Roberto Saviano: “Questo non è un governo antimafia. L’ergastolo ostativo non ha più senso”

Andrea Malaguti La Stampa 17 gennaio 2023
Roberto Saviano: “Questo non è un governo antimafia. L’ergastolo ostativo non ha più senso”
«Cosa Nostra preferisce fare affari con la destra, i rapporti con i Palazzi siciliani ci sono ancora. Sistema sanitario infiltrato da sempre. Messina Denaro rimarrà re anche dietro le sbarre”

 

Ci sono voluti trent’anni e un giorno da quando fu preso Totò Riina. Trent’anni e un giorno per scoprire che Matteo Messina Denaro, massacratore di magistrati, stragista e assassino di bambini, non si è mai mosso dalla Sicilia. Che andava a farsi curare come un poverocristo qualunque in una clinica di Palermo. Una vittoria dello Stato si dice a denti stretti in giorni così. «Certamente un successo per l’Italia e un grande lavoro dei carabinieri. Più difficile pensare che il merito sia del governo Meloni, il meno antimafioso della nostra storia», dice invece Roberto Saviano a La Stampa, mentre le televisioni di tutto il mondo rimandano le immagini di un anziano signore col volto pieno di doppi fondi, sfuggente e ridicolmente mortificato, che viene portato via dalle forze dell’ordine.

Roberto Saviano, Matteo Messina Denaro è stato arrestato a Palermo. Probabilmente non si è mai mosso da lì.
«Probabilmente no. Come tutti i capi, Matteo Messina Denaro non ha mai lasciato il suo territorio. Da nessuna altra parte del mondo sarebbe stato protetto allo stesso modo».

Protetto da chi?
«Intanto dai suoi. Se qualcuno arriva nei tuoi feudi vengono ad avvertirti in tempo reale. E chi tradisce sa che pagherà. Se ti trasferisci, anche solo temporaneamente, in Montenegro, in Romania, in Kosovo o in Germania (non sono nomi fatti a caso), non sai come si comporteranno i tuoi vicini di casa o chi ci sia davvero di fianco a te».
Impossibile comandare da lontano?
«Più difficile. Devi nominare un viceré. E si sa che i viceré prima o poi vogliono diventare re».

Messina Denaro era in cura a “La Maddalena” da almeno un anno. Evidentemente si sentiva al sicuro.
«Il sistema sanitario siciliano, ma più in generale il sistema sanitario italiano, è da sempre infiltrato dalle organizzazioni criminali. Basti pensare alla storia di Michele Aiello, manager al soldo di Provenzano che gestiva una delle cliniche migliori del Mediterraneo. Dunque, sì: evidentemente si sentiva al sicuro».

È sufficiente farsi chiamare Andrea Bonafede per ingannare il sistema?
«Il nome falso non serviva tanto per ingannare il sistema, quanto per avere maggiore libertà con medici e infermieri. Meno problemi per Messina Denaro, meno problemi per chi lo curava».

Cappellino di lana, volto scavato, cappotto di montone, occhiali scuri. Nelle immagini dell’arresto, l’uomo più ricercato d’Italia sembra un anziano apparentemente innocuo. La banalità del male.
«Trent’anni di latitanza ti consumano e oggi l’aspetto di Messina Denaro è quello di un manager qualunque. Gli uomini d’onore spesso sono così. Affaristi nascosti nel buio».

Torno alle protezioni. La politica?
«Vecchia storia. Difficile dimenticare che il referente di Matteo Messina Denaro è stato Tonino D’Alì, ex senatore di Forza Italia e sottosegretario all’Interno, a cui i giudici hanno contestato la vicinanza a Cosa Nostra. E in particolare a Riina e ai Messina Denaro padre e figlio. Questo è il livello di stratificazione delle relazioni».

Nella Sicilia governata dall’ex presidente del Senato Renato Schifani, cosa è rimasto del rapporto tra i Palazzi e le cosche?
«Non so esattamente che cosa sia rimasto. Quando si parla di Sicilia bisogna sempre fare attenzione. Ci sono stati dei cambiamenti profondi. Ma noto anche che Dell’Utri e Cuffaro continuano ad avere consenso e uomini sul territorio».

E dunque?
«E dunque fatico a convincermi che ci sia stata una rottura definitiva tra potere politico e mafia in Sicilia. I rapporti del passato tra Forza Italia e Cosa Nostra sono ampiamente documentati. Storicamente e giudiziariamente».

