Roma diventa la capitale italiana dell’astensione

Giuliano Santoro il Manifesto 15 febbraio 2023
Roma diventa la capitale italiana dell’astensione
La disaffezione al voto nella città che un anno fa ha eletto Gualtieri ridisegna le mappe elettorali e scuote il centrosinistra

 

Roma è la capitale dell’astensione: due terzi degli elettori capitolini domenica e lunedì non sono andati alle urne. Il fenomeno ha pesato soprattutto sul risultato del centrosinistra, visto che è venuto a mancare quello che si considerava dovesse essere il serbatoio di voti di Alessio D’Amato. Una doppia beffa, visto che proprio l’inceneritore romano, annunciato dieci mesi fa dal sindaco Roberto Gualtieri, è stata la causa ufficiale (per alcuni il «pretesto») della rottura dell’alleanza tra centrosinistra e Movimento 5 Stelle.

INSOMMA, la metropoli che gioca la parte del leone nella politica regionale alla fine ha partecipato poco e niente al voto per la prossima consiliatura, nonostante chieda da tempo (e la proposta almeno informalmente godrebbe di un consenso bipartisan) poteri speciali, da città-regione, per poter amministrare il suo territorio sconfinato. Dalla composizione del prossimo consiglio regionale, insomma, deriva un problema politico. Basta scorrere i nomi degli eletti, ad esempio, per capire che il mancato voto dei romani si riconosce nella mappa degli eletti.

NEL PD CE l’hanno fatta, ad esempio, Eleonora Mattia e Mario Ciarla, considerati molto vicini al deputato e grande sponsor politico di Gualtieri Claudio Mancini, ma gran parte del gruppo che farà opposizione al destra-centro di Francesco Rocca è composto da consiglieri che provengono dalla provincia o da altre zone della Regione. Il fenomeno si riflette anche sugli eletti a sinistra.

Se nella lista per D’Amato la spunta Marta Bonafoni, espressione del laboratorio civico Pop!, tra la Sinistra Verde Claudio Marotta, di Sinistra civica ecologista, è passato dopo un testa a testa all’ultimo voto con Alessio Pascucci, che è stato sindaco di Cerveteri e che in quel pezzo di territorio della provincia romana settentrionale ha il sul serbatoio di voti.

Lo stesso accade presso la «sinistra per Conte» del Polo progressista di Fassina, De Petris e Cento: la capolista Tina Balì, segretaria nazionale della Flai Cgil, ha lasciato il passo alla giovane assessora del comune di Albano Laziale Alessandra Zeppieri, espressione di un territorio che da anni lotta contro il progetto a discarica ai Castelli.

A PROPOSITO della perdita di centralità di Roma nella geopolitica laziale (e nazionale) bisogna anche notare che in molti nel M5S hanno notato il poco impegno nella campagna elettorale per Donatella Bianchi da parte dell’ex sindaca Virginia Raggi, che continua ad avere un seguito presso il popolo grillino e che si è vista poco e niente agli eventi delle scorse settimane. Al tempo della sua elezione, le mappa del voto parevano rappresentare una specie di vendetta dei margini sul centro: tutte le periferie si coloravano di giallo 5 Stelle e soltanto i municipi dentro l’anello ferroviario della città storica erano assegnati al centrosinistra.

«LA SCONFITTA netta alle elezioni regionali e il crollo dell’affluenza impongono una riflessione collettiva e profonda» riflette il coordinatore del Pd romano Andrea Casu. Che tuttavia sostiene che in qualche modo si possa «ripartire dai dati di Roma». Nella capitale il Partito democratico ha raccolto il 22,44%. «Confermiamo una tendenza di crescita rispetto al 2021 già registrata alle politiche e il ruolo di prima forza di opposizione al governo Meloni in città».

In effetti, al netto dell’astensione e se si dimentica per un attimo l’ingombrante dato della sconfitta contro la destra, il dato specifico è in crescita rispetto alle comunali dell’ottobre 2021 in cui venne eletto Gualtieri con la vistosa anomalia che il partito del sindaco si era fermato al 16,4%. Il che aveva suggerito che l’ex ministro dell’economia avrebbe dovuto costruire una coalizione plurale con diverse forze della sinistra e civiche che avevano contribuito a farlo vincere.

Quel laboratorio, per certi versi, è ancora in costruzione. La scelta di puntare sull’inceneritore ha sorpreso anche alcuni pezzi di maggioranza in Campidoglio, ad esempio, anche se di recente il sindaco ha fatto una cosa di sinistra reinternalizzando il lavoro di oltre 2 mila persone che nelle scuole di Roma si occupano di pulizia, ausiliariato, assistenza al trasporto e piccola manutenzione.

Restano in piedi le partite del Giubileo e di Expo, per le quali sarà fondamentale coordinarsi con il governo nazionale e la Regione, o del nuovo stadio della Roma, il cui progetto si è alleggerito spostandosi da Tor di Valle a Pietralata ma le cui opere accessorie rischiano di gravare sul comune invece che sui privati che propongono l’operazione. Grandi temi che decideranno il futuro della città e sui quali incombono le nuove mappe del voto romano.

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