Martina Scialdone, le chiamate al 112 e gli altri punti oscuri dell’omicidio di Roma

Rinaldo Frignani Corriere della Sera 16 gennaio 2023
Martina Scialdone, la malattia (finta?) di Costantino Bonaiuti, le chiamate al 112 e gli altri punti oscuri dell’omicidio di Roma
I titolari del ristorante Brado: chiamata già durante la lite, ma la pattuglia non è mai arrivata. Lui nega di avere il cancro: secondo i colleghi dell’Enav, Bonaiuti già da tre anni diceva invece di lottare contro un tumore


Il giallo delle telefonate al 112 partite dal ristorante, il mistero sulle condizioni di salute del killer di Martina Scialdone. Punti oscuri di un femminicidio che ha sconvolto tutti, anche per la dinamica che l’ha preceduto nel locale del quartiere Tuscolano, a Roma, — il «Brado» —, con il sospetto che si sarebbe potuto fare qualcosa per salvarla. Ma non è successo.

Costantino Bonaiuti, funzionario Enav di 60 anni con la passione per le armi da fuoco, comparirà oggi davanti al gip per l’udienza di convalida. È accusato di omicidio premeditato, aggravato dai motivi futili e abietti, e dal fatto che aveva una relazione sentimentale con la vittima.

Ieri il suo avvocato Domenico Pirozzi lo ha incontrato in carcere e ha appreso dallo stesso indagato che non è affetto da alcun tumore, come era invece emerso dalle testimonianze dei suoi colleghi dell’Ente nazionale per l’assistenza al volo, dove risulta inserito tra i dipendenti fragili. «Ce l’ha raccontato per tre anni», ribadisce chi ha lavorato con lui fianco a fianco, al punto che oggi potrebbe scattare un’indagine interna per capire se in tutto questo tempo Bonaiuti abbia presentato certificati medici e di che tipo, chi li abbia rilasciati e se fosse davvero in cura presso qualche struttura sanitaria.

Una giornata che potrebbe essere decisiva per le indagini quella di oggi anche sotto altri punti di vista, perché la Squadra mobile sentirà i tre fratelli proprietari e il personale di servizio del ristorante dove venerdì sera «Costy», come era soprannominato il killer a casa della vittima, e Martina, avvocata che si occupava di diritto di famiglia, erano andati a cena e dove hanno litigato furiosamente. Tanto che lui, secondo chi sedeva e chi serviva ai tavoli, avrebbe cominciato a sbattere i pugni sulla porta del bagno dove la 34enne si era rifugiata (con altre persone presenti) coprendola di insulti.

I ristoratori avrebbero riferito alla loro avvocata Francesca Palazzesi, che la prima telefonata al 112, per chiedere aiuto alle forze dell’ordine, sarebbe stata fatta dal «Brado» quando la lite era ancora in corso. Se fosse andata così tuttavia una pattuglia sarebbe giunta in pochi minuti e avrebbe colto Bonaiuti fuori dal ristorante con la compagna, ma ciò non è successo. Un’altra chiamata è stata fatta subito dopo lo sparo che ha ucciso l’avvocata, insieme con altre sempre al numero unico di emergenza da parte di chi aveva assistito alla scena.

Chi indaga ricostruirà ora le fasi della lite nel locale e dell’allontanamento della coppia perché disturbava con l’analisi dei video delle telecamere interne ed esterne del ristorante. Saranno verificate tutte le chiamate al 112 con i relativi orari, e anche se all’eventuale prima segnalazione è seguito l’invio di una pattuglia per verificare cosa stesse accadendo.

«Sono usciti insieme, noi però non abbiamo cacciato nessuno, anzi abbiamo chiesto alla ragazza se avesse bisogno di aiuto e lei ci ha detto che era tutto a posto», provano a difendersi i proprietari. Non è escluso che siano sentiti anche alcuni clienti fra i circa ottanta che a quell’ora — erano quasi le 23 — stavano cenando, e in particolare coloro che avrebbero aiutato i camerieri a calmare gli animi insieme con una dottoressa che è intervenuta per soccorrere Martina sul marciapiede.

Perché fra le altre cose è importante capire se qualcuno si sia reso conto che Bonaiuti nascondeva una pistola sotto la giacca. Al momento vengono esclusi nei confronti dei titolari del «Brado» provvedimenti di natura penale, ma non quelli amministrativi per quanto accaduto. Insomma un quadro piuttosto complesso che ruota comunque intorno al reato più grave, l’omicidio di Martina Scialdone: dal suo comportamento tenuto al ristorante, confermato da più parti, è evidente che temesse per la sua incolumità. Non si può escludere che sapesse che il partner era armato e potrebbe non averne fatto parola con nessuno per non mettere in pericolo anche tutti coloro che si trovavano nel locale.

 

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