La figlia di Cheney contro i repubblicani di Trump

Massimo Gaggi Corriere della Sera 4 novembre 2022
La conservatrice Liz soccorre i democratici
Liz Cheney, la conservatrice integralista che corre in soccorso dei democratici. «Non avrei mai creduto di poter arrivare a votare democratico, ma vi assicuro che, se fossi residente in Arizona, lo farei».

 

Dall’Ohio all’Arizona, passando per il Michigan, Liz Cheney, deputata rigidamente conservatrice ormai a fine mandato e figlia di Dick, il vice di George Bush che per otto anni fu l’«uomo nero» della Casa Bianca, sta sostenendo candidati del partito di Biden contro quelli della sua parte politica.

Ha pagato caro l’aver sempre indicato Trump come il veleno che stava corrompendo il movimento conservatore. Ha votato per il suo impeachment ed è stata attivissima nella Commissione della Camera che indaga sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Per questo, prima è stata estromessa dalla guida dei repubblicani alla Camera, poi è stata censurata dal partito nel suo Stato, il Wyoming. Infine, pur essendo un deputato in carica, erede di una celebre dinastia politica, ha perso le primarie contro un candidato sconosciuto ma appoggiato da Trump. Ora Liz dice di non voler affatto lasciare il partito, ma aggiunge di essere decisa a fare di tutto, anche a costo di appoggiare qualche candidato democratico, per ostacolare l’occupazione trumpiana del Grand Old Party che, secondo lei, ucciderà non solo il vecchio movimento repubblicano coi suoi valori, ma anche la stessa democrazia americana: «Se vogliamo fare in modo che la Repubblica sopravviva, dobbiamo andare oltre una politica fatta nei modi consueti».

Così nei giorni scorsi Cheney è andata in Ohio a sostenere Tim Ryan, il democratico che contende il seggio senatoriale dello Stato a JD Vance, il finanziere e scrittore (noto anche in Italia per il suo «Elegia Americana») imposto da Trump contro il volere del partito repubblicano. Poi è passata in Michigan ad aiutare una candidata progressista in difficoltà, Elissa Slotkin. E ha cominciato a bombardare di messaggi l’elettorato dell’Arizona, convinta che l’elezione a governatore e segretario di Stato di due ultrà trumpiani sarebbe «una grave minaccia della democrazia» vista la loro dichiarata sfiducia nel sistema elettorale sul quale questa democrazia è basata.

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