Schlein in campo: «Sento buon vento, posso guidare il Pd»

Monica Guerzoni Corriere della Sera 5 dicembre 2022
Elly Schlein scende in campo: «Sento buon vento, posso guidare il Pd»
La candidata in corsa per il Nazareno: no a una resa dei conti identitaria

 

Elly Schlein risponde al cellulare che sono le cinque e fa già buio. L’anti Giorgia è alla stazione ad aspettare il treno per Bologna ed è ancora emozionata per «l’atmosfera calda» e le strofe di Bella ciao, intonate dai seicento stipati al Monk per il lancio della sua candidatura a segretaria (e non segretario) del Pd: «Sento un buon vento, la possibilità di farcela è alta». Una outsider può sconfiggere Bonaccini e conquistare il Nazareno? «Io sono in campo per vincere». Si sono fatti sentire Letta, Prodi, Bersani? «Ho il telefono inondato di messaggi… Quelli che ancora non ho letto sono 101 e la cosa mi fa sorridere».

Coincidenze, o presagi. Quel numero sta inciso nella carne viva nel Pd e nella storia di questa donna italo-svizzera-americana di 37 anni che ama un’altra donna e nel 2013, quando ne aveva 28 e dopo aver fatto due volte la volontaria nella campagna elettorale di Obama, esordiva come portavoce di Occupy Pd: fu lei a consegnare a Romano Prodi la t-shirt dei giovani indignados, con su scritto «Siamo più di 101», per risarcirlo dopo l’alto tradimento subito dall’ex premier alle elezioni per il Quirinale. Due lustri e sei segretari dopo ci prova lei a «salvare il mondo con un pollo di gomma con carrucola», per dirla con il videogioco Monkey Island a cui ha affidato la sua bio su Twitter. Sul social di Elon Musk la seguono in 111 mila. Nello «spazio trasversale» di Portonaccio sono arrivati in mille, vecchi militanti che ancora sperano nella rinascita della sinistra e pure tanti giovani ed è a loro che Schlein lancia l’appello per la discesa in campo: «Non siamo una corrente nuova, siamo un’onda. E se lo facciamo insieme io ci sono, non mi tiro indietro. Costruiamo insieme questa candidatura, per dimostrare che io posso-diventare-la-segretaria-del-nuovo-Partito democratico!».

Guance rosse, lacrime e ovazione in piedi, mentre l’intera sala canta «o partigiano, portami via» e abbraccia la ex parlamentare europea che ha gridato no «a un uomo o a una donna sola al comando», no «a una resa dei conti identitaria». E, per quanto molti le rimproverino un’origine elitaria e una certa tendenza all’individualismo, ha declinato il suo intervento usando il «noi». In settimana la deputata indipendente prenderà la tessera del Pd «per rispetto di una comunità» e, «taccuino e zaino» in spalla, comincerà la corsa verso le primarie del 19 febbraio. Sempre che le riesca l’impresa, visto che non ha truppe cammellate. «Ha carisma e talento, ma non ce la può fare», chiede l’anonimato un ambientalista romano.

Piove forte, eppure tanti ascoltano fuori sotto l’ombrello, tra ping pong, biliardini e murales. Ma dove sono i parlamentari del Pd? Franceschini si è fatto vedere? No, ma ci sono Peppe Provenzano, Alberto Losacco, Michela Di Biase, Chiara Braga, Laura Boldrini, Arturo Scotto. Alle 10.36 Elly Schlein si piazza dietro il leggio al centro della sala in giacca blu elettrico, camicia a rigoni rossi, jeans, sneakers e microfono in mano. Niente palco, niente dirigenti schierati in prima fila, le sedie sono «a cerchio» come nella sala arroventata di un circolo. Si scusa per le spalle, ringrazia «compagne e compagni» e non trattiene le lacrime ricordando l’attentato anarchico subìto ad Atene da sua sorella diplomatica, Susanna Schlein: «Sono stati giorni difficili, avevo proprio bisogno di stare insieme». Ringrazia Letta, saluta Bonaccini e De Micheli, strappa applausi per Bersani e il mai nato «governo del cambiamento», sferza Renzi per aver «lasciato macerie», dopo aver «umiliato chiunque avesse un’idea diversa». Il resto è Elly contro Giorgia (Meloni). Perché guida la «peggiore destra di sempre», per le «gaffe quotidiane di ministri inadeguati», per i condoni e la manovra «contro i poveri» e perché non tutte le leadership femminili sono femministe: «Non ce ne facciamo niente di una donna premier che non difende le altre donne».

Le parole d’ordine sono quelle di una sinistra laburista, senza se e senza ma. Conversione ecologica, lavoro di qualità, sanità pubblica, redistribuzione «della ricchezza, del potere e del sapere», lotta alle diseguaglianze e alla precarietà, progressività fiscale e diritto alla casa. Sì al reddito di cittadinanza e no all’autonomia differenziata: «Il Paese va ricucito, non diviso». Nulla la fa arrabbiare, come l’accusa di occuparsi poco di diritti sociali: «Non amo parlare in prima persona. Ma dire a me, magari per il mio orientamento sessuale, che mi occupo solo di diritti civili non è sano». Se è sopravvissuta nel mare tempestoso del Pd, è perché ha «rifiutato le logiche di cooptazione». E adesso, dopo la fatica «che ho fatto per arrivare sin qui», si sentirebbe «fessa» a finire in trappola. Basta correnti, dunque? «Non ci saranno mai gli schleiniani». E se vince lei, sarà scissione? «Noi restiamo, chiunque vinca».

 

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