A chi si rivolge la premier

Stefano Folli La Repubblica 30 dicembre 2022
A chi si rivolge la premier
Meloni in conferenza ha parlato soprattutto ai suoi elettori, concendendo poco agli alleati e nulla all’opposizione

 

 

La conferenza stampa di fine anno della presidente del Consiglio ha avuto molti significati, ma il senso politico è stato soprattutto uno. Certo, Giorgia Meloni ha voluto rispondere a chi l’aveva criticata, non senza ragione, per il modo sbrigativo e non troppo cortese con cui aveva tagliato corto in un precedente incontro con i giornalisti: per cui stavolta abbiamo visto una specie di maratona Telethon, 45 domande per tre ore di risposte, una dimostrazione di leadership mediatica, il desiderio di mostrarsi all’altezza del compito in ogni campo dell’azione di governo. Sorrisi e qualche stoccata. Agli alleati concesso il minimo (“mi fido di loro”), all’opposizione ancora meno.

Di ciò e delle ovvie polemiche che il lungo intervento ha sollevato parlano gli articoli che il giornale dedica alla premier. Ma l’aspetto politico si coglie rispondendo alla domanda: a chi si rivolgeva Giorgia Meloni? Quali erano ieri i suoi interlocutori? Se è vero che con la legge di bilancio si chiude la fase inaugurale del governo di destra-centro, c’era una platea da rassicurare e indirizzare verso i prossimi obiettivi. È la vasta platea degli elettori di Fratelli d’Italia: forse anche della coalizione FdI-Lega-FI nel suo complesso, ma in primo luogo il partito della premier.

È a questo pubblico che lei si rivolge nel momento in cui ribadisce l’intenzione di governare per cinque anni, cioè tutta la legislatura, garantendo l’impegno “a dare sempre il massimo”. È chiaro che nessuno oggi può scommettere su di una durata persino anomala rispetto al costume italiano. Ma la volontà è evidente, come è esplicito il desiderio di non scadere nel piccolo cabotaggio, cioè nella tendenza a vivacchiare che era tipica di alcuni governi del passato. “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia” chiosava ironico Giulio Andreotti.

Viceversa la giovane Meloni vuol dare l’idea di un impegno costante, volto a lasciare il segno. Ovviamente un segno di destra, nei limiti del sentiero in buona parte tracciato dentro la cornice europea: un impianto che alla premier piace fino a un certo punto, ma da cui non può prescindere. Quello che può fare, e ieri lo ha fatto, è mantenere alta la tensione tra chi l’ha votata. La nuova fase del governo, quella che comincia in gennaio, deve dimostrare che il nesso tra la premier e il suo mondo è più saldo che mai.

Ecco allora il rilancio della riforma presidenzialista: accennata in forme un po’ generiche, ma al tempo stesso presentata come una priorità. Ecco il pieno sostegno – e pochi ne dubitavano – al ministro Nordio per la riforma della giustizia. E poi la rivendicazione orgogliosa della propria storia: il Movimento Sociale come il veicolo che permise a “milioni di italiani sconfitti dalla guerra di approdare alla democrazia”. Sono tutti temi divisivi, ma non sembra che la presidente sia intimorita da tale prospettiva: anzi, si potrebbe dire che cerca il confronto anche aspro, in Parlamento e fuori, proprio perché ha bisogno di mobilitare i suoi seguaci. E magari far loro dimenticare che al momento non ci sono risorse economiche per riforme costose. Magari ci saranno in futuro, ma a quel domani bisogna arrivarci.

A questo punto le spine riguardano il rapporto con l’Unione. Le critiche alla Bce sono un altro modo di parlare a un’opinione pubblica diffidente verso i “poteri forti”. Ma soprattutto la questione del Mes resta insidiosa. Non ratificarlo è quasi impossibile ed esporrebbe Roma a una frattura con Bruxelles che pochi vorrebbero. Ratificarlo e non utilizzarlo è la strada più ovvia, ma le pressioni per usufruire di quei miliardi saranno molto forti, anzi sono già in atto. Giorgia Meloni si troverebbe in urto con un segmento non piccolo del suo elettorato. Spera perciò di negoziare con il direttore del fondo una serie di condizioni più favorevoli in cambio del “sì” italiano, ma al momento è solo una vaga ipotesi.

 

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