Dopo undici anni e cinque processi alla fine ecco la sentenza definitiva: 25 mila euro di spese pazze

Giuseppe Legato, Bernardo Basilici Menini La Stampa 19 febbraio 2023
 
Dopo undici anni e cinque processi alla fine ecco la sentenza definitiva: 25 mila euro di spese pazze
Ascesa e caduta della pasionaria della destra tra incarichi, libri hot, ristoranti e capi firmati

La progressiva ascesa ai piani che contano della destra italiana, almeno in quota Nord Ovest, non si può certamente negare.

Non foss’altro perché a 40 anni è già stata eletta due volte (candidata tre) in Parlamento, un mandato in Regione, già dirigente provinciale della defunta Alleanza Nazionale e nell’esecutivo nazionale di Azione Universitaria, sigla che tanto bene ha portato anche a Giovanni Donzelli attuale vicepresidente del Copasir finito al centro delle rivelazioni sulle intercettazioni dell’anarchico Cospito al 41 bis.

E però, spiegazioni personali (ed extraprocessuali) a parte, è davvero pesante la condanna per Augusta Montaruli, da ieri colpevole senza più appello, di peculato e cioè per aver speso 25 mila euro dei cittadini piemontesi non esattamente a fini istituzionali.

Un anno e sei mesi, pronuncia definitiva. Ci sono voluti 5 processi e 11 anni per arrivarci. Assolta in primo grado, condannata in secondo grado, nel 2019 la Cassazione conferma l’impianto delle accuse ma rimanda di nuovo in Appello per una singola spesa contestata, il terzo grado/bis chiude i conti.

Nelle note spese del gruppo “Popolo della Libertà” presentate tra giugno 2010 e settembre 2012, ha inserito 20 mila euro di ristoranti, bar e pub, duemila euro per soggiorni in albergo, mille per abbigliamento, articoli per la casa, voce “varie”. Tra queste ricadono un microtouch (rasoio depilatore) due gioielli Swarovski (200 euro circa) e composizioni floreali.

C’è poi la borsa di Borbonese che l’ex consigliera ha dichiarato di aver messo in palio per una lotteria di quartiere, nella zona Nord della città mai pubblicizzata sui giornali e tantomeno sui volantini, 4800 euro per un corso sull’uso dei social network, 7200 per la creazione di un database (società Media Buyer srl) e sei mila euro per un monitoraggio sulla propria reputazione on line.

Infine: lavanderia, sigarette cornici, consumazione in yogurterie, pasticcerie e gelaterie «anche a tarda ora – si legge in sentenza – e in giorni festivi». Tutte spese «utilizzate per fini personali d estranee alla finalità normativa» per le quali Montaruli – secondo i giudici – è stata «beneficiaria indebita di denaro pubblico».

E poi ci sono due libri finiti nei conti del partito: “Mia suocera beve” e – soprattutto – “Sexploration». L’esperienza del sesso che fa divertire le coppie stanche e annoiate. Edizione Mondadori, allegate istruzioni per l’uso. Un po’ hard da far passare tra le spese istituzionali.

Tanto da spingere i giudici – in replica alle alternative spiegazioni dell’imputata – precisare come «non si colga il nesso con l’evento letterario sulla violenza sulle donne, stranamente organizzato in notturna».

Una «non occasionale appropriazione di somme da parte dell’imputata usate per soddisfare le proprie esigenze della vita quotidiana e che ha impiegato senza il timore neanche di un minimo controllo».

All’epoca lei, pasionaria già dai tempi delle battaglie (o se preferite barricate) all’università tra le fila di Azione Studentesca, passata per un viaggio a Predappio con tanto di foto, croce celtica e saluto fascista a braccio teso («un errore di gioventù»), la visse come un agguato dei pm: «Lo tirano fuori ora che la fase istruttoria è chiusa.

I procuratori sono in difficoltà rispetto alla mia posizione e usano questo colpo basso proprio». disse a La Stampa senza mai smentire. Ha restituito l’intera cifra contestata – «quasi il doppio» – ma le è valsa una attenuante per avvenuta riparazione del danno: in caso contrario la condanna sarebbe stata superiore.

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