Riforma Nordio. Intesa Meloni Renzi Calenda. Tempi, elezioni Europee

Francesco Verderami Corriere della Sera 11 marzo 2023
Nordio riprova a partire con la riforma della giustizia. L’asse con il Terzo polo
Nel mirino del Guardasigilli ci sono soprattutto l’abuso d’ufficio e il traffico di influenze


Il Guardasigilli ha smesso di parlare ma non di scrivere. E ha inviato alla premier i provvedimenti sulla giustizia da varare per i prossimi mesi. L’obiettivo di Carlo Nordio è ristabilire le priorità che si era dato quando è entrato al ministero. Priorità che nei primi mesi sono state stravolte da questioni «emergenziali»: tra le norme sui rave party, l’ergastolo ostativo e il caso Cospito, è saltato il timing sui progetti di riforma con cui si era presentato al Parlamento.

E siccome vuole recuperare sulla tabella di marcia, ha illustrato a Giorgia Meloni i progetti che vorrebbe licenziare in Consiglio dei ministri per poi sottoporli all’esame delle Camere. In agenda ha inserito l’abuso d’ufficio (che mira sempre a cancellare), il traffico d’influenze (che intende quantomeno cambiare) e la custodia cautelare (che vuole assolutamente modificare).

«Le norme sono in fase di elaborazione», ha assicurato a un dirigente del Terzo polo, con cui ha discusso come se fosse un alleato più che un avversario. Forse perché l’ostilità il Guardasigilli ce l’ha in casa. In ogni caso perché sulle riforme della giustizia il partito di Calenda ha manifestato in più occasioni un atteggiamento di aperta collaborazione, sospesa nei giorni della polemica per il «caso Delmastro-Donzelli». Superata quella fase, i rapporti sono ripresi. Anche se il dialogo tra Palazzo Chigi e i vertici della forza riformista in realtà non si è mai interrotto. E spazia su molti altri temi: dalla politica internazionale a quella energetica. Fino alla difesa e addirittura all’immigrazione.

Raccontano infatti che la presidente del Consiglio abbia apprezzato l’atteggiamento del Terzo polo verso il governo dopo la tragedia di Cutro. E in particolare il discorso tenuto al Senato da Matteo Renzi: l’ex premier — nonostante abbia criticato la gestione del naufragio e la relazione presentata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi — è parso costruire «un ponte» verso l’esecutivo. Dall’altro lato della barricata, Azione e Italia Viva mostrano «interesse» verso la parte del decreto sull’immigrazione — appena varato dal governo — che si occupa della gestione dei flussi.

In effetti quelle norme rappresentano una vera novità, per quanto Meloni non le abbia enfatizzate. Ma il fatto che il provvedimento preveda l’ingresso di forza lavoro straniera in Italia, e che la quota di migranti a cui concedere il visto possa essere aumentata all’occorrenza attraverso un semplice Dpcm, non testimonia solo l’accentramento della materia a palazzo Chigi. È il segno di una svolta per un gabinetto di destra-centro. Fa capire come palazzo Chigi stia lentamente modificando la sua rotta «sovranista». Accredita con un ulteriore indizio quel progetto europeo che il lungo colloquio fuori protocollo di Meloni con il premier olandese ha reso ancor più manifesto. Specie se fosse vero che Mark Rutte starebbe pensando di succedere a Charles Michel alla presidenza del Consiglio dell’Ue.

E visto che le dinamiche politiche a Bruxelles ormai si sovrappongo a quelle di Roma, i segnali nel Palazzo della capitale italiana fanno capire che esistono chiari punti di contatto tra la leader del partito di maggioranza e la forza di opposizione: «Da entrambe le parti ne siamo consapevoli», spiega un esponente del Terzo polo tendenza Calenda. Al momento non è dato sapere cosa accadrà, perché — sostiene un forzista di governo — «il tema non è ancora in agenda. Ma ci entrerà».

È solo questione di tempo, «questo è il tempo delle donne», commenta sibillino Renzi senza esporsi. Ma di rimbalzo, rappresentanti dell’esecutivo non nascondono che i rapporti alla linea di confine tra maggioranza e opposizione «saranno importanti quando inevitabilmente arriveranno i momenti di fibrillazione». Cioè a cavallo delle Europee, «prima durante e dopo» il voto del 2024 che darà il fixing dei rapporti di forza nel Paese, per effetto del sistema elettorale proporzionale. Per allora è previsto un ulteriore (e sostanziale) mutamento della geografia politica nazionale.

Nell’attesa, la quotidianità parlamentare intensifica i momenti di confronto. Al punto che non si capisce se siano più i terzopolisti ansiosi di veder arrivare presto alle Camere le riforme di Nordio rispetto agli alleati di Meloni. E ad alcuni suoi compagni di partito.

 

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