Schlein, l’underdog di sinistra: “Sarà il partito dei diritti e un problema per Meloni”

Emanuele Lauria La Repubblica 27 febbraio 2023
Schlein, l’underdog di sinistra: “Sarà il partito dei diritti e un problema per Meloni”
La neosegretaria: “Anche stavolta non ci hanno visto arrivare. Il popolo democratico è vivo, adesso non dobbiamo tradire questa fiducia”. E la premier si congratula

 

L’unico vezzo da star se lo concede nella notte più bella, lasciandosi attendere per trenta interminabili minuti malgrado il risultato già acquisito, il concession speech del rivale Stefano Bonaccini, l’applauso e gli abbracci dei collaboratori e dei big della sua mozione – Zingaretti, Boccia, Speranza, Provenzano – giunti a festeggiarla.

Quando manca un quarto d’ora alla mezzanotte Elly Schlein sbuca da una porticina e celebra finalmente il successo meno atteso: ecco la prima donna segretaria del Pd, ecco la prima candidata capace di ribaltare nelle primarie il risultato dei circoli. “Ce l’abbiamo fatta”, le prime parole seguite da un’ovazione. “Vi sono immensamente grata. Abbiamo fatto una piccola grande rivoluzione.

Anche stavolta non ci hanno visto arrivare… Il popolo democratico è vivo – scandisce – c’è ed è pronto a rialzarsi. Abbiamo avuto un mandato chiaro a cambiare davvero. Ricostruiremo fiducia e credibilità, laddove si è spezzata”.

Giacca rossa, sneakers bianche, la neosegretaria è commossa: “Un popolo si è riunito ed è la maggiore responsabilità che abbiamo. Abbiamo costruito un ponte fra l’interno e l’esterno del partito. Un ponte intergenerazionale”. Schlein traccia la base elettorale del “suo” Pd: donne, giovani, cittadini che si sono disaffezionati alle urne.

Quindi un moto d’orgoglio: “La comunità democratica è l’unica che ha scelto di rimettersi in discussione dopo il voto di settembre”. La premier Giorgia Meloni le fa pervenire le congratulazioni: “Spero che l’elezione di una giovane donna al Nazareno possa aiutare la sinistra a guardare avanti e non indietro”. Ma Schlein non fa sconti: “Saremo un bel problema per il governo Meloni.

Daremo un contributo a organizzare l’opposizione in Parlamento e nel Paese, a difesa dei poveri che l’esecutivo non vuole vedere, dei lavoratori sfruttati, della scuola pubblica nel momento in cui si tace sull’aggressione squadrista di Firenze. E siamo qui a fare le barricate contro ogni taglio della sanità”. Il discorso si chiude con una raffica di dediche, in primis quella al giornalista Curzio Maltese scomparso ieri.

È finita nel migliore dei modi la missione della ragazza che la politica l’ha conosciuta facendo la volontaria nelle campagne elettorali di Obama e che nel 2015 voleva occupare il Pd, andando di persona a consegnare a Romano Prodi – fermato dal fuoco amico nella corsa al Quirinale – una maglietta con la scritta “siamo più di 101”. Non si sa neppure se lui, Prodi, abbia ricambiato il favore, si sa solo che i suoi fedelissimi hanno votato Bonaccini. Ma poco conta, per chi ha sovvertito i pronostici aggiungendo la tenacia alle sue keywords: lotta alle diseguaglianze, clima e lavoro.

Il suo bilancio, al traguardo della corsa per le primarie, l’aveva trasferito su Instagram: più di novanta città visitate, da Aosta a Siracusa con una tappa anche a Bruxelles. Ovunque a portare il verbo dell’underdog – per usare un termine caro alla sua dirimpettaia di destra Giorgia Meloni – che si è messa in testa “di ricostruire e ridare credibilità a un Pd che deve stare al fianco dell’Italia che fa fatica”.

Si è proposta di far saltare “i cacicchi e i capibastone”, soprattutto quelli che stanno sui territori, governatori e sindaci. Visto che i big nazionali l’hanno invece sostenuta con convinzione. E dal primo all’ultimo giorno del suo viaggio su e giù per il Paese ha strizzato l’occhio a chi non ne poteva più del partito delle élite, della Ztl, offrendo un modello diametralmente opposto: Elly di sinistra ma minimal, un po’ nerd e un po’ Mafalda, una che denuncia il furto dello zaino ma non vuole che al partito si rubi ancora un pezzo d’identità: a partire dal tema dei diritti. “Serve una leader femmina e femminista: con Schlein mi sento più sicuro”, sorride Alessandro Zan, mentre attende con lei il risultato.

All’ultima tappa, lo spazio teatrale Diamante sulla Prenestina adibito a comitato elettorale (scelto non casualmente lontano dai quartieri borghesi di Roma), Schlein è giunta senza cambiare passo. Sveglia nella casa del quartiere bolognese del Navile, poi il voto nel seggio di via Mentana, sempre nel capoluogo emiliano, sotto una pioggia intensa “che non ha impedito l’ondata di partecipazione che mi aspettavo”.

Selfie e applausi soprattutto dalle elettrici giunte al gazebo, un sorriso a tutti, uno sguardo ai grandi fatti di cronaca (“La tragedia di Crotone dimostra che i decreti del governo sono disumani”) e subito il tuffo nel suo mondo fantastico: c’è l’ostentato compiacimento per il sostegno annunciato dal fumettista Sio e per un militante che dice di votarla perché è riuscita a raggiungere l’ultimo livello di un videogioco di grido. Dopo pranzo via in treno per la Capitale, per capire se la rincorsa dell’ultima arrivata, con in tasca una tessera presa solo a dicembre nella storica sezione della Bolognina, fosse andata davvero a segno. Così è stato.

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