Airaudo, Cgil: “L’e-car è il futuro, fermi si perdono posti”

Ettore Boffano il Fatto Quotidiano 20 febbraio 2023
 
“L’e-car è il futuro: i posti li perderemo restando indietro”
Meloni si muova: servono incentivi e poi impegni della ex Fiat su batterie, indotto e Torino

Giorgio Airaudo, ex leader della Fiom piemontese ai tempi di Sergio Marchionne e oggi segretario regionale della Cgil, si mette di traverso rispetto alle associazioni dei produttori e soprattutto ai politici che prevedono la fine del settore automotive italiano e della sua occupazione se sarà mantenuta la data del 2035 per la fine del motore termico.

“Io non credo che vaticinando tracolli dei posti di lavoro o invocando addirittura di allontanare la transizione ecologica verso l’elettrico si facciano gli interessi dei lavoratori italiani. Anzi, è esattamente il contrario”.

Non è un po’una contraddizione, per un sindacalista, opporsi a timori sull’occupazione che giungono addirittura dai datori di lavoro?

Niente affatto. Dipingere scenari così foschi, invece, serve solo agli interessi di quei datori di lavoro. Frenare la transizione, negare l’ormai irreversibile percorso verso l’elettrico, significa non solo tradire l’impegno per l’ambiente, ma anche non difendere i lavoratori della componentistica italiana. Se si continuasse a tenerli legati alle vecchie produzioni per il motore termico, li destineremmo a precipitare agli ultimi posti dell’occupazione in Europa: degli ultimi condannati a lavorare per vecchi prodotti. Invece di essere ai primi posti e lavorare per i nuovi prodotti richiesti dal motore elettrico.

Chi è che sta giocando questa partita sbagliata?

La politica che guida l’attuale governo di destra guarda già alle prossime Europee. In chiave anti Ue, per essere chiari. A parole difendono l’occupazione, in realtà non stanno facendo nulla per gestire la transizione ecologica. Stanno preparando invece il peggio per il lavoro legato all’automotive. Salvini e Giorgetti si fingono progressisti, ma sono dei reazionari.

Allarmi ingiustificati, insomma .

Per nulla, ma il problema è che, non volendo affrontare la situazione, si butta la palla in tribuna e, per di più, gridando ‘al lupo, al lupo’. Rinunciando , appunto, al proprio ruolo: governare.

Per essere chiari: cosa dovrebbe fare l’attuale esecutivo?

Essere meno deludente di come s’è mostrato in questi giorni. Soprattutto nei confronti di Stellantis, che è una multinazionale a controllo francese, ma che ha in mano gli stabilimenti italiani un tempo della Fiat e che è al centro, per l’Ita li a, del futuro della svolta elettrica. Giorgia Meloni sembra stare zitta, tradendo certe sue affermazioni pre-elettorali.

Dove e quando?

Vada a rileggersi il suo libro Io sono Giorgia. Si trovano frasi come queste: “Il nostro glorioso settore automobilistico, finito prima furbescamente con sede in Olanda e nel Regno unito. E ora, con l’o p eraz i on e Stellantis, sotto controllo francese. Uno scandalo che mette a rischio migliaia di posti di lavoro e le imprese dell ’i nd otto . Av v en u t o nel totale e colpevole silenzio di governi, grandi media e forze politiche. Tutti, tranne Fratelli d’Italia, ovviamente”.

 Oggi che cosa dice l’inquilina di Palazzo Chigi? La pensa ancora così?. Lei si è dato una rispost a?

Non so che cosa aspettarmi. Ma visto che si parla tanto di patriottismo, proviamo ad applicarlo a cominciare dal settore dell ’auto. Lo ripeto, il fulcro di questa questione da noi è Stellantis, anche se poi il settore della componentistica, per più della metà della sua produzione, è fornitore di marchi esteri. Dentro Stellantis, c’è direttamente lo Stato francese: Macron può dire all’ad Carlos Tavares che cosa deve fare; in Italia, invece, nonostante lunghissime stagioni di aiuti pubblici, il governo non ha voce in capitolo nella proprietà. Ma un arma, quella appunto degli aiuti, come gli incentivi per l’auto elettrica, ce l’ha. La usi.

Suggerimenti per una strategia del governo?

Pretendere assicurazioni e tempi ancor più rapidi per la gigafactory delle batterie elettriche a Termoli per sostituire le produzioni meccaniche che diventeranno inutili col motore elettrico. Soprattutto assicurazioni su che cosa accadrà a Torino e a Mirafiori, un altro luogo storico della Fiat dove le produzioni meccaniche sono destinate a sparire. Lì Stellantis vuole disfarsi di almeno metà dei 3 milioni di metri quadrati ancora destinati alla fabbrica. Ci sono trattative con gli enti locali sul fronte urbanistico, si vocifera di un accordo con Comune e Regione, ma le notizie che filtrano sono degne di una seduta spiritica. In cambio, Stellantis avrebbe promesso di collocare a Torino la struttura dello smaltimento delle auto usate e del recupero dei materiali riciclabili. Ecco, Meloni potrebbe cominciare da qui: per dimostrare di essere diversa da chi l’ha preceduta.

 

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