il Manifesto 11 marzo 2023
Il 18 aprile il Riformista cambia nome e diventa l’Unità
La lettera aperta dei giornalisti dell’Unità che denuncia l’operazione dietro il ritorno della testata in edicola con la direzione di Piero Sansonetti
Il Cdr, le redattrici e i redattori de l’Unità fondata da Antonio Gramsci
Il 18 aprile l’Unità tornerà in edicola. Ma senza le giornaliste e i giornalisti che la storica testata della sinistra hanno difeso e fatto vivere anche negli anni bui e dolorosi della sua chiusura.
In questo nuovo progetto editoriale noi, lavoratori dell’Unità licenziati nei giorni scorsi dal curatore fallimentare, semplicemente non esistiamo. Cancellati.
Il direttore designato Piero Sansonetti dirigerà un giornale realizzato, sia nella parte cartacea che in quella online, dai redattori de Il Riformista. I giornalisti e i poligrafici dell’Unità non saranno della partita. Viene, infatti, ignorata una questione cruciale, sancita da sentenze che fanno giurisprudenza: la testata sono anche i suoi lavoratori. Un legame indissolubile.
Il 18 aprile semplicemente Il Riformista cambierà nome e si chiamerà l’Unità. Questo è il progetto, sicuramente inedito. Siamo di fronte a un caso mai contemplato nel mondo del lavoro e che, soprattutto in ambito editoriale, può aprire scenari con esiti drammatici. Lo ribadiamo al direttore Sansonetti e all’editore Romeo: la testata sono anche i lavoratori. Un concetto tanto più vero nel caso dell’Unità, per la storia e il ruolo del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, ma anche per l’abnegazione e i sacrifici con cui noi giornalisti e poligrafici ci siamo battuti per tenere in vita il giornale, unici, assieme alla Federazione nazionale della stampa e alle associazioni regionali, a denunciare la vivisezione della testata e dei suoi archivi.
Siamo stati gli unici a pagarne le conseguenze.
Il 3 giugno 2017 l’Unità è stata chiusa per le scellerate scelte dell’editore Pessina, nel silenzio complice del Partito Democratico che ne deteneva una quota e alla quale ha poi rinunciato senza darne neanche comunicazione al Cdr. Nel frattempo – parliamo di un arco di tempo lungo 6 anni – si sono perse le tracce dell’Archivio storico e di quello Fotografico, patrimonio di questo Paese che, grazie alla nostra collaborazione e al nostro impegno, nei mesi scorsi sono stati indicati alla curatela fallimentare e ritrovati. Apprendiamo ora che anche l’archivio online è stato ceduto con la testata e appartiene al nuovo editore.
Non è una bella storia quella che raccontiamo e ai responsabili vecchi e nuovi diciamo un forte, corale “NO”. Non esiste spazzare via un intero corpo redazionale, parte indissolubile di un giornale che ha parlato sempre alla sinistra, che ha dato voce alle sue istanze. E tutto questo proprio ora con un governo di destra così aggressivo nei confronti dei fragili.
Scusaci Sansonetti (cit) ma proprio non va. E lo diciamo a voce alta, senza paura, con la schiena dritta che l’Unità ci ha insegnato ad avere.