Scholz in Cina spacca il governo tedesco e apre sospetti in occidente

Paolo Valentino Corriere della Sera 4 novembre 2022
Scholz a Pechino tra incognite e polemiche

È un viaggio pieno di incognite e fonte di forti polemiche, all’esterno e all’interno della Germania, quello del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Pechino, dove domani incontrerà Xi Jinping.


 

 

Scholz è il primo leader del G7 a recarsi in Cina dallo scoppio della pandemia e il primo a vedere il presidente cinese dalla sua recente riconferma al vertice da parte del Congresso del Partito comunista, che ne ha fatto il dominus incontrastato della Superpotenza asiatica.

Scholz sarà accompagnato da una nutrita delegazione di imprenditori tedeschi, fra cui i capi di Siemens, Basf, Volkswagen e Bmw, una scelta che secondo molti osservatori tradisce la volontà del cancelliere di mantenere intensi rapporti economici con la Cina, che negli ultimi sette anni è stata il primo partner commerciale della Germania. Ma questo appare in aperto contrasto con il programma e le intenzioni della coalizione di governo, che all’atto del suo insediamento aveva annunciato di voler ridurre la sua dipendenza economica dalla Cina e rafforzare invece i legami con i Paesi democratici dell’Asia.

ùLa netta divisione interna al governo è diventata pubblica la scorsa settimana, quando gli alleati Verdi e liberali hanno duramente criticato il via libera dato da Scholz all’acquisto da parte del gruppo cinese Cosco di una quota del 25% di uno dei terminali del porto di Amburgo. «Rischiamo di ripetere gli stessi errori commessi con la Russia», ha detto il ministro dell’Economia, il verde Robert Habeck. Martedì poi, la ministra degli Esteri, la verde Annalena Baerbock, ha espresso grosse riserve sull’opportunità del viaggio di Scholz a Pechino, che appare già intenzionata a sfruttare la visita come prova delle divisioni interne all’Occidente: «Se l’Europa taglia i suoi legami con la Cina, potrà essere veramente più indipendente e sicura?», si è chiesto in un editoriale uno dei media statali.

Dietro le scene, una battaglia è in corso dentro il governo tedesco, sui principi fondamentali che devono ispirare la politica verso la Cina e che faranno parte di un documento strategico ufficiale, la cui pubblicazione è prevista in gennaio. Così forti sono state le riserve e le voci critiche alla vigilia del viaggio cinese, che Olaf Scholz ha dovuto lanciare una difesa in grande stile delle sue scelte. Oltre a mandare il suo consigliere diplomatico Jens Plötner a Washington, per rassicurare l’Amministrazione americana sulla determinazione tedesca a non concedere nulla alla Cina, Scholz è intervenuto con un editoriale pubblicato contemporaneamente sul sito Politico e sulla Frankfurter Allegemeine Zeitung.

Secondo il cancelliere, la Germania deve cambiare il suo atteggiamento verso la Cina, nel momento in cui torna verso l’ortodossia marxista-leninista, centralizzata in economia e ancora più autoritaria sul piano politico. Ma allo stesso tempo, Scholz ha messo in guardia dal rischio di isolare Pechino, invocato da molti in Occidente, perché «con i suoi 1,4 miliardi di abitanti e il suo potere economico continuerà a svolgere un ruolo chiave sulla scena mondiale anche per il futuro». Secondo il cancelliere l’obiettivo della Germania e di altri Paesi non può essere quello di spezzare i legami produttivi con la Cina. Tuttavia, Pechino non deve perseguire l’obiettivo «di una dominazione egemonica cinese o addirittura di un ordine mondiale sino-centrico».

Nel suo editoriale, Scholz ha cercato anche di contrastare la critica, secondo cui il suo viaggio scredita la costruzione di un approccio comune europeo verso la Cina.
Secondo fonti diplomatiche, il presidente francese Emmanuel Macron aveva proposto al cancelliere di recarsi insieme a Pechino, in segno di unità europea, ma Scholz ha detto di no. «La politica tedesca verso la Cina – scrive ora il capo del governo federale – può avere successo soltanto quando è parte essenziale di quella europea». Infine, Scholz ha chiesto nuovamente alla Cina di «cessare il suo appoggio alla Russia nella guerra in Ucraina», ricordando che in quanto membro permanente del Consigli di Sicurezza dell’Onu, Pechino porta una responsabilità speciale per assicurare il rispetto della Carta delle Nazioni Unite.

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