Messina Denaro è stato arrestato perché non contava più nulla?
«Non si può dire che non contasse più nulla. Stiamo comunque parlando del Re di Cosa Nostra. Certamente un’organizzazione molto diversa da quella di Michele Greco ereditata da Riina e Provenzano. Cosa Nostra oggi è la quarta delle mafie, dopo ’ndrangheta, camorra e Società pugliese. Ma sarebbe stupido sottovalutarla».

Falcone diceva che la mafia è un fenomeno umano. Così è nata, così è destinata a morire.
«Per una volta la penso diversamente da lui. La mafia è nata con l’uomo e temo che finirà solo quando l’uomo non ci sarà più».

Giorgia Meloni ha rivendicato il successo dello Stato.
«Che per lo Stato sia un successo è certo. Che il merito sia di questo governo non direi. Anzi, direi che questo è uno degli esecutivi meno antimafiosi che il Paese abbia avuto».

Sembra un pregiudizio più che un giudizio.
«È solo una constatazione. La mafia ama fare affari con chi sta al potere, indipendentemente dai colori. Lo ha fatto con la destra e con la sinistra. Ma la predilezione per la destra è testimoniata da una infinità di atti e documenti».

Anche Salvini ha twittato esultante.
«Non mi occupo della propaganda. Salvini non ha alcuna competenza in questo campo. Di criminalità organizzata non sa nulla».

Piantedosi però sì. La scorsa settimana ha detto: mi piacerebbe essere ricordato come il ministro dell’Interno della cattura di Messina Denaro. Profetico.
«Le voci su un possibile arresto giravano da molto tempo e quello di Piantedosi sembrava lo spot di uno che sapeva. Uno spot pericoloso, perché rischiava di far saltare l’operazione. Ma evidentemente il ministro era certo di fare cassa mediatica con un arresto di cui non ha alcun merito. I carabinieri hanno lavorato su Messina Denaro per anni».

C’era un accordo?
«Di sicuro i tempi erano maturi».

C’è chi sostiene che Messina Denaro avrebbe la famosa agenda rossa di Borsellino.
«Io non lo so. Di sicuro Matteo Messina Denaro è al corrente di molte cose. Per esempio immagino che sappia cosa successe nel covo di Riina quando fu inutilmente ispezionato».

Perché Graviano vuole portarla in tribunale e chiede che il suo libro su Falcone, “Solo è il coraggio”, sia ritirato dalle librerie?
«Molti in questa fase mi vogliono portare in tribunale. E Graviano, mente operativa dell’assassinio di Falcone e Borsellino, è tra loro. Sostiene che io abbia mentito quando scrivo che Riina lo mandò a Roma per costruire una Super-Cosa da contrapporre alla Superprocura».

A cosa sarebbe servita, la Super-Cosa?
«A seminare il terrore. A uccidere Falcone, Costanzo, Martelli. Ma anche personalità pubbliche come Renzo Arbore, Pippo Baudo o Enzo Biagi».

Violenza gratuita e senza scrupoli.
«I corleonosi, e ovviamente Messina Denaro con loro, erano ossessionati dalla violenza e dalle operazioni mediatiche. Erano convinti che più si è violenti, più si dimostra la propria potenza, più si spaventa il nemico più è facile negoziare».

Oggi non è più così.
«Oggi è il contrario. L’omicidio è l’extrema ratio. La mafia preferisce camuffarsi, magari fingendosi antimafia».

Perché Messina Denaro non è stato portato via in manette?
«Le manette si mettono solo se c’è il rischio reale di fuga. Oppure per mandare segnali: vedete? C’è il capo ai ceppi. In questo caso non vedo alcun significato simbolico. Penso a una scelta fatta sul momento».

Lei è favorevole all’ergastolo ostativo?
«È oggettivamente una misura che contraddice la natura stessa della pena, che serve a reinserire e non ad escludere. Quindi nessuno può essere chiuso a chiave senza appello. Mi rendo conto che si deve valutare caso per caso, ma l’ergastolo ostativo contraddice la vocazione stessa della Costituzione».

Saviano, chi sarà l’erede di Matteo Messina Denaro?
«Matteo Messina Denaro. Perché in Cosa Nostra, se non parli, anche dietro le sbarre resti il Re. Fuori ci proverà Giovanni Motisi, in nome del suo feroce passato. Non ha il profilo politico-imprenditoriale di Messina Denaro e neanche quello strategico di Riina o diplomatico di Provenzano, ma ’U Pacchiuni, il ciccione, si farà avanti di sicuro».

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