Il ring di Massimo Franco, la rissa disturba la Meloni in Europa

Massimo Franco Corriere della Sera 8 marzo 2023
Naufragio di Crotone: uscire dalla logica del ring
La riunione del Consiglio dei ministri che la premier Giorgia Meloni ha convocato in Calabria è un gesto di attenzione, se non di riparazione per quei morti

 

Non era facile il compito del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Doveva difendersi da accuse giustificate e strumentali, mescolate in modo quasi inestricabile dopo la tragedia dei migranti annegati a Cutro, in Calabria, dieci giorni fa. Intrappolato su un simbolico ring, nel quale i colpi arrivano e partono con logiche di parte, ha dato la propria versione al Parlamento con motivazioni tecniche, più che politiche. E questo non poteva non lasciare aperti molti interrogativi. Ma il problema che si delinea è proprio quello di uscire dalla «logica del ring»:
per la maggioranza e per le opposizioni.

La riunione del Consiglio dei ministri che la premier Giorgia Meloni ha convocato in Calabria è un gesto di attenzione, se non di riparazione per quei morti. E può diventare il primo tentativo di rovesciare le dinamiche di una vicenda sfuggita di mano, e afferrata dagli avversari come comoda arma polemica. Il fatto che la riunione arrivi dopo la visita tempestiva del capo dello Stato, Sergio Mattarella, e le sue parole di pietà, spinge le opposizioni a parlare di iniziativa tardiva. Può essere, ma è comunque positivo che il gesto venga compiuto.

Semmai, sarà importante vedere quali contenuti Palazzo Chigi vorrà dargli. L’esigenza principale è quella di cambiare segno alla narrativa che la maggioranza ha scelto inizialmente, e alla fine ha subìto; di dimostrare che quanto è accaduto deriva non da una volontà politica perversa, come cercano di sostenere le opposizioni con un estremismo sospetto, ma da una concatenazione di eventi ancora da chiarire. Ed è necessario che il governo parli con una voce sola. L’insistenza con la quale alleati come il leader leghista Matteo Salvini martellano sul comportamento criminale degli scafisti e difendono Piantedosi, è comprensibile ma insufficiente.

Tra l’altro, dà la sensazione che convivano nell’esecutivo una «linea dura» e una «morbida», ma non un’unica strategia. Il risultato è quello di una coalizione incline a una difesa d’ufficio, arcigna, che accetta la spirale pugilistica.

Questo rende ancora più urgente, per il governo, uscire da una dimensione conflittuale: soprattutto con avversari che pensano di supplire alla propria debolezza alzando il livello dello scontro, pur senza esito. È molto probabile che non ci sarà un passo indietro del ministro dell’Interno. Significherebbe aprire un fronte con la Lega, che ha cercato dall’inizio di fare apparire Piantedosi come «suo». E avallerebbe le accuse di un’opposizione che invoca dimissioni di ministri con una frequenza stucchevole.

C’è da sperare invece che la tragedia insegni a tutti come affrontare diversamente il tema dell’immigrazione, e non solo quello. Anche perché il ping pong degli slogan, delle accuse e delle ritorsioni si sta rivelando sempre più nocivo e inconcludente. Al governo spetta agire, e un primo fatto concreto potrebbe essere quello di assistere in modo più umano i superstiti del naufragio, che secondo notizie provenienti dalla Calabria vengono ospitati in strutture inadeguate, per usare un eufemismo. Ma il tema è più di fondo.

Chiama in causa la capacità non solo dell’Italia ma dell’Unione europea di affrontare come fenomeno strutturale migrazioni gestite da troppo tempo solo in un’ottica di emergenza. E chiede consapevolezza politica all’opposizione.

Puntare il dito solo contro una maggioranza che ha nelle sue file partiti considerati «sovranisti» è troppo facile. Il problema dell’immigrazione riguarda anche le sinistre e il M5S; e, più in generale, l’intera Europa. Sotto questo aspetto, la lettera con la quale ieri la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha risposto a quella di Giorgia Meloni, è un messaggio da non lasciare cadere.

Il binomio accoglienza-collaborazione rimanda a un’esigenza unitaria non solo nazionale; e all’ammissione che quasi tutti i governi europei hanno verso l’immigrazione un atteggiamento ambivalente, di qualunque colore siano.

Semmai, c’è da chiedersi se l’esecutivo italiano si sia illuso, sostenendo il 10 febbraio scorso che al Consiglio europeo si era registrata una svolta sulla distribuzione dei migranti: come se resistenze ultradecennali fossero scomparse di colpo. La tragedia di Cutro, al di là di quello che la magistratura accerterà, evoca un fallimento corale. Giocare a scaricabarile non lo cancella, anzi. Mostra un’Italia avvelenata da risse tanto strumentali quanto sterili, che annebbiano e non chiariscono le vere responsabilità.

 

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