casa. Sa che la giornata, anche tra qualche ora, non cambierà: «Loro avevano i tre quarti del gruppo dirigente, sarebbe stato difficile invertire la rotta». Ma davanti al suo comitato elettorale a tarda sera Bonaccini annuncia: «Ho chiamato Elly e mi sono messo a disposizione perché lei è stata più capace di me di dare un segno di trasformazione al Pd. Tutti le daremo una mano». Ma prima del risultato c’è la lunga attesa. Poco più tardi delle nove di sera dal quartiere generale del presidente della regione Emilia-Romagna esce Dario Nardella e non riesce ad ammettere la sconfitta.

In realtà è dalla mattina che arrivano a Bonaccini i dati dell’affluenza che premia la sua avversaria interna: «Gli elettori hanno voluto così, noi come promesso daremo una mano». Passa un’oretta, i dati non cambiano, se non per progressivi aggiustamenti, nello staff del governatore il nervosismo aumenta, lui calma gli animi. Ma i suoi supporter non sono altrettanto tranquilli: «Il Pd non esiste più». Bonaccini frena, anche se in cuor suo non è in disaccordo: «Adesso bisognerà ricostruire e non cedere alle sirene che ci portano altrove». Lorenzo Guerini, grande sponsor del presidente della regione Emilia-Romagna, mastica amaro e a sera dice a un compagno di partito: «Abbiamo ammazzato il Pd».

Bonaccini non la pensa troppo diversamente ma non può essere così che lascia l’agone della politica nazionale, perciò insiste con i suoi a «continuare a lavorare per il partito». Ma in realtà il governatore teme che così non sarà, che qualcuno andrà via. Con l’amico Dario Nardella e il braccio destro Andrea Rossi si sfoga: «È andata, non starò tutta la notte ad aspettare». E infatti con il passare delle ore la forchetta si allarga e Bonaccini, che dovrebbe prendere la parola al suo comitato preferisce, invece non farsi vedere.

La sua rincorsa alla segreteria era la rincorsa perfetta, aveva aspettato e aveva deciso di non dare l’assalto a Zingaretti. Poi ha desistito ancora, lasciando campo libero a Enrico Letta. E ora era sicuro fosse giunto il suo momento. Alla fine ha compreso che non era ora nemmeno questa volta. Non era questo il suo momento. E «forse non lo sará mai più», sospira lui. Già, mai più, e non sarà più facile tornare indietro.

La politica ha cambiato passo e Bonaccini si deve adeguare. Non sarà così per i suoi supporter, che evitano di mettere la faccia sulla sconfitta. Nel frattempo i dem traballano e sussultano. Un pezzo degli ex popolari manda un comunicato per spiegare che visto che Bonaccini non c’è forse non ci saranno nemmeno loro. Il governatore legge attentamente il comunicato stampa di questo presunto addio: «Prende forma il processo di ricomposizione dell’area politica popolare». Già, sono gli ex ppi che se ne vanno via dopo aver capito che Schlein sarà la leader del nuovo Partito democratico.

Ma Bonaccini non ha intenzione alcuna di soffiare sul fuoco della scissione. Anzi, farà di tutto per «tenere insieme il partito» quello è l’imperativo. Almeno per lui. Anche se sa bene che dopo la vittoria di Schlein in molti vorranno andarsene. Ma Bonaccini è uomo di partito e non ammette «fughe o sfuriate». Preferisce accettare il risultato senza contrastarlo, e poi c’è la Regione Emilia-Romagna a cui ha promesso di dedicarsi di più. E lì resterà «convinto e determinato». Che restino dentro il Partito democratico convinti e determinati tutti quelli che lo hanno appoggiato è veramente da vedere.

 

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