L’Occidente bloccato nella  scelta di sciogliere i nodi o usare la spada

Massimo Cacciari La Stampa 2 gennaio 2023
L’Occidente che non riesce a sciogliere i nodi di Gordio
Un antico oracolo aveva vaticinato che chi avesse sciolto il nodo della correggia che legava il giogo al timone di un vecchio carro appartenuto un tempo a Gordio re di Frigia e padre di Mida avrebbe conquistato l’Asia.

 

La leggenda presenta diverse versioni, ma quella che ha finito col prevalere narra come Alessandro, in procinto di scatenare la sua grandiosa offensiva contro la grande Terra del Gran Re, abbia risolto l’enigma troncando semplicemente il nodo con un deciso colpo di spada. Il nodo è simbolo di un groviglio di contraddizioni che il discorso, il logos sembra non essere in grado di dipanare. Arcipelago greco e Impero persiano si combattono da secoli senza soluzione. È giunto il momento della decisione. Che uno solo comandi, e solo allora sarà armonia tra le parti del mondo.

Il nodo di Gordio si riannoda continuamente nella storia. E continuamente sono riapparsi pretesi eredi di Alessandro. Muta la forma del nodo e mutano i personaggi del dramma, ma non muta il problema: il nodo può sciogliersi senza ricorrere alla spada? Forse a una sola condizione: che non si avverta la contraddizione come un male in sé, e che, d’altra parte, non si permetta che le ragioni del conflitto si moltiplichino senza che a esso si conferisca alcun ordine. Se Grecia e Asia, se Occidente e Oriente non riescono a definire un Diritto internazionale, che entrambi riconoscono e rispettano, quel nodo diventerà intollerabile, soffocante, rendendo inevitabile la “soluzione” di Alessandro. Da troppo tempo ormai siamo di nuovo col fiato sospeso di fronte alla concreta possibilità di un simile esito.

Il nodo delle contraddizioni si aggroviglia sempre più. Quelle palesi tra i Titani usciti vittoriosi dalla Seconda Guerra Mondiale coprono oggi forse quella davvero strategica che oppone Stati Uniti e Cina. Nulla è stato compiuto per disinnescare la bomba ucraina, tuttavia è evidente come qui il conflitto non abbia le potenzialità catastrofiche di quelle che aveva assunto nella Guerra fredda. La Russia attuale non può competere sotto nessun profilo con l’America. La Cina, invece, da immensa piattaforma manifatturiera sta compiendo uno straordinario balzo in avanti sul piano dell’innovazione tecnologica. E tecnologia significa potenza militare e perciò politica. Le diatribe che qualche anno fa potevano apparire soltanto di natura commerciale rivelano ormai con chiarezza il loro carattere geo-politico. L’Impero americano non sarà un ex-Impero, ma certo non potrebbe oggi pretendere ad alcuna egemonia planetaria. A meno di non tentare la carta di un risoluto taglio del nodo. Lo stesso vale per ogni altro Impero, passato o in fieri che sia. O il nodo è inteso come inseparabilità tra organismi culturali e politici diversi, o esso viene “tollerato” come espressione di una polarità che tiene insieme il nostro globo, e su questa idea si costruiscono trattati, patti, un Diritto dotato di organismi terzi rispetto agli Stati e capaci di farlo valere, oppure sarà necessario, con alterne fortune, rassegnarci all’attesa di Alessandro.
Ma le decisioni che ci aspettano riguardano anche i conflitti interni alle metropoli dell’Occidente. Fino a che punto potrà avanzare l’incontrastato dominio degli interessi delle grandi multinazionali dell’informazione, dell’energia, dei “complessi” industriali-militari senza che ciò conduca a sostanziali mutamenti dei regimi democratici? Quanto potrà ancora durare la “pazienza” di moltitudini proletarie in tutti i sensi che si combinano a settori sempre più ampi di middle class impoverita, di fronte all’impotenza dei ceti politici nel contrastare indecenti disuguaglianze e nella salvaguardia dei servizi di Welfare, che dell’Occidente, almeno europeo, erano stati bandiera e vanto? E c’è chi si candida a guidare un partito che veniva “da sinistra” e giudica “medievale” parlare di conflitto tra capitale e lavoro! Muti pure i termini, se gli piace. Ma prima studi un poco la situazione negli stessi USA e scopra come Biden abbia salvato la pelle nelle recenti elezioni di mid term proprio sostenendo importanti lotte sindacali dei lavoratori di Amazon, del settore della grande distribuzione, dei servizi pubblici e privati. Contraddizioni e lotte potenzialmente esplosive, al nostro interno, anche se i resti delle sinistre europee non soltanto non sanno organizzarle, ma addirittura vorrebbero rimuoverle.

Sì, l’Occidente dovrebbe davvero riscoprire i propri valori – e cioè ciò che per noi deve valere, avere peso, contare nelle nostre decisioni, possedere reale efficacia. Questo significa valore – non le chiacchiere retoriche che ci vengono imbandite da una politica impotente. Valori dovrebbero essere per noi uguaglianza di opportunità, diritto pieno allo studio e alla salute, far valere il bene comune nei confronti dell’interesse privato, difesa del reddito delle classi colpite dall’inflazione, e colpite anche nel loro status sociale. Valore primario è la libertà della persona contro ogni paternalismo statuale, contro ogni norma che non sappia rendere ragione di sé, nel pubblico confronto delle idee; valore primario è che mai la pena assuma il sapore della vendetta, come avviene oggi nel caso dell’anarchico Alfredo Cospito, ergastolano di fatto, chiuso “a regola” del 41 bis al pari degli stragisti mafiosi, e colpevole di un attentato fortunatamente senza vittime né ferite a una caserma di carabinieri nel 2006 (che ha da dire a questo proposito la nostra scienza giuridica e il nostro diritto penale che si gloria erede di Beccaria?). Valore primario per noi, per la nostra Costituzione, è lavorare infaticabilmente perché i nodi internazionali vengano con metodo, con pazienza, con intelligenza risolti, ascoltando tutte le ragioni, giudicando certo, ma senza che il giudizio si trasformi automaticamente in condanna senza appello. Perché dove questa venga pronunciata, cessa il confronto. E la cosa si decide soltanto con la spada.

